8. KATE.

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Solo due cose rendono peggiori il risveglio dopo una sbornia.

La prima, un bellissimo messaggio di Mister Young che mi ricorda il saldo degli affitti in arretrato da versargli entro il prossimo lunedì.

La seconda, un messaggio di Arthur, il capo del personale, che mi informa di un cambio turno dell'ultimo minuto. Guardo l'ora e, dovrei essere in turno tra dieci minuti.

Buongiorno a me, cazzo.

Naturalmente, arrivo a lavoro con ben quarantacinque minuti di ritardo perché ho sbagliato la fermata della metro. Ero sovrappensiero rileggendo il biglietto di Alex che prima di uscire ho trovato sotto la porta.

Mi dispiace, ho esagerato.

L'ho poi appallottolato e rimesso nella tasca del cappotto. Chi cavolo si crede di essere. L'ho portato con me a lavoro e non so nemmeno il perché. Forse perché l'idea che Alex con quella sua aria distante e possente si sia seduto da qualche parte e abbia scritto di suo pugno un biglietto per me un po' mi lusinga.

'Smettila, Kate', mi ricorda la mia coscienza. Non mi farò abbindolare da lui. E quella scenata che mi ha fatto ieri notte? Se ci penso mi ribolle il sangue. Se poi penso che ha nominato mio padre, vado fuori di testa.

Okay, è vero. Non poteva saperlo. Ma la gente dovrebbe seriamente imparare a connettere il cervello prima di aprire la bocca e parlare. Questa storia dell'appartamento ha già iniziato a ritorcersi contro di me. Devo sloggiare appena trovo un altro posto. Non esiste che io rimanga a casa sua ancora per molto.

***

«Sei in ritardo, bambina», mi saluta Jeremy, quando arrivo boccheggiante al bancone. Mi sistemo trafelata il berretto nero perché non ho avuto il tempo di lavarmi i capelli. Di nuovo, sì. Fanculo alla mia vita. Alcune ciocche castane mi ricadono sui lati del viso mentre cerco di infilarne altre sotto al tessuto. «Lo so. C'è Arthur?», chiedo, facendo un cenno verso il suo ufficio.

«Sì, ma non ti preoccupare. Ti ricordo che sono io che comando qui dentro, non lui» precisa, Jeremy, facendo l'occhiolino. Lo ringrazio con gli occhi e mi metto a lavoro. Si vede che il Ringraziamento si avvicina perché la gente in questo periodo sembra moltiplicarsi. E fuori inizia già a gelare. E il meteo promette l'arrivo di un nuovo fronte freddo per quel periodo. Manca poco che montino l'albero del Rockfeller Center in anticipo se prosegue di questo passo.

Sono in pausa quando Jeremy mi sta raccontando del saggio di danza delle gemelle del prossimo venerdì. Se non avessi bevuto come una spugna ieri notte riuscirei a emettere qualche verso diverso rispetto a: oh, sì, che bello. Mi massaggio forte le tempie mentre mi chiede se ci sarò.

«Non lo so, Jeremy. Forse non riesco. Devo chiedere ad Arthur se mi fa fare qualche altro straordinario», ammetto sottovoce.

«Tu lavori troppo, Kate. Non ti fa per niente bene, anche Dana lo dice sempre», dice. Il ronzio alla testa mi fa venire la nausea.

«Lo so, ma non ho altra scelta, lo sai». Lui si avvicina e mi mette una mano sulla spalla, mi volto e vedo che mi guarda con gli occhi della compassione.

Ti prego, Jeremy. Non dire quello che stai per dire.

«Invece, sì. Puoi ritornare a esercitare, Kate».

L'ha detto. Mi scrollo nelle spalle, congedando le implicazioni della sua offerta. «Torno a lavoro ora», continuo. «Non ti preoccupare, me la caverò». Ora i suoi occhi sembrano quasi sul punto di crollare.

«Se continui così ti ammalerai, bambina».

Il peso delle ultime settimane è troppo e vedere gli occhi lucidi di Jeremy mi fanno scoppiare. «Se continuo così, ammalarmi sarà l'ultimo dei miei problemi. Ho duemila dollari di affitto arretrato da pagare a Young e non so proprio come farò. Spero che Arthur mi faccia lavorare il più possibile.

Unthought of LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora