Accendo la sigaretta mentre lascio che Brandon mi racconti per filo e per segno l'ultimo appuntamento che ha avuto con la sua quasi fidanzata. Quasi perché lui è sicuro di avere una relazione con lei, ma non sembra avere la stessa convinzione dall'altra parte.
«L'ho portata da Sushi Sonagi, quello nuovo che ha aperto vicino a Torrance» mi spiega.
«Sei andato fino a Torrance per un appuntamento?» lo prendo in giro, facendo un tiro.
«Sono un tipo romantico, lo sai» si lamenta lui, sorseggiando il frappuccino:«Andrei fino a New York a piedi per una ragazza, se fossi consapevole del fatto che ne vale la pena»
Mimo il gesto del vomito al pensiero: Brandon è il classico bravo ragazzo per eccellenza, quello che ogni ragazza meriterebbe di avere al proprio fianco per tutta la vita. Credo sia proprio questo il suo problema, che a vent'anni quasi nessuno è alla ricerca di questo, stupidamente. Io lo sposerei Brandon, solo non adesso. È troppo presto, per me, di avere qualcosa di serio con qualcuno.
«Prendimi in giro, almeno io ho una ragazza fissa, alla quale piaccio veramente e non solo per la lunghezza del mio uccello» un altro sorso dal frappuccino:«Come sta andando con SpicyGuy929? O come si chiamava quell'altro...?» fa finta di pensare:«Quello che si crede lo Spiderman di quartiere?»
«Non va perché non c'è niente da far andare» tocco leggermente la sigaretta per far scendere giù la cenere:«Niente impegno, solo incontri per toglierci di dosso un po' di stress»
«Non sapevo che mio cugino Alex adesso si chiamasse stress?» provoca.
Dover chiudere una relazione per colpa della distanza è qualcosa che mai mi sarei aspettata di dover affrontare prima o poi nella mia breve e fragile esistenza. Lui è rimasto in Ohio, io ho pensato a me e i miei sogni e me ne sono andata a Los Angeles. Abbiamo fatto una scelta molto consapevole e matura: sapevamo entrambi che nelle corrispettive città avremmo potuto incontrare tante persone diverse, ricominciare da zero e mancarci di rispetto non è stata una scelta possibile per una relazione durata tre anni in cui siamo stati entrambi l'una le prime volte dell'altro. Ma come in ogni rottura, ci sono le controindicazioni e la mia è: divertirmi per dimenticare.
«Non è mai stato uno stress, ma dimenticarlo sta diventando più complicato del previsto» dico.
Brandon finge di avere una lacrime che gli scorre sulla guancia pallida:«Mi sto per commuovere» piagnucola per finta:«Quindi c'è ancora del sentimento dentro a quel corpo?»
Il mio cellulare squilla con la notifica di un nuovo ammiratore su DatingGame:
LonlyBoy96: sei libera tra dieci minuti?
«A quanto pare sì, ma se l'è portato tutto via Alex» mi alzo in piedi scattando alla domanda del ragazzo che mi chiede se sono libera:«Ora devo scappare, ma se ti va questa domenica Amy va a una festa, una delle quelle spocchiose del suo ambiente, ha due posti» ammicco.
«Una classica festa di Los Angeles con persone che come prima domanda ti chiedono: di che marca sono le tue unghie?» fa finta di pensarci:«Passo» gli occhi color nocciola si assottigliano quando guarda lo schermo del cellulare.
«Passi alle nove, no?» lo prendo in giro, mettendomi addosso la mia borsetta a tracolla.
«No, passo nel senso che non passo alla festa, che non ci sarò» risponde serio.
«Alle nove è un po' presto in effetti» insisto:«Alle dieci arriva il taxi e tu sarai con noi» mi chino per lasciargli un bacio sulla guancia:«Non vorrai perderti l'incredibile lista di nuovi insulti che ho preparato per prendere in giro le girliepop che saranno presenti la sera»
«Ti terrò con il dubbio fino a mezz'ora prima della partenza» provoca.
«A domenica» gli lascio un altro bacio per aria e gli faccio l'occhiolino.
Scappo tirando fuori dalla giacca di jeans nera un minipettine che mi porto dietro per ogni evenienza. I miei capelli castano scuro e mossi non sono facili da tenere a bada, così faccio in modo che le morbide setole me li metta a posto prima che io arrivi faccia a faccia con il ragazzo che nemmeno conosco. Fare finta che sia Alex sarà facile. Fare finta che siano le sue mani a sfiorarmi, sarà un gioco da ragazzi in una stanza al buio.
Alto con gli occhi azzurri, i capelli neri gli cadono sulla fronte e le spalle larghe sono ricurve mentre fissa con insistenza il cellulare. Potrebbe essere lui? Quando mi avvicino e lo guardo, gli mostro la chat brevissima che abbiamo avuto e lui annuisce. Si tira su, è molto più alto di me, arriva quasi ai due metri di altezza che in confronto al mio metro e settanta è niente.
Il rombo di una macchina fa vibrare il marciapiede. Il finestrino nero si abbassa e una voce profonda domanda:«Posso andare adesso? Mi sto rompendo i coglioni» i riccioli biondo scuro ondeggiano sulla fronte e il braccio tatuato è appoggiato sul finestrino abbassato.
Ma lui è... Lui è...
«Vai, prendo un uber al ritorno» risponde convinto il ragazzo in piedi davanti a me.
«Hai un'ora, Jacob» lo avverte l'idolo di Brandon, non mi ricordo nemmeno il suo nome. Non era il tizio che giocava a un videogioco? Come l'aveva chiamato? «Se non ti presenti, resti chiuso fuori»
«Che cazzo, ti avevo detto che non dovevi dire il mio nome» serra i pugni Jacob, aka LonelyBoy96 «Te ne vai?»sbottando.
Il ragazzo in macchina mima un bacio con la bocca per prendere in giro il suo amico che a quanto pare si chiama Jacob e gli fa un occhiolino prima di rialzare il finestrino oscurato e di sgommare con la sua Porche blu elettrico. È difficile non notarlo in giro per Los Angeles con quella macchina, perché le persone questa mattina erano così emozionate di vederlo davanti a un misero Starbucks in China Town?
Jacob torna a guardarmi con un finto sorriso in viso:«Hai solo un'ora, quindi?» domando.
«Sì» conferma.
«Allora..»faccio un passo verso di lui per accorciare le distanze e tenendo saldo il mio sguardo sui suoi occhioni azzurri gli sussurro:«Sarà meglio fare in fretta, no?»