Capitolo 6

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La pioggia.
Sento come se fosse da troppo tempo che non sento l'odore della terra bagnata o la sensazione della pioggia che sbatte sulla propria pelle.
Avevo quasi dimenticato il suo rumore che ti inonda di un senso di libertà da cui non vuoi far altro che farti travolgere.
È passata un'altra giornata, il sole è tramontato e il cielo è colorato da un blu scuro.
È passata un'altra giornata, e io non sono ancora riuscita a ricordare nulla.
A volte penso che dovrei riprovare a mettermi a contatto con quella parte di me.
Ma Ariadne non me lo permetterebbe mai.
E non posso biasimarla.
Non so perché quella parte di me voleva che io scappassi.
Forse perché non vuole che io ricordi.
Mi sembra l'unica spiegazione plausibile.
Ma perché non vuole?
Forse perché, a volte, potrebbe essere troppo doloroso ricordare.
Eppure non è questo a frenare la mia voglia di sapere il mio passato.
Ad un tratto adocchio la figura di Drityan spuntare dalla porta che conduce alla terrazza di questo edificio.
Probabilmente non sapeva che avrebbe trovato me, tuttavia resta.
E se prima la mia presenza sembrava dargli fastidio, adesso avverto di meno questa cosa.
Ferma i suoi passi distante da me, e senza emettere parola si adagia comodamente contro la parete, riparandosi sotto la tettoia per non bagnarsi, come me.
Io me ne resto qui, con la mia sigaretta accesa tra le labbra e con la sua medesima posizione.

<<A volte ho la sensazione che per molto tempo non ho potuto godermi il suono della pioggia>> gli rivelo, facendo un altro tiro, e poi buttare via il fumo. <<Avevo dimenticato il senso di libertà>>

<<Questa la chiami libertà?>> si volta verso di me, contraddicendomi.

<<Per me la libertà è racchiusa nelle piccole cose>> confesso, anche se sapevo benissimo che in realtà non eravamo ancora del tutto liberi, ma eravamo prigionieri di un destino crudele.

Quando termino la mia sigaretta la getto a terra, e mi curo di schiacciarla con la scarpa.
Avanzo verso il muretto che indica la fine della terrazza, e salgo un piede, poi l'altro, e in un secondo mi ci ritrovo sopra.
Per me libertà era questa.
Voglio dire.. non siamo più rinchiusi.
Possiamo alzare lo sguardo e ammirare il cielo perdendoci nei suoi colori.
Possiamo aprire le braccia e farci avvolgere dal vento che ci culla.
Possiamo sentirci bagnati dalla pioggia che sbatte ripetutamente nella nostra pelle.
Il resto non importa.
Importa solo questo.

<<Dovresti provare a salire qui sù>> gli suggerisco, mentre lui se ne sta lì ad osservarmi curioso.

Lo fa spesso di osservarmi senza dire nulla.
Alcune volte lo fa con una curiosità che sfiora il senso perverso, altre volte, tipo come ora, è una curiosità diversa.
Mi siedo sopra il muretto ruvido e leggermente umido, accavallando le gambe, facendo così pendolare i piedi nel vuoto.
Drityan mi raggiunge, e si affretta ad assumere la medesima posizione, tuttavia al contrario mio resta con le gambe adagiate sul muretto, mentre appoggia le spalle comodamente sulla parete dietro di lui.
Cerca qualcosa dentro la tasca dei suoi jeans, tuttavia dopo vari secondi ancora non riesce a trovarla.
Capendo già cosa stesse cercando, estraggo il pacchetto delle sigarette da cui ne sfilo una, insieme all'accendino.
Glieli porgo, e quando lui mi adocchia fa passare qualche secondo per smettere di cercare e afferrare la sigaretta e l'accendino, con il quale dopo il secondo tentativo riesce ad accendere.

<<Sai cos'è per me libertà?>> esordisce, mentre osserva un punto non preciso davanti a noi, e mi perdo a guardare per un attimo le sue labbra mentre si muovono, per poi risalire nei suoi occhi e annegarci dentro. Il suo sguardo ti annienta, eppure tu non vuoi fare altro che farti annientare. <<È non pensare. Cancellare ogni pensiero dalla propria fottuta mente. Questo per me sarebbe libertà. E invece saremo sempre prigionieri della nostra testa>> sembra quasi che stia parlando più con sé stesso che con me. <<Dici che non siamo più rinchiusi. Eppure io non vedo differenza tra le mura di un centro psichiatrico o le mura della propria testa>> afferma.

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