È una giornata come un'altra al fiume.
Sono steso sul mio telo mare di SpongeBob. Fa caldo, ma il tepore del sole è smorzato da una brezza fresca, lieve. Da uno dei rami dell'albero che sto guardando cade una foglia. "E pensare che è estate", penso, sistemandomi la schiena sulla riva di sassi colorati.
In lontananza, un gruppo di ragazzi ha messo su una canzone anni ottanta da uno speaker. Delle ragazze ballano a ritmo della cassa. Riesco a sentire lo stappare delle birre, le risate dei bambini; il rumore delle palle da calcio. Si avverte un odore di erba tagliata, il tipico sapore dell'estate.
Qualcuno si rilassa come me, altri si tuffano in acqua, nuotano lungo la sottile cresta della corrente.
Degli uccellini fischiettano in coro, e un assiolo li accompagna sporadicamente. Ogni tanto intravedo uno scoiattolo bruno saltare da un ramo all'altro, muovendo le foglie in sinfonia con l'aria. "Che bello", penso. "Che pacchia, eh?", penso ancora. Avvicino tra loro le palpebre e sorrido, come se avessi raccontato una burla a me stesso, uno scherzo innocente.
Mi sveglio all'udire dello scricchiolio di passi stanchi. Davanti a me c'è un uomo che va per i quaranta, in tenuta da baseball. Con guanto, mazza e cappellino bianco. Tiene stretta a lato della bocca una Marlboro, e con lo sguardo intercetta i miei occhi aprirsi.
«Hai per caso da accendere?» mi chiede l'uomo.
Faccio cenno di sì col capo, e inizio a frugare nella saccoccia in cerca dell'accendino dei Nirvana che avevo fregato a mia sorella questa stessa mattina.
«Grazie, ragazzo» mi dice l'uomo accendendosi la sigaretta. Mi rende l'accendino e rimane lì immobile, davanti a me. In piedi.
Lo guardo inarcando un po' le sopracciglia. "Ma cosa vuole ancora questo qua?", penso tra me e me.
Gli chiedo se posso aiutarlo ancora in qualche modo. Lui gesticola con la mano come per scacciare via le mie parole. «Hai già fatto abbastanza, mi sta bene così, ragazzo» dice lui, ancora fermo a fissarmi.
«Mi sta bene così» ripete l'uomo, intento a fumarsi anche gli ultimi millimetri del mozzicone, quelli più vicini al filtro. "La parte migliore, eh?", penso, riappisolandomi.
Una foglia cade dall'albero che sto guardando dall'altra parte del vetro. "E pensare che è estate", penso. "Deja-vu, eh?", penso di nuovo, ridacchiando. "Che male, eh?", penso.
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Quando fa Buio
Short Story"Quando fa Buio" è una raccolta di otto racconti brevi ambientati a Berlino, la capitale tedesca. Ogni racconto, ogni... favola, se così possiamo descrivere l'inquietudine che Dupois descrive tra le sue righe; porta con sé una morale nascosta, assie...