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Harry era convinto di riconoscere la macchina di Lottie Tomlinson quando la vedeva, dopotutto erano stati lui e Louis a insegnarle a guidare, l'aveva aiutata a scegliere il modello quando finalmente aveva potuto comprarne una ed era stato presente al primo piccolo incidente, che aveva provocato la leggera linea bianca sulla parte posteriore, incisa proprio accanto alla targa; era sicuro di aver visto bene, ma dopotutto era passata infretta giusto? Non aveva neanche fatto in tempo a controllore se al posto del guidatore riconosceva la figura della ragazza. Forse non era lei, forse era meglio non pensarci affatto, dopotutto quella era anche la sua città.

Era troppo tardi però, ormai ci stava pensando. Succedeva sempre, la sua mente faceva strani e assurdi collegamenti, partivano da una cosa ridicola e si diramavano velocemente fino a colonizzare i suoi pensieri e a mandargli in tilt il cervello. Dovette fermarsi, sbattere le palpebre e ricordarsi chi era e cosa stava facendo. Era Harry Styles. Si trovava a Londra. Stava passeggiando tranquillamente con la sua fidanzata. Quella era la realtà, doveva tornarci e in fretta.
<<Che succede?>> chiese lei voltandosi indietro. Non si stavano tenendo per mano, non lo facevano quasi mai, e lei non si era accorta che Harry si era fermato.
<<Niente>> si affrettò a rispondere lui. <<Sto bene>> continuò autoconvincendosi.
<<Possiamo tornare indietro se vuoi. Non sembri dell'umore>> gli sorrise. Se si era accorta che l'uomo non provava niente per lei? Certo che l'aveva fatto, non era stupida né tantomeno una che si lasciava ingannare, sapeva perfettamente che non c'era nessun sentimento che li legava, ma tutto sommato stavano bene. La compagnia dell'altro era piacevole, si confrontavano quando ne avevano bisogno e sapevano quando invece era meglio tacere. Una relazione che favoriva entrambi e che li deliziava della reciproca e stimolante compagnia.
<<Volevi andare in quel bar, tranquilla io sto bene...>> lei lo interruppe
<<Non importa.>> lo raggiunse e gli appoggiò una mano sulla spalla <<Dai andiamo>> gli disse calma. Avevano legato, lui si fidava di lei, erano amici e questo era importante per far funzionare la cosa.
<<Ci prenderanno per scemi a tornare indietro così>> disse lui ridendo per spezzare la tensione.
<<Sei Harry Styles, nessuno ti prenderà per scemo>> ribatté lei.
<<Giusto, l'avevo dimenticato>> disse smettendo di sorridere. Lei non sapeva cosa dire, avrebbe voluto dirgli che poteva essere solo Harry con lei ma sarebbe risultato troppo mieloso e non faceva per loro. Era sicura che qualcun altro gli avesse già detto quelle parole e sospettava che fosse la ragione per la quale non riusciva più a essere solo Harry.

<<Sei molto più di questo. Solo che gli altri non se ne accorgono>> tentò non molto convinta.
<<Perchè?>> chiese lui allora. Dovette modersi la lingua per non rispondere "it is what it is"
<<Non lo so.>>
<<Tu te ne accorgi?>> chiese giusto per continuare la conversazione.
<<Si, ma questo non vuol dire che ti veda.>> sincerità, era quello che apprezzava di lei. La colpa era la sua, era lui che non riusciva a farsi vedere, forse non voleva farlo, forse non era pronto o forse sapere che lui era l'unico che lo conosceva davvero gli provocava un senso di stabilità. Ma era davvero così? Louis lo conosceva?

Erano passati due anni dall'ultima volta che avevano avuto un vera conversazione. Forse era cambiato. Forse erano cambiati entrambi.
"L'anima non cambia" gli aveva detto Zayn, "è per questo che le vere amicizie durano anche a distanza di anni, non serve vedersi tutti i giorni, è un legame più profondo del semplice gossip giornaliero e delle cose di poco conto". Forse era vero o forse il ragazzo stava solo cercando di autoconvincersi così da riuscire a spiegare le ali e a volare via dalla gabbia che gli avevano costruito intorno. Forse voleva convincere sé stesso e gli altri che sarebbero stati indissolubilmente legati per sempre, ma forse non sarebbe stato così. Gli faceva male pensarci.

Intanto avevano ripercorso a ritroso la strada verso l'appartamento. Erano arrivati quasi al portone quando videro due uomini della sicurezza venirgli incontro.
<<Dove hai il telefono?>> gli disse uno, era evidente che avesse provato a contattarlo senza successo. Harry si frugò in tasca.
<<Qua>> rispose mostrandoglielo.
<<Ho chiamato 6 volte, sei>>
<<Cos'è successo?>> chiese Harry, cominciava a preoccuparsi. La guardia guardò Taylor chiedendogli con lo sguardo se poteva parlare davanti a lei. Harry gli fece cenno di parlare.
<<Si tratta di Princess Park>> disse allora lui rimanendo vago.
<<Oh oh>> disse allora Taylor. <<io vado>> e lascio Harry solo con la gamba destra che tremava d'impazienza.
<<Avanti, non farti pregare, cos'è successo? Pensavo di avervi detto di non entrare, se non in caso di emergenze.>> doveva essere un rimprovero ma Harry non riusciva ad assumere il tono rimproveroso, era sempre stato il poliziotto buono.
<<No, infatti>> affermò l'uomo neutro. Harry cominciò a preoccuparsi seriamente e lo esorto con un gesto a continuare.
<<Ecco...ha chiamato il portiere del palazzo...>>
<<Larry...>> sussurò Harry
<<Come?>> chiese la guardia.
<<niente, continua>> ma la guardia non sapeva come formulare le seguenti parole in modo che Harry venisse informato senza però essere allarmato.
<<Louis è stato là>> pronunciò tutto talmente velocemente che l'aumentare della tensione del suo respiro la fece sembrare una lunga e unica parola. Louisèstatolà. Elegante, raffinata, se solo non fosse stato per quello che le parole singnificavano. Significavano che Louis era a Londra o che almeno ci era stato. Significavano che era entrato nella loro vecchia casa e significavano che in quella macchina c'era anche lui; gli era passato accanto, talmente velocemente che  Harry aveva alzato lo sguardo ma non l'aveva visto. Era la metafora della loro storia, la vita che li congiungeva sempre e loro che non riuscivano a rimanere insieme.
Louis l'aveva visto?

<<non è tutto>> la voce dell'uomo si intrufolò nella sua mente facendosi largo tra i pensieri e spazzandoli via. <<non stava bene Harry, non ha voluto dirmi altro, ha detto che avrebbe parlato con te se ti fossi preso le tue responsabilità e fossi andato da lui>> Harry si sentì morire; cosa significava che non stava bene? Era così fottutamente generico che era peggio.
<<Portami lì>> disse Harry impaziente. L'uomo annuì.

Fù il viaggio più lungo della sua vita e aveva passato gli ultimi 12 anni della sua vita girando il mondo. Guardava in basso torturandosi le mani, solo nel grande sedile posteriore. Appena arrivarono a Princess Park Harry fece segno a l'uomo di non seguirlo e si diresse con andatura veloce verso l'adrone del palazzo. Fece tre squilli al citofono, uno isolato e poi due di seguito. Sentì la  serratura scattare e aprì velocemente il portone.
<<Hey>> fece il portiere.
<<Hey? Mi hai fatto venire qua e sono qua. Mi hai detto di prendermi le mie responsabilità e lo sto facendo. Sono corso qua anche se è l'ultimo posto al mondo in cui vorrei stare. I miei nervi sono già in allerta Larry, questo posto...è...>>
<<respira un attimo, che n'è stato di treat people with kindness?>> odiava sentirselo dire.
<<cos'è successo per la miseria?>> sbottò lui.
<<Louis è stato qua, ma questo te lo hanno già detto o non saresti venuto correndo. Non so cosa dovesse fare ma era nervoso, quasi assente. Non vedeva l'ora di fare quello che doveva fare e andare via. Dio solo sa cosa passava nella testa di quel povero ragazzo. Poi è salito. Erano passati 20 minuti circa e ancora niente, ho sentito un rumore, come un oggetto pesante che cadeva a terra ma magari proveniva da un altro appartamento. Sua sorella è entrata correndo e dopo un po' sono scesi insieme. Lei lo sosteneva, non l'ho neanche visto un faccia, Lottie mi ha fatto un cenno di saluto e facendo finta di niente si sono trascinati fuori.>> Harry non sentiva più il pavimento sotto i piedi e non sapeva per quale forza mistica si reggesse ancora in piedi. Voleva vederlo, doveva vederlo, doveva vedere con i suoi occhi il dolore in quelli dell'altro per scorgere il suo, per rendersi conto di quanto stessero male entrambi. Forse sarebbe stato peggio.

Larry lo guardava ma lui non riusciva a muoversi, men che meno a parlare.
<<Io...non so cosa dire>> la voce risultò fiacca e si sfumò rendendo quasi muto il "dire".
<<non si tratta di dire qualcosa. Si tratta di avere o meno l'intenzione di risolvere una situazione che fa stare male entrambi>> disse lui.
<<ci abbiamo provato>> fece Harry cominciando a riprendersi.
<<ci abbiamo provato tante volte ma finisce sempre male. Abbiamo creato il nostro equilibrio, il nostro accordo è...>>
<<questo vostro maledetto accordo vi sta uccidendo! Come fate a non capirlo?>> Harry rimase di sasso.
<<siete liberi, ma vi rifiutate ugualmente di volare. Avete trovato un malato equilibrio nella repressione e ora non riuscite a tirarvene fuori. Non è colpa vostra. Nessuno dovrebbe trovarsi in una situazione del genere ma dovete reagire. Dovete capire che siete liberi e che potete volare>> Harry aveva cominciato a piangere, senza accorgersene fino a che le lacrime salate non gli avevano inumidito le labbra.
<<Non posso volare senza di lui>> disse allora e gli sembrò la più grande verità che avesse mai pronunciato.
<<Diglielo allora, digli che potete volare, insegnaglielo se non riesce a farlo e confortalo se ha paura. E poi volate, senza guardarvi indietro>>

Volare. Senza guardarsi indietro.

N.A.💕
Mi è piaciuto scrivere di lui, quasi da strapparmi i capelli (vero Harreh?)

Fatevi sentire, mi piace sentire le opinioni degli altri.


𝑰 𝑨𝒍𝒘𝒂𝒚𝒔 𝑵𝒆𝒆𝒅 𝒀𝒂 | 𝕃𝕒𝕣𝕣𝕪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora