21. Le persone che amiamo

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Aida

Sento gli occhi di Enea puntati addosso, soprattutto quando Cesare si sporge verso di me sussurando al mio orecchio:
«Ciò che hai origliato in bagno è stato di tuo gradimento»?
La mia faccia deve avere assunto un'espressione sorpresa, perché aggiunge: «Sorridi e fingi che ti abbia appena detto qualcosa di interessante».

«Non sono un' impicciona, ma non posso neanche tapparmi le orecchie» lo dico sorridendo, così che al di fuori sembri che stiamo conversando amabilmente.

«Potevi girare i tacchi e andartene, ma voi donne siete curiose, dico bene?»
Sospiro.
«Sono finita in mezzo a una serie di casini, penso che la mia curiosità sia più che lecita. Nessuno mi dice un bel niente qui, forse è meglio che scopra tutto da me, dico bene?»

Cesare scola mezzo bicchiere di vino mentre parlo, una volta finito non mi degna neanche di una risposta. Prende a mangiare come se al solito la nostra conversazione fosse finita. Diamine, che brutto carattere, però. Mi chiedo come Virginia possa essere stata con un uomo come lui. Cioè , a parte la bellezza e la carica sessuale fin troppo esagerati per uno così stonzo. A tal proposito gli chiedo: «Qui lo sanno che stavate insieme? Tu e Virginia, intendo».

Me ne frego se ha il brutto vizio di troncare le conversazioni come più gli pare e piace. Tutti mi devono dare delle spiegazioni qui.
Compreso lui.
«Siamo sposati, abbiamo un figlio, fai un po' tu.»
Piego le labbra in un impercettibile sorriso. Sorrido perché non mi aspettavo mi rispondesse.
Di malavoglia, ma lo ha fatto.

«Come si chiama il piccolo?»
«Andrea.»
«E quanti anni ha?»
Cesare beva un altro sorso generoso di vino. Riconosco dai suoi gesti che è infastidito dalle mie domande, ma per una ragione a me sconosciuta si dimostra abbastanza educato da continuare a rispondere.
«Tre.»
Mi acciglio.
«È così piccolo…» mormoro. Cesare annuisce e basta.

«Sai io ho perso mia madre quando avevo poco più della sua età…» prendo distrattamente a giocherellare con il cucchiaino dentro al piatto. Di mangiare il dolce non ne ho nessuna intenzione.
«È brutto quando nessuno vuole dirti cosa è successo a tua madre. Quando chiedevo dove fosse semplicemente ignoravano le mie domande. La mia casa di colpo era piena di gente e io non ne capivo il motivo. Perché c'erano tutti quegli estranei, ma non c'era l'unica persona in grado di scacciare via tutte le mie paure? E per quale motivo nessuno voleva dirmi dove fosse andata mia madre?»
Ricordarlo mi fa male. Mi fa bloccare il respiro nel petto.
Dopo di lei niente è stato più come prima.

«Perché me lo stai dicendo?»
Non mi guarda neppure Cesare, sa bene quale sia il motivo.

«Perché quel giorno non ho perso solo mia madre. Ma anche mio padre. Si è attaccato alla bottiglia per affrontare il dolore, come se oltre alla moglie avesse perso la sua unica figlia.»

«Ma tu che cazzo ne sai di come cresco io mio figlio?» È basso il suo tono di voce quasi un sussurro rauco. Se ne frega di essere volgare davanti a una donna, stavolta.
Ho colto nel segno, uomo di ghiaccio.

«Non lo so, infatti. So solo che nessuno può prendere il posto di una madre. Tuo figlio può avere milioni di persone intorno, ma nessuno sarà mai come la sua mamma. Puoi raccontargli mille scuse, puoi persino ignorarlo quando ti chiede di lei, ma non potrai mai togliergliela dalla sua testa e quando crescerà ti odierà per quello che hai fatto. Per aver scelto al suo posto. Mi fa arrabbiare il fatto che voi abbiate ancora una possibilità di rimediare, ma non fate niente per farlo.»

Ora mi aspetto che mi dica di farmi gli affari miei, ma non mi importa i bambini non devono pagare per le colpe dei genitori.
Io sono il risultato di questo.
Enea lo è.
Siamo due sopravvissuti.

I figli del peccatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora