6

534 13 3
                                    

Valentina si recò nella camera da letto che condivideva con una certa Marisol.
L'idea di andare a vedere cosa stesse facendo la ragazza dagli occhi caleidoscopio le faceva ribollire il sangue nelle vene
Era sempre stata così, impulsiva.
Non era mai riuscita a controllarsi davanti ad una donna.
Per un attimo si fermò ad assaporare il momento in cui i suoi occhi si erano poggiati su quelle dolci labbra, gonfie come una ciliegia matura.
Riffletté su quella sensazione sublime che alla fine di tutto l'aveva lasciata con una voglia insaziabile di quella ragazza.
Si posò sul letto dalle coperte azzurre, e prese a girarsi nervosamente una ciocca di capelli vedi.
Non c'era modo che quella ragazza potesse sentirsi attratta da lei.
Non era Clizia.
Ormai non riusciva neanche a ricordare l'ultima volta che il suo corpo aveva collaborato durante il sesso. Clizia era sexy e con lei avvertiva l'eccitazione, il piacere, l'adrenalina, ma tutto finiva lì.
Non era mai riuscita ad andare oltre.
A fare "l'amore" da cui tutti sembravano tanto ossessionati.
L'unica sua consolazione era che la tortura che si costringeva a vivere , nasceva da qualcosa di più grande di lei.
Non era stata lei a iniziare quel gioco malato.
A decidere di fottersi la vita in quel modo.
Valentina tastò le tasche del suo giubbino, tirando fuori un pacchetto di Winston.
<<Non si può fumare qua dentro.>> Una voce assertiva, e piuttosto severa, la colpì dritto alle spalle.
Valentina si girò nella direzione dalla quale proveniva e colse una chioma nera e due occhi marroni che la stavano fissando.
Quella doveva essere la sua nuova compagna di stanza.
Non c'era alcun dubbio.
Val si irrigidì subito e maledisse mentalmente quel momento, sperando che quel "dialogo" finisse più in fretta possibile .
<<Okey, perfetto. Andrò fuori>>, le rispose Valentina scocciata.
Cercò di non guardare Marisol, ma gli occhi si rifiutavano di seguire i suoi comandi, perché ormai sembrava che tutto il suo corpo si fosse distaccato dalla mente.
Le osservò, quindi, le spalle femminili, i leggings attillati, che evidenziavano le gambe magre e le scarpe da ginnastica usurate.
Era indubbiamente bella, ma il suo fascino irriverente e selvaggio non le faceva nessun effetto.
Un sorriso spontaneo le curvò le labbra.
Non riusciva proprio a non catalogare le donne nella sua mente.
La sua era diventata un'abitudine malata.
Un qualcosa che riusciva farla sentire viva.
Non poteva permette a se stessa di innamorarsi; era fin troppo fragile e le relazioni amorose erano per le persone forti, degne, non per chi, come lei, non aveva la forza di lottare.
A che sarebbe servito?

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.

Jacques Prévert

Non siamo fatte dello stesso materiale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora