°• Capitolo 1 •°

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°• Ashley •°

Sei mesi prima...

Esco di casa sistemando lo zaino sulle spalle e chiudo il giaccone fin sotto il mento, avvolgendo una sciarpa attorno al collo con un paio di giri. Respiro a pieni polmoni e l'aria fredda di gennaio raggiunge con prepotenza le parti del corpo lasciate scoperte dai vestiti. Infilo le mani in tasca e, come ogni mattina, mi dirigo a piedi verso la fermata della metropolitana. Neve e ghiaccio ricoprono tutte le strade e devo stare attenta a camminare, perché sono già caduta due volte la scorsa settimana, non vorrei rompermi l'osso del collo perché... come si dice? Non c'è due senza tre, giusto?

La metro dista solo cinque minuti a piedi dall'appartamento che condivido con Claire, la mia migliore amica e collega: insieme lavoriamo alla Starfish, una delle maggiori aziende di comunicazione di New York, in qualità di graphic designer. Anche se facciamo lo stesso lavoro, Claire è una dormigliona e il nostro contratto è flessibile sulla questione orario, per fortuna, quindi lei arriva sempre almeno una o due ore dopo di me. Io invece non riesco a dormire molto, ho la testa sempre piena di pensieri e amo cominciare a lavorare quando non c'è quasi nessuno in sede, per godermi la tranquillità di un bel caffè caldo in silenzio e la giusta concentrazione di cui ho bisogno per lavorare bene.

Raggiungo la stazione della metropolitana e mi aggrappo con forza al corrimano per scendere verso la banchina, dove ci sono alcune persone ad attendere. È ancora presto per l'ora di punta, in più la neve ha sicuramente lasciato a casa qualcuno. Un altro motivo per cui amo uscire presto da casa è la possibilità di non sentirmi oppressa dalla calca. Mi sistemo sempre vicino alle porte, in modo da respirare quel filo d'aria che passa attraverso le fessure, e chiudo gli occhi per quei venti minuti circa che mi separano dalla meta.

Se ve lo state domandando, sì, conto i minuti. E sì, sono claustrofobica. Il che vi porterà a chiedervi: non puoi trovare un metodo alternativo? Come fai a prendere la metro, che è chiusa?
Beh, a piedi con la neve e il ghiaccio sull'asfalto direi che è impossibile, se non voglio finire con una rotula incrinata o distrutta in mille pezzi. In primavera ed estate ho una bella bicicletta di ultima generazione... Ah, no. Era quella di mia nonna, color crema, graffiata e arrugginita in più punti, ma ancora funzionante. Inoltre, chi si può permettere un'automobile? Di sicuro non io, né Claire. A malapena riusciamo a pagare l'affitto di un piccolo appartamento nel West Village e a concederci una breve vacanza ogni tanto (spendendo il minimo indispensabile per non dormire a terra oppure in un motel con le blatte che ti saltano addosso mentre dormi!). Brrr... Ho appena avuto un brivido, e vi assicuro che non dipende dal freddo.

Scendo alla fermata e mi dirigo verso l'edificio che ospita la mia sede di lavoro, un palazzo di dieci piani su Lexington Avenue, interamente ricoperto da mattoni rossi grandi vetrate che si affacciano sulla strada. Adoro questo posto, ormai odora di casa, inoltre la vicinanza di Central Park mi porta sempre a scoprire la natura durante le mie pause pranzo, quando Claire perde tempo a smanettare con i suoi profili social e io preferisco immergermi nella vera bellezza. La adoro, davvero, ma per certi versi siamo quasi l'una l'opposto dell'altra.

Entro nella hall e timbro il mio badge nei tornanti d'ingresso, salutando Samantha, la ragazza che si trova all'accettazione.

«Tutto bene, Ash?» Mi chiede con un sorriso a trentadue denti, come ogni giorno.

«Tutto bene, Sam, fa un po' freddo stamattina. Non trovi?»

Annuisce e mi saluta di nuovo, ci scambiamo quotidianamente dei convenevoli prima d'inoltrarmi nel corridoio verso le scale. Sorpasso l'ascensore, ovviamente, pronta a salire i miei sette piani quotidiani a piedi, che mi tengono allenata meglio di una palestra, dove non ho il tempo (né la voglia) di andare.

La Teoria del CaosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora