capitolo 13/14/15/16

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Guardai Derek cercando di scoprire cosa stesse pensando, io per lui sembravo essere un libro aperto, mentre lui per me, no. Mi sfiorai con il panno il petto, e sentì un forte dolore; Derek lo capì subito, mi prese in braccio, e mi portò in infermeria, mentre scalciavo dicendo che non c'era proprio di bisogno. Aveva una forza impressionante, mi aveva preso con tanta facilità, come se fossi una piuma, decisi di abbandonarmi contro quel petto così piacevolmente forte, e allo stesso tempo protettivo.
Chissà come sarebbe sentire le sue mani su di me, sentirmi accarezzare il viso, e poi scendere sul collo. Quando mi accorsi che i miei pensieri stavano prendendo una brutta direzione, arrossì, e pensai che c'era la remota possibilità che mi stava ascoltando. Lo sentì ridacchiare, o forse era solo la mia fervida immaginazione. Non potevo scoprirlo, non riuscivo a vederlo dalla posizione in cui mi trovavo, e non l'avrei lasciata per niente al mondo. Certo poi avrei finto di essere arrabbiatissima, ma adesso volevo solo godere di quel tepore, come mi sentivo bene. Il suo calore era molto piacevole, e protettivo, chissà dove aveva le ali, da quella posizione non si vedeva nulla. Magari mi aveva detto qualche fesseria, non lo facevo un bugiardo, ripensandoci però non lo conoscevo nemmeno. Chissà perché poi, dovevo fidarmi di lui? Il compito di matematica non sembrava avere importanza ora che mi trovavo tra le sue braccia, appoggiata al suo enorme petto.
<<Invece dovrebbe importarti Sophie, oggi hai fatto la cosa più stupida che potessi fare, ricordatelo.>> quella voce ruppe le mie fantasie. Allora stava ascoltando!
<<Ma cavolo vuoi stare fuori dalla mia mente?! Uno non è nemmeno libero di pensare oh, e datti una regolata.>> Sbraitai, irrigidendomi, e arrossendo.
<<Fammi scendere Derek! ora.>> arrivammo davanti la porta dell'infermeria. Entrammo, era una stanza grande, e tutta bianca.  l'odore di alcool, e disinfettante, m'inondarono le narici, quasi i polmoni si rifiutarono di inspirare. Mi sentì avvampare, odiavo gli ospedali, i medici e tutte le cose, correlate con essi.
Non capì cosa disse Derek alla giovanissima infermiera, avrà avuto pochi anni in più di lui, che sembrava averne poco più di me. Ma si le avrei dato 30 anni non di più. Fece segno verso di me, e mi tornò in mente perché ero li, la bruciatura in caffetteria, adesso che mi aveva depositata per terra, cominciava a bruciarmi di nuovo, quasi avessi le fiamme dell'inferno addosso. Com'èra riuscito a non farmi più pensare a quel dolore così fastidioso? Dannazione, era tutta colpa sua. Mi rendeva nervosa. Lo vidi sorridere, mi riprese in braccio posandomi delicatamente sulla barella di quella giovanissima donna, e che gli sbavava dietro, e lo fissava dal capo in giù.
Certo era il tipo che si fa notare, ed era palese che gli piacesse, la ucciderò quell'infermiera, così impara a pensare queste cose. E mentre avevo istinti, e pensieri omicida, provo a  togliermi la maglietta.
Feci segno che Derek era presente, ed abbastanza imbarazzato, lei in tutta risposta  gli fece cenno di uscire, assumendo uno sguardo infastidito. Certo lo voleva accanto, ma guarda questa qua.
<<Piacere Sophie, io sono la signorina Furston.
Allora Derek mi ha detto che ti sei scottata, vediamo che ti sei fatta, togliti la maglietta.>>adesso lo chiamava pure Derek, ma guardala ora la sfregio, vediamo cosa posso usare, bisturi?!  Così le tolgo quel sorrisetto da ebete stampato sulla faccia. Tolsi la maglietta, e una bruciatura sul petto fece capolino. La signorina immerse un tampone in un disinfettante, con una pinzetta, dopo che ebbe passato su tutta la superficie scottata, con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane, applicò una crema cicatrizzante, e dandomi un piccolo tubetto della stessa, si diresse in sala d'aspetto.
Derek era seduto su una sedia sembrava pensieroso, subito si alzò quando ci vide tornare, sorridendo. Ma perché ero tornata, o perché c'era la dottoressa? La quale avanzava come una gatta in calore, che repulsione, ecco spiegata la poca delicatezza, perché pensava a lui, sta deficiente!
<<Derek, tutto bene, abbiamo messo una crema, deve stare a riposo era una brutta bruciatura sai?>> disse cono voce suadente.
<<Grazie, Debs, sei stata grande.>> La chiama pure per nome, che fastidio, ma perché non l'ho uccisa prima.
<<Già grazie Deborah. O signorina Furston, come preferisce? Abbiamo messo una crema, in modo molto dolce>> dissi con voce tagliente. La guardai negli occhi sfidandola, lei faceva finta di non capire.
<<Perdona la maleducazione di Sophie, Debs, sai il dolore probabilmente la rende parecchio nervosa. Noi adesso andiamo, la riaccompagno a casa.>>
<<Già probabilmente, non ho bisogno del tuo aiuto Derek, se vuoi restare a prendere un caffè con la signorina, io non ho problemi, mica sei il mio ragazzo, e poi mi sento di troppo, ciao.>> alzai le braccia, e feci per andarmene stizzita.
<<Ah, quindi sei libero Derek? Possiamo andare a prendere un caffè.>> La voce squillante di Deborah si alzò di tono, e sembrò risuonare nella stanza. <<Non ancora Deborah, noi andiamo, ciao.>> facendole l'occhiolino, mi spinse dolcemente la mano sulla schiena.
<<Ciao Derek, a presto!>> difficile non notare lo sconforto nella sua voce.
<<Potevi stare con miss mondo, non vedi come ti mangia con gli occhi? Sei ancora in tempo a tornare indietro da quella megera .>> camminavamo lungo il corridoio, e mi fermai.
<< Ma che cosa stai dicendo?>> Mi sospinse con i palmi delle mani.
<<Dico solo quello che ho visto Derek, è assurdo che mi vieni dietro, guardala è perfetta, e ti sta ancora aspettando.>> indicai la dottoressa ancora in piedi davanti la porta, ormai distante,  tanto non poteva sentirci.
<<Vuoi smetterla? In 650 anni sei la persona che mi fa innervosire di più.>>
<<Cinquanta quanto?>> gli risposi sbigottita, e a bocca aperta.
<<Nulla Sophie, nulla, andiamo a casa.>> Mi rispose spingendomi dalle spalle con tono di sfinimento.
<<Senti signor mistero, mi dici perché ti vedo fiondare in camera mia alle tre di notte, visto che non era un sogno, e perché ti vedo sparire? E perché leggi nella mia mente? E ora dici seicentocinquanta anni, che cavolo sei, una quercia secolare?>>
<<Ti sei ricordata gli anni, sei sveglia>> rispose con un sorriso beffardo.
<<Derek?!Dai rispondi>> mi faceva infuriare, mi sembrava di essere in un film.
<<Ascolta Sophie stasera forse ti racconto qualcosa, ma sappi che la legge vieta che se ne parli, e chi lo fa viene punito duramente.>> spostò lo sguardo in basso, fissando il pavimento.
<<Non forse, tu stasera mi racconti tutto, se hai così paura che ti becchi non so chi, raccontamelo nel pensiero.>>dissi puntandogli l'indice sul petto sillabando ogni parola.
<<Daccordo, chi se ne frega se mi uccideranno, ma come devo fare con te. Mi manderai al manicomio, o peggio all'inferno fortuna per te che amo il brivido del rischio!>> Disse facendomi l'occhiolino. Mi portò al parcheggio della scuola, dov' era posteggiata una bellissima decappottabile, rossa fiammante. Mi aprì lo sportello, e mi accomodai sul sedile di pelle nero, molto comodo, mi sentivo uno di quei piloti professionisti. Lui fece il giro della macchina per prendere posto al volante.
<<Prego signorina Sophie, inserisca la cintura di sicurezza che inizia la festa. >> Sembrava molto gasato.Quando accese l'automobile il motore fece un ringhio, quella era una macchina che poteva correre velocissima. Ma che ci faceva lui con quell'auto, in una cittadina come la mia, dove il limite di velocità era cinquanta? Fece manovra, e ingranando la marcia sentì il motore rombare, mi faceva paura ma al tempo mi procurava eccitazione. L'adrenalina scorreva nel sangue. Uscimmo dal parcheggio della scuola, stava facendo buio, e ci incamminammo verso casa mia, conosceva la strada senza che gliela indicassi. Non superò mai il limite di cinquanta, ma sicuramente quando era da solo lo faceva. Oh se lo faceva, ne ero sicura, sembrava annoiato a quella velocità, anche la macchina sembrava chiedere di più, molto di più. Cercai di intavolare una conversazione, ma non sapevo cosa dire, e il silenzio cominciava a diventare imbarazzante. Lui mi batte sul tempo, o probabilmente aveva letto il mio pensiero.
<<Come va la bruciatura Sophie?>>mi disse, abbassando lo sguardo sul maglioncino macchiato.
<<Grazie alla tua amica Deborah meglio, certo mentre mi curava, non è stata molto delicata, probabilmente pensava ad altro.>>
<<E si Deborah, è sempre stata così.>>
<<Che significa è sempre stata così? La conosci da molto?>> Posteggiò proprio sul vialetto di casa mia.
<<Abbastanza, siamo arrivati Sophie. Ti avverto, i tuoi sono in casa, e il tuo professore ha chiamato.>> sembrava preoccupato.
<<Cavoli. Grazie del passaggio Derek. Ci vediamo domani.>>
<< Non contarci. Sarò con te prima che tu possa battere ciglio Sophie. Ne avrai bisogno credimi.>>e si rattristò.
<<So che non ti fidi molto di me, ma al momento sono quello che può proteggerti. >> Si fermó e parve pesare le parole< poi riprese a parlare.
<<Solo non dare peso alle parole che ti verranno dette, daccordo?>> stava cercando di rassicurarmi?
<<Ok! Ciao a dopo.>> strinsi la fronte per cercare di capire cosa intendesse, con la frase non dare peso, cosa mi avrebbero detto? Scesi dalla macchina, chiusi lo sportello, e mi diressi verso la porta di casa. Sentì nella mente la voce di Derek vellutata:
<<Stai tranquilla. Sentirai con le tue orecchie, i tuoi genitori adottivi sono solo molto arrabbiati, ti avevo detto che avevi fatto una cosa stupida a scuola, ad ogni cosa ci sono delle conseguenze Sophie!>>.
<<Benissimo>> sussurrai aprendo la porta. Aspetta, ma come faceva a sapere che non erano i miei genitori biologici? Quanto mi conosceva, e soprattutto cosa sapeva?Entrai in casa, e notai subito la tensione nella stanza. Sentì Rose e Phil, che discutevano come sempre.
<<Questa situazione non può più andare avanti, o lo fai tu, o lo faccio io Rose. Quella ragazzina ha bisogno di uno psichiatra. E pazza, lo vuoi capire? te lo devo dire in arabo?>>
<<Ascolta Phil io credo in Sophie, non è pazza, sta solo passando un brutto periodo, è un adolescente, oggi mi ha nuovamente chiesto di avere una macchina.>>
<<Non le comperò mai una macchina! Chissà quanta povera gente ucciderebbe. Di un po Rose, ma stai impazzendo pure tu? Rispondere così a un professore, io le mie cose me le sono guadagnate, lei non fa nulla! No mia cara, lei domani va dritta in studio del mio amico Queen. E nessuno, dico nessuno potrà dirmi no. Dovevamo farlo prima.>> aveva un tono perentorio.
<<Che si sforzasse almeno a capirmi.>> dissi ad alta voce, e andai in camera mia, sbattei la porta, e mi lanciai sul letto.
Sentì battere alla porta Phil, ma non poteva entrare perché avevo chiuso a chiave <<Signorina la macchina te la scordi, e domani dritta dal dottor Queen. Non voglio sentire ragioni. E andata troppo avanti questa storia!>>poi andò via borbottando tra sé, e sè.
Sentì i passi delicati di Rose sul pavimento fermarsi davanti la mia porta, e bussare.
<<Sophie dobbiamo parlare, apri la porta. .>> Non risposi, e non mi alzai. Dopo pochi secondi ci riprovò <<Ascolta piccola, ti devo raccontare una cosa, che ti riguarda, di quando eri piccolina.>>
Non mi aveva mai detto questo tipo di cose, quindi mi alzai dal letto, e aprii la porta.
<<Dimmi mamma.>> Tornai indietro sprofondando sul letto, e abbracciando il cuscino, come se potesse consolarmi. Lei entrò e rimase in piedi a fissarmi. Probabilmente non noto' il volto rigato di lacrime.
<<Ascolta, oggi ha chiamato il professore Nelson, quel vecchio pallone gonfiato non fa altro che cercare di rovinarti, è vera questa cosa che è successa oggi? Che gli hai riso in faccia, e sei uscita?>> disse tutto d'un fiato mettendosi la mano sul petto.
<<Riso in faccia?>> Rimasi con la bocca spalancata.
<<Si Sophie, mi dici che successo, mi spiace se Phil non ti capisce tesoro.>>
<<Ascolta, è vero che sono uscita dalla classe, ma dopo sono tornata a chiedergli scusa, te lo ha detto?>> Lei cambiò espressione del viso, non sembrava più preoccupata, sembrava furibonda.
<<Veramente no.>>
<<Ecco, e ti pareva che diceva questo piccolo particolare.>> Questo professore, sembrava odiarmi quanto Phill.
<<Senti Sophie, anche se gli hai chiesto scusa non significa che la passerai liscia, lo sai vero?  Hai visto la reazione di Phil, non posso proteggerti da te stessa.>>
<<Si l'ho vista, ascolta se volete che domani vado dallo strizzacervelli, ci vado, ma sappi che non ce n'è bisogno. Io non sono pazza, sono semplicemente diversa, comunque mi hai presa in giro, mi avevi detto che volevi raccontarmi una cosa di quando ero bambina.>>
<< Si tesoro mio, non ti ho presa in giro è arrivato il momento. Voglio raccontarti una cosa>> prese posto sedendosi sul letto accanto a me, poi raccolse la mia mano tra le sue.
<<Sai quando eri piccola, e ti abbiamo adottata cosa mi dissero le suore dell'orfanotrofio?>> immaginavo fosse qualcosa di simile, non aveva mai toccato questo argomento, come se la facesse soffrire.
Storsi il muso a pensare quegli anni della mia vita, a quanto fossero stati egoisti i miei genitori, a lasciarmi in un orfanotrofio.
<<Si, dimmi>>Sentivo che non era qualcosa di bello. Qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita per sempre.
<<Ecco sai quando eri piccola, non è vero che ti avevano lasciato in orfanotrofio i tuoi genitori. Come ti abbiamo sempre fatto credere. Ti ha trovato una donna per strada, e farfugliavi parole indecifrabili, come se parlassi un'altra lingua. Nessuno ti capiva, volevano chiuderti in un posto per matti, invece la donna ti portò in orfanotrofio, cercando di insegnarti la nostra lingua. Era la cuoca dell'orfanotrofio, ed era stata colpita da una grave disgrazia, non poteva avere figli.  Così ti ha accudita per un po di anni, e ti ha tenuta con se, come quella figlia che la vita gli aveva negato. E sai chi era quella donna?>> Aveva gli occhi lucidi.

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