5 novembre 2024, Italia
Dopo aver scoperto dell'aborto che aveva avuto Alessia e dopo aver speso una buona ora a litigarci al telefono, Charles aveva terminato la sua sprint race nel muro a soli tre giri dall'inizio.
Era stato per un contatto?
Assolutamente no.
Un problema meccanico?
Neanche.
Le colpe di quel testacoda era solo ed unicamente sue; Charles non era stato in grado di mantenere il sangue freddo e, per una volta, non era riuscito a chiudere tutto il resto del mondo fuori dal casco, fuori dalla sua monoposto. Dopo quell'errore banale, Charles era tornato ai box a bordo di un motorino guidato sa un Marshals, con ancora l'amarezza per aver concluso la sprint race in quel modo e per aver distrutto entrambe le sospensioni anteriori, per non parlare dell'ala, proprio a poche ore dalle qualifiche.
Odiava dover far lavorare i meccanici con la fretta per colpa sua, soprattutto visto che, in quella casistica, era stato proprio Charles a commettere l'errore e non aveva nessun tipo di scusante.
Era sempre molto duro con se stesso quando qualcosa andava storto, quando terminava la gara in una brutta posizione o quando non la terminava nemmeno; aveva sempre cercato di razionalizzare e di trovare una sua colpa in tutto.
Macchina sbilanciata? La colpa era di Charles, che non era riuscito a controllarla al meglio e a massimizzare il risultato.
Sapere di aver lasciato che la sua vita privata influisse sull'esito della gara, mettendo la sua posizione nella classifica piloti a rischio a causa dell'attacco di Lando Norris, aveva portato Charles a prendere una decisione definitiva.
Non poteva lasciare che la sua vita privata minasse il sogno di diventare campione, per questo aveva deciso di parlare dell'accaduto direttamente con Alessia; dopo essere atterrato in Italia, non aveva neanche fatto tappa per sistemare la valigia, si era recato direttamente a casa dell'italiana, trovandola fortunatamente da sola.
Alessia ancora non aveva la migliore cera possibile; era pallida in viso e sembrava essere dimagrita almeno tre o quattro chili nel giro di poche settimane. Charles si era immaginato di trovarla in quelle condizioni e si era preparato psicologicamente per mantenere l'espressione fredda e non lasciarsi andare per abbracciarla.
Doveva mantenere la sua posizione ben fissa per evitare che una situazione del genere accadesse nuovamente: Charles aveva tutto il diritto e, anzi, aveva il dovere di sapere delle condizioni di Alessia dopo un aborto spontaneo e odiava l'aver scoperto il tutto attraverso Edoardo e, soprattutto, per telefono.
Non solo aveva scoperto di aver perso un bambino, ma lo aveva anche fatto a migliaia di chilometri di distanza, sentendoselo dire dal nipote della sua fidanzata e scoprendo che lei aveva volontariamente deciso di non parlarne con lui.
Da una parte gia immaginava la ragione, già immaginava cosa Alessia avrebbe detto in sua difesa, ma non vi erano comunque scusanti.
"Ciao." Sibilò il monegasco, facendosi spazio per entrare in casa senza neanche chiederle il permesso, come era sempre solito fare. Dovevano parlare seriamente e non erano concessi se e ma.
Ad Alessia gelò il sangue nelle vene nel sentire il tino acido e freddo del monegasco, facendosi subito da parte per farlo entrare e notando il modo in cui camminò, o meglio marciò, fermandosi al centro del soggiorno.
"Dammi più di una valida ragione e poi parlo io e, quando lo faccio, non voglio essere interrotto."
Alessia non lo aveva mai visto così fumante di rabbia, per questo rimase un minuto interdetta, notando lo sguardo di Charles, si solito caldo e accogliente, freddo e distaccato.
La situazione era ben peggiore rispetto a quanto si era immaginata, forse.
La ragazza prese un grosso respiro profondo, cercando di riordinare le idee e di trovare qualcosa di sensato da dire; aveva pensato moltissimo a cosa fare dopo aver scoperto dell'aborto e aveva avuto giorni per scegliere con calma e per analizzare ogni possibile scenario. Si era anche immaginata quello in cui lui scopriva tutto da solo, ma non si era certo immaginata una sua reazione così tanto negativa.
Conosceva Charles da poco meno di un anno e lo aveva sempre visto come una persona solare, comprensiva e buona, non le era mai capitato di vedere il lato negativo del monegasco, ossia la sua reazione da arrabbiato.
L'unica altra occasione in cui avevano litigato era degenerata con entrambi che si ignoravano a vicenda fingendo che non provassero nulla per l'altra persona, ma in quel caso avevano litigato per un comportamento di Charles, non di lei.
"Mi dispiace, mi dispiace veramente tanto Charles." Alessia decise di iniziate con le scuse, sentendo il cuore gia stringersi nel vedere il suo Charles così sulle sue e così freddo. Forse si era immaginata uno scenario meno drastico. "È successo mentre ero in università per discutere della tesi con il professore e mi aveva appena detto che potevo scegliere la sessione di laurea quando è successo. Stavo scendendo le scale per tornare a casa quando ho sentito una fitta atroce al ventre. Prima di svenire ho notato i pantaloni macchiati di sangue fra le mie cosce e, quando mi sono risvegliata, ho scoperto di aver avuto un aborto."
Charles, che aveva immaginato fosse un aborto spontaneo anche se non ne aveva mai avuto la conferma, rimase ancora in silenzio, con le braccia incrociate al petto e aspettando di sentirsi spiegare per quale morivo l'aveva scoperto da Edoardo e non da lei.
"All'inizio ero sconvolta, non riuscivo a crederci perché neanche sapevo di essere incinta , poi ho pensato a te. Avrei voluto chiamarti per dirtelo subito, ma avevi queste gare così importanti per la tua posizione nel campionato piloti che non volevo rischiare di addossarti un carico non tuo sulle spalle."
"Non mio? Perdere un figlio sarebbe un carico non mio?!" Charles era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma sentendo quelle parole ricominciò a fumare per la rabbia. Si sentiva escluso. Era parte di quella relazione, sarebbe stato il padre di quel bambino se non fosse successo nulla e lei pensava che non fosse un carico anche suo?
"No, no non voglio dire questo!" Alessia cercò subito di rimediare, ma le parole erano ormai state dette e non vi erano rimedi.
"Vai avanti." Ordinò il monegasco, spostando le braccia lungo i fianchi e stringendo i pugni.
"Ho deciso di aspettare che tornassi a casa per dirtelo, anche perché non mi piaceva che lo sapessi per telefono. Non sapevamo nemmeno di aspettare un figlio e lo scopriamo quando scopriamo di averlo perso"
"Scopriamo? Non lo abbiamo certo scoperto insieme. Io l'ho scoperto da Edoardo!"
Questa volta, Charles non resistette e alzò la voce.
"Mi dispiace, Charles!" Alessia fece un passo verso di lui, prendendo un po' si coraggio quando non lo vise indietreggiare. "Pensi che abbia scelto di mentirti facilmente? Avrei voluto dirtelo ogni giorno, ma non sapevo come fare o quando farlo!"
"Non lo so, del tipo dicendomi 'ehi amore, senti sono in ospedale, è successa una cosa'! È un ottimo modo per dirmi cosa è successo invece che tenermi all'oscuro per settimane!"
"Volevo parlartene quando saresti tornato qui in Italia, volevo che fossi qui con me, di persona." Sussurrò l'italiana. "E non volevo ti preoccupassi o che questo influisse sulle tue prestazioni in gara..."
Charles, a quel punto, si lasciò sfuggire una risata amara, osservando la fidanzata con, quasi, disprezzo.
"Perché ovviamente non è esattamente quello che è successo." Sibilò. "Se me lo avessi detto avrei preso l'aereo e sarei tornato qui da te all'istante!"
"Mi dispiace, Charles." Alessia non sapeva più che cosa dire se non che le dispiaceva con tutto il cuore; avrebbe voluto abbracciarlo e affrontare quel dolore insieme, ma sapeva che era decisamente meglio restare ferma e lasciare che fosse lui a prendere quella decisione, se voleva.
"Questo l'hai gia detto."
La ragazza non sapeva più dove sbattere la test-c non sapeva più che cosa dire perché qualsiasi cosa dicesse, il monegasco sembrava arrabbiarsi ancora di più. Temeva che quella sua decisione avrebbe rovinati tutta la fiducia che c'era fra loro e l'unica cosa che voleva fare era stringerlo a se a dirgli che non lo avrebbe più fatto, anche se sapeva non fosse l'opzione migliore.
Aveva commesso un errore gravissimo, tenendolo all'oscuro di una cosa così importante quando una gravidanza e un aborto, anche se entrambi erano stati scoperti contemporaneamente.
Alessia sapeva quanto Charles volesse dei figli, lo vedeva brillare con gli occhi ogni qual volta era vicino ai bambini, che fossero suoi fan, come all'inizio era Edoardo, o che fossero figli dei suoi amici, come la piccola Chiara, la primogenita di uno dei migliori amici di Charles.
Quella era forse una delle caratteristiche che aveva fatto innamorare Alessia, quindi il monegasco non aveva tutti i torti ad essere così arrabbiato.
Lui aveva ragione.
"Sarei venuto qui a casa da te, pensi che il mondiale sia più importante della mia fidanzata che ha un aborto spontaneo? Ma sai cosa? Forse sono solo stupido io, avrei dovuto capire che c'era qualcosa che non andava e che era impossibile fosse solo l'ansia e l'agitazione per la laurea."
"So che ho sbagliato, so che avrei dovuto dirtelo ma sul momento mi era sembrata la cosa giusta. So che saresti tornato a casa per me, per noi, ma non volevo che dovessi decidere, non volevo che prendessi una decisione così difficile sapendo quanto tieni a questo mondiale."
"Non più di un figlio!" Esclamò il monegasco a quel punto. "Sei finita in ospedale e presumo che l'aborto non sia stato uno dei migliori da quello che mi hai raccontato, quindi non avrei esitato a prendere un aereo! E comunque non era una decisione tua, ma mia."
"Lo so, ti chiedo scusa, okay?"
L'italiana si passò le mani sul viso, agitata, mentre il monegasco camminava avanti e indietro per la stanza, passandosi le mani fra i capelli e stringendo i pugni lungo i fianchi ad alternanza. Nessuno dei due riusciva a calmarsi, entrambi avevano il cuore che batteva a mille e mille pensieri in testa.
Perché Alessia non glielo aveva detto?
Perché aveva deciso di tenergli una cosa simile nascosta e rovinare tutto?
Non aveva alcun senso.
"Dimmi di più dell'aborto."
Anche se era totalmente arrabbiato, Charles aveva bisogno di sapere che Alessia stava bene e, visto che ancora non ne aveva la conferma, lo chiese in quel momento. "Che cosa è successo di preciso? Cosa hanno detto i dottori?"
Alessia prese un respiro profondo, poi decise di sedersi sulla poltrona sentendo i punti tirare leggermente; era stata in piedi troppo tempo e non voleva rischiare di peggiorare le sue condizioni di salute.
"L'embrione si era impiantato nella tuba di Falloppio." Iniziò l'italiana, cercando di spiegare bene che cosa fosse successo. "E quindi non nell'utero. Ha iniziato a crescere li per qualche settimana, almeno da quello che hanno detto i dottori. Io non sapevo di essere incinta, te lo giuro. A volte mi capita di saltare il mese o avere il ciclo in ritardo di alcune settimane, in più avevo male al seno e pensavo che fosse solo un sintomo del ciclo che si avvicinava."
Charles avrebbe voluto dire qualcosa, ma rimase in silenzio, mordendosi la lingua e mantenendo la sua espressione arrabbiata e fredda.
Continuò ad ascoltarla.
"L'embrione è cresciuto troppo e, infine, ha rotto la tuba causando un'emorragia interna, spiegando il dolore che ho provato e la forte perdita di sangue. Mi hanno dovuto operare per fermare l'emorragia, ma non sono riusciti a salvare la tuba."
"E questo che cosa vuol dire?"
"Che, se vogliamo avere un bambino, le chance di riuscirci sono ridotte e che potrebbe pure essere richiesta la gravidanza assistita per farlo, come quella in vitro." Disse l'italiana. "Anche se avessi scoperto della gravidanza per tempo, i dottori avrebbero comunque dovuto farmi abortire. Avrei salvato la tuba, ma il bambino era impossibile salvarlo."
Charles sospirò pesantemente, passandosi una mano sul viso. Vedeva la tristezza e la colpevolezza sul viso di lei, ma era ancora troppo arrabbiato per consolarla. Aveva bisogno di tempo per sé stesso e per pensare, non sapeva quanto, forse un paio di giorno, forse qualche settimana. Aveva bisogno di tempo per assimilare tutte quelle informazioni e per farsi passare tutta la rabbia che provava verso di lei, perché se non ci fosse riuscito sarebbe stato difficile tornare alla normalità.
"Ho bisogno di tempo." Disse il monegasco dopo qualche minuto, guardando Alessia e distogliendo subito lo sguardo quando vide i suoi occhi lucidi per le lacrime. "Mi hai mentito e sono troppo arrabbiato con te in questo momento. Ho bisogno di tempo per pensare e per farmi passare tutta questa rabbia, poi potremo parlare meglio di questa cosa."
Alessia si sentiva morire dentro, ma sapeva che aveva ragione e che doveva rispettare la sua scelta, dopotutto lei aveva avuto la stessa necessità quando lui l'aveva baciata davanti a tutte le telecamere e senza chiederle il permesso.
"Va bene." Sussurrò l'italiana, non senza sentire un peso sullo stomacò.
Charles si sistemò il giaccone, poi camminò verso la porta di ingresso, aprendola per andarsene.
"Torno a Monaco, nel frattempo." Sussurrò. "Salutami Edoardo da parte mia."
E con quelle parole, se ne andò.
Alessia sapeva che sarebbe tornato, ma una parte di lei non riusciva a far altro che a pensare che quello fosse un addio, forse perché aveva davvero troppa paura fosse così, forse perché sapeva che una cosa simile avrebbe avuto bisogno di tanto tempo per guarire.
Sperava solo che tutto sarebbe tornato alla normalità.~•~
Eccoci qui con il capitolo 42!
Avrei voluto aggiornare a metà settimana ma è stata una settimana un po' dura fra uni e impegni con la famiglia. Mi sono però impegnata per riuscire a darvi l'aggiornamento questa mattina, anche se ancora non sono riuscita a correggerlo.
Ditemi cosa ne pensate e fatemi sapere sa che parte state, da quella di Charles o da quella di Alessia?
Giusto per avvertirvi, mancano pochi capitoli alla fine della storia, quindi godeteveli!
Ci vediamo quindi sabato con il capitolo 43!
Un bacio,
Saragarnier
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Make-A-Wish|| Charles Leclerc
FanfictionAggiornamenti ogni Sabato La speranza è sempre l'ultima a morire, ma quando anche quella sparisce rimane solo una cosa: un desiderio. Per esaudirlo, però, non ci vogliono solo sacrifici e impegno, ci vuole anche coraggio, coraggio di ammettere che n...