III.

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❝ cause this house is not a home, without my baby, where are you now when i need you most? ❞




Pablo.

L'allenamento, quel giorno, mi risultava più faticoso del normale. La notte precedente avevo fatto fatica ad addormentarmi, rimasi sveglio per ore, guardando il nulla, traforando il soffitto con lo sguardo avvolto dal silenzio della mia stanza e dalla luce fioca che proveniva da fuori. Rimasi sveglio, per minuti, forse per ore, ripensando agli occhi lucidi di Mar. Prima di varcare il portone d'ingresso, quel suo ultimo sguardo, le labbra leggermente curvate all'insù. La terrà tremò sotto i miei piedi e qualcosa nel petto cominciò a crescere, come una miccia che prendeva man mano sempre più forma. Non avevamo mai avuto un rapporto civile, lei c'aveva provato, almeno i primi giorni del suo arrivo. Era.. beh.. era.. sempre felice, contenta, forse anche un po' imbarazzata. Un po' la temevo, soprattutto quando le cose cominciavano a farsi serie ed le partite sempre più complicate. Aveva il polso duro, sapeva sempre cosa dire e come dirlo, forse anche più dello stesso mister. Non l'avrei mai ammesso, ma non avevo conosciuto una ragazza, o una donna, che avesse quel tipo di cultura sul calcio. Era un'enciclopedia vivente, sapeva perfettamente come far funzionare il gioco, ed io non avrei ammesso, neanche sotto tortura, che averla in squadra c'aveva migliorato, non solo sul campo ma anche in allenamento e fuori. Ma nonostante ciò non riuscivo a stabilire un rapporto, non lo volevo. Forse proprio per non cascare nella sua trappola e provare qualcosa. Perché Dio santo.. il primo giorno che la vidi entrare con quel sorriso gigante, ma anche un po' timido, mi bloccai come un soldatino sull'attenti. Non potevo farmi coinvolgere troppo. Odiarla sarebbe stata la soluzione migliore. Dovevo rimanere concentrato, pensare solo al calcio, al Barça e alla mia famiglia. Il resto non aveva importanza.

Anche se quella mattina, stranamente, non riuscivo a pensare ad altro se non a lei.

Soprattutto perché.. non c'era, non era ancora arrivata, e Mar non tardava mai a nessun allenamento.

—''Qualcuno ha visto Mar?''

Come se m'avesse letto la mente, Ferran s'avvicinò a noi, poggiando una mano sulla spalla di Pedri e l'altra sulla mia. Osservavamo tutti Fermin alle prese con i calci di punizione.

—''E Ansu?''

Mi guardai attorno, seguito dagli altri, cercando il mio compagno, ma non c'era. Grattandomi la guancia con fare nervoso cominciai a girare senza sosta, lentamente, tra i ragazzi che continuavano ad allenarsi. Avevo uno strano presentimento che non sapevo esattamente come definirlo. Ansu non saltava mai nessuno allenamento e Mar era la prima ad arrivare a Ciutat, anche prima di Xavi, prima di qualsiasi membro dello staff tecnico. Cercai il mio mister tra le tante teste presenti sul campo, ed una volta individuato avanzai a passo svelto in sua direzione.

enchanted | pablo gavira.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora