Capitolo 7

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                                        "Sei un participante           di questo gioco, non puoi tirarti indietro.
Prendi la tua pistola e gioca la tua partita.
Parola d'ordine: Scacco Matto.
Sei pronto per giocare?
Il tempo scade, non c'è tempo per parlare.
Lo senti il rumore dei secondi che emana l'orologio?
Ti sta chiamando.
Non c'è un secondo in più.
Vivere o morire.
Sarà la prossima mossa della tua pedina a deciderlo.
Attento a non perdere...
Sicuro che farai scacco matto?
La partita è iniziata, e tu, partecipante, devi fare la prima mossa.
Oh no, non fidarti di nessuno, neanche di te stesso, neanche del tempo.
Perché il tempo potrebbe scadere da un momento all'altro.
Non fidarti nemmeno di te stesso, la tua sopravvivenza ti porterà a barare.
Non barare.
Te ne pentirai.
Diventa tutt'uno con la tua pedina e gioca la partita.
Vivere o morire.
Questo è il tuo invito a questo gioco.
Ma ricorda: non puoi tirarti indietro.
Adesso sei un partecipante.
E inizia la partita.
Siediti comodo, la partita è appena iniziata."

Dove sono?
È tutto così strano...
Sono in una stanza, circondata da delle pareti di un grigio un po' sbiadito.
Le mie labbra sono lungo i miei fianchi, mentre le dita lambiscono appena il bordo freddo della veste bianca che indosso fino alla ginocchia.
Sopra la mia resta c'è una tettoia di vetro, dove si riflette il cielo blu, e quando alzo il capo mi ritrovo a socchiudere le palpebre affinché i raggi solari non filtrassero ulteriormente nei miei occhi.
Le mie gambe si muovono appena, e vago senza una meta.
La stanza è piccola, e in ogni angolo c'è una porta chiusa.
Poi vedo qualcuno.
È una ragazza.
È inginocchiata sul pavimento freddo, e indossa la medesima mia veste bianca.
Ha lo sguardo abbassato, e i capelli che le ricadono sul volto mi inibiscono la visuale di quest'ultimo.
Tuttavia la riconosco.
Sono io.
Non mi guarda nemmeno, forse non sa che sono qui.
Forse non può saperlo.

<<Puoi sentirmi?>> è questa la domanda che le porgo spontaneamente, tuttavia da lei non ricevo alcuna risposta.

Scatta in piedi, e tra le mani regge un pennello nero, che con forza stringe tra le sue dita.
Si volta verso la parete ora davanti a lei, e in un gesto toglie il tappo dal pennello, permettendogli di rovinarsi sul pavimento, nel momento in cui apre la mano e lo lascia cadere giù, senza preoccuparsi più di tanto.
Rimbomba l'eco di un lieve rumore a causa del suo gesto.
Poi avvicina la punta del pennello sulla parete ruvida, e comincia a scrivere dei numeri.
1,2,3,4,5....
Continua a scrivere interrottamente numeri, senza fermarsi.
Al contrario, aumenta di velocità e aumenta pertanto la forza con cui spinge la punta del pennello sul muro.
Poi ad un tratto avverto uno sparo.
Trasalisco violentemente, e mi volto, ma quando faccio tale gesto non vedo nessuno.
Poi un altro ancora.
E sussulto un'altra volta.
Eppure a lei sembra non fregargliene tanto, dato che continua ad incidere quei numeri sulla parete.
Ma quando i miei occhi si posano di nuovo sulla sua, o meglio dire sulla mia figura, noto che ha già scritto tantissimi altri numeri.
Quando li ha scritti tutti questi numeri?
Mi sono voltata solo un attimo...
La parete adesso è piena di numeri incisi col pennello nero, e rimane davvero poco spazio per scriverne altri.
Così, per continuare, usa la parete accanto, e macchia pure quella.
Solo ora, avvicinandomi alla parete precedente, mi accorgo che accanto ad ogni numero c'è scritto "giorno". 
1º giorno, 2º giorno, 3º giorno...
E via così.
Poi sento ancora un altro sparo.
Un altro.
Un altro, e un altro ancora.
E nonostante continuo a voltarmi ripetutamente, nella stanza ci siamo solo noi.
Ad un tratto termina la sua tortura sui muri, e con noncuranza fa scivolare il pennello dalle sue mani, dopo aver riempito anche questo parte di muro di altri numeri elevati, che indicano dei giorni.
Giorni di cosa? 
Ma quando i miei occhi si posano su un altro dettaglio, mi si gela il sangue.
Le mie pupille scendono lungo le sue mani, macchiate di sangue.
Poi ecco che i suoi occhi saettano con forza su di me.
Come d'istinto non aspetto un secondo in più per andarmene da lì. 
Corro verso la prima porta, ma quando fletto repentinamente le dita intorno alla maniglia fredda, mi rendo conto che è bloccata.
Così tento con l'altra porta.
Ma è bloccata pure questa.
Dannazione.
Non mi arrendo, e la mia unica speranza adesso sono le ultime due porte rimaste.
Lei resta lì immobile.
Non fa un passo.
Resta a fissarmi.
Ma impreco, quando scopro, come già sospettavo, che anche le altre due porte sono bloccate.
Dò un colpo irruente col palmo della mano verso la porta, come segno di sconfitta.

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