10 ~ Solo

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Una volta ho letto di qualcuno che sosteneva che ogni amore nasce da un colpo di fulmine. Sta poi agli individui coinvolti scegliere.

Scegliere se rischiare, innanzitutto.

Scegliere di proseguire, di lottare, abbassare le proprie difese.

L'Amore ti dà il colpo, sei tu che scegli se assorbirlo, farne tesoro oppure no.

Io non l'ho nemmeno sentito arrivare, il colpo. Mi sono trovato stordito, annaspante, confuso. Mi ha attaccato alle spalle, mi ha travolto. E quando ho iniziato a capirci qualcosa, e ho deciso di abbassare le mie difese, Filippo ha deciso per entrambi: è sparito.

Chiudo lo sportello dell'oblò dell'asciugatrice. Ieri sera, dopo aver lavato la sua biancheria mentre cenavamo, avevo impostato il programma di asciugatura. Eravamo andati a dormire. Mi ero incanto ad osservare il suo profilo disteso nel sonno. Ne avevo accarezzato i contorni in punta di dita, credendo di stare vivendo un sogno ad occhi aperti.

Mi guardo i polpastrelli. Esco dalla veranda, entro in cucina. Nella vasca del lavandino ci stanno ancora le stoviglie sporche di ieri sera. C'è ancora il suo profumo nell'aria. Le cose di Chicco sparse per casa.

Accendo la televisione, lanciando poi con stizza il telecomando sul divano. Non mi interessa neanche cercare di capire che diavolo sto guardando – non lo sto guardando. Inizio a mettere ordine per casa riempiendomi le orecchie di parole senza senso. Ho improvvisamente casa piena. Mi dà fastidio.

Abbasso un po' il volume della televisione.
Troppa tranquillità.
Alzo di nuovo il volume.

È la Vigilia di Natale, non posso neppure aggrapparmi al lavoro per tentare di non pensare a ieri notte: oggi iniziano le mie due fantastiche settimane di ferie. Non ho idea di che cosa fare, sono certo solo che sarò a cena da Stefania, stasera, incontrerò Fabrizio – e non ne ho voglia. Almeno rivedrò Chicco e questa è l'unica nota positiva.

Terminati i giorni di festa in famiglia, temo che passerò il tempo rigirandomi i pollici maledicendomi per aver ceduto alla corte di Filippo.

Neanche con Tommaso mi è andata così di merda. Tommaso che ho conosciuto quando ho iniziato a lavorare per Cristina, nel suo ristorante come cameriere, cercando di mettere soldi da parte per potermi pagare il corso da programmatore. È stata una relazione durata parecchio, più del mio solito: siamo stati insieme per due anni, e ne ero davvero innamorato, finché non l'ho beccato in stazione a pomiciare con un altro.

Credevo davvero che la burrascosa fine della mia relazione con lui mi sarebbe rimasta dentro alla stregua di una cicatrice, per sempre. Avevo scommesso tanto sul nostro amore. Invece, no.

Con Tommaso sono stato due anni, Filippo mi ha travolto nel giro di sei giorni ed è riuscito a incidermi il cuore come neppure Tommaso è mai riuscito a fare – nel bene e nel male.

Come sono fortunato.

In piazza ci sta un sacco di gente, perlopiù persone di una certa età, uomini e bambini – le donne saranno tutte riunite intorno ai fornelli per dare gli ultimi tocchi alle pietanze per il menù di stasera.

Stefania starà "preparando" pizza, non ne dubito: l'avrà ordinata al solito panificio, magari direttamente da Milano, e adesso starà ancora ronfando avvinghiata a Fabrizio.

Mi sgranchisco il collo e finisco di bere il mio cappuccino. Colazione al bar. Una scusa buona come un'altra per riempire il mio tempo prima di stasera. Anzi, prima dell'ora di pranzo, visto che le attività chiuderanno tutte per quell'ora, in paese.

Forse dovrei scendere a Roma per trovare da fare fino a stasera. Oppure potrei dormire. Aspettare che il tempo passi mentre tengo gli occhi chiusi. Sbuffo.

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