Prologo

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La suoneria del cellulare mi sveglia di soprassalto, spaventandomi. Scatto così velocemente in avanti da farmi male al collo e facendo cascare dal letto, con un tonfo pesante, il libro rimasto poggiato sul piumone dalla sera prima. Il mio sguardo intercetta subito l'orologio digitale posto sotto il televisore: segna le ore sei e un quarto.
Ferma ad osservare il display illuminato e massaggiandomi la parte dolorante del collo, mi dimentico per un attimo il cellulare che continua a cantare le note di Vogue di Madonna. Se fossi sveglia e attiva, finirei per cantarla a squarciagola con tanto di balletto – amo questa canzone – e invece mi ritrovo a prendere il cellulare in mano con una lentezza degna da far sembrare una tartaruga la miglior maratoneta del mondo. Ho gli occhi chiusi e pieni di sonno, non leggo neanche chi possa essere la persona così tanto incosciente da chiamarmi ad un orario assurdo della mattina. Provo a parlare ma tutto ciò che esce dalla mia bocca è un mugolio assonnato seguito da un lungo sbadiglio.
<AMANDA!> la voce inconfondibile, acuta e stridula di mia nonna arriva alle mie orecchie talmente forte da farmi rotolare giù dal letto. Massaggio la parte dolorante del sedere e mi chiedo per quale punizione divina mia nonna mi stia chiamando a quest'orario così improponibile. <Mmm...> la voce è ancora impastata dal sonno e un lamentio esce dalla mia bocca.
<Amanda mi senti?> chiede mia nonna, grida ancora ed io allontano di scatto il cellulare dall'orecchio. Cosa ho fatto di male per meritare tutto questo? È lunedì, il mio unico giorno libero; dovrei stare sotto le coperte calde del mio letto a riposarmi dopo aver lavorato per ore ed ore in pasticceria dato il periodo natalizio in arrivo. E invece sono semisveglia e con collo e natiche doloranti. Rimasta ferma sul freddo pavimento piastrellato, mi affretto a tornare sotto il tepore delle coperte e rispondo a mia nonna. <Si, nonnina, ti sento>
Sbadiglio.
<Sono caduta Amanda, sono precipitata dalle scale!> grida ancora e a quella frase cado anch'io dal letto, per l'ennesima volta, impaurita e sconvolta da quanto riferitomi. Se fino ad un istante fa stavo ancora nel mio fantastico e perfetto mondo dei sogni, adesso sono attiva, agitata, come se avessi appena bevuto due tazze piene di caffè bollente. Ma che dico, quattro tazze!
<Nonna che significa che sei caduta? Stai bene? Come hai fatto? Perché? Dove sei?> credo che la mia voce sia diventata stridula e fastidiosa, riprendo fiato e sto per riprendere con la mia sfilza di domande quando mia nonna m'interrompe: <Amanda non essere sciocca. Significa che sono caduta e sto splendidamente, meravigliosamente bene... come dovrei stare dopo una caduta secondo te?> mi accusa lei con tono autoritario ed io arrossisco al solo pensiero di quanto siano state stupide le mie domande. <Stavo solo scendendo le scale, ero in ritardo per la messa. Mi stavo mettendo il rossetto e nel frattempo parlavo al telefono con Maria e d'un tratto sono caduta. Non capisco proprio come sia potuto accadere, dopotutto ero focalizzata sui gradini, lo giuro!>
Mi porto una mano al volto, schiaffeggiandomi la fronte un po' troppo forte. Era focalizzata sui gradini... ed io dovrei crederci?
Mia nonna è pazza!
<Ho una gamba rotta e un bernoccolo sulla testa che mi fa apparire più alta di quanto io non sia> ride. Mia nonna sta davvero ridendo e scherzando su quanto accaduto? Ditemi che è un brutto sogno. Ditemi che sto sognando e che fra poco mi sveglierò nel mio letto, nel mio caldo appartamento di Milano pronta a godermi la quiete del mio giorno libero.
Sbatto ripetutamente le palpebre e, solo dopo essermi data un pizzicotto sul braccio, vedo sfumar via tutte le mie preghiere. Ritorno alla realtà: <Mi dispiace molto nonna, posso fare qualcos...>
<Si!> trilla lei entusiasta, rinvigorita dalla domanda che neanche ho finito di pronunciare. Credo proprio che non aspettava altro di sentirsi porre questa domanda, ed io sono sicura di non voler sapere ciò che fra poco mi chiederà.
Prevedo guai in vista, grossi guai quando c'è di mezzo la mia pazza e stravagante nonnina.
<Potresti tornare a Firenze e festeggiare il Natale con me? Non riesco a fare molto con la gamba ingessata e non voglio sconosciuti al mio fianco, sai che non mi fido della gente>
Eccolo qui, il grosso guaio di cui parlavo. Rimango in silenzio, interdetta su cosa dire. <Potrebbe sempre rimanere papà con te> propongo, sperando di riuscire a convincerla. Festeggiare il Natale a Firenze con mia nonna e mio padre non è esattamente ciò che vorrei fare perché: punto numero 1) io e mio padre non parliamo da dieci anni, punto numero 2) devo lavorare oppure Marco non mi darà mai la promozione a cui tanto ambisco e, il più importante, punto numero 3) tornare in città è ancora una ferita troppo aperta dopo la scomparsa di mia madre.
Mia nonna però non demorde e con tono cantilenante chiede ancora di me, sembra una bambina capricciosa. Sbuffo, esasperata, non sono neanche le sei e mezza e la giornata è già andata a rotoli. Mi viene in mente di staccare la chiamata facendo finta di non sentire più, ma so già che mia nonna proverebbe a richiamarmi ancora, e ancora, fino allo sfinimento... e almeno il resto della giornata spero di godermela in tranquillità.
<Nonna, ma io non posso lasciare la pasticceria proprio la settimana di Natale!>
<Quale schifoso datore di lavoro non darebbe le ferie ad una giovane ragazza per andare da sua nonna che è caduta> asserisce lei con convinzione, mi lascio cadere all'indietro, sdraiandomi completamente per terra. Il mio capo, cara nonnina, il mio schifoso datore di lavoro me la farà pagare se mancherò la settimana di Natale. Questo però evito di dirlo.
Sono stata una stupida, una sciocca, una cretina... dovevo leggere il mittente della chiamata prima di rispondere. Avrei potuto ignorare la chiamata o spegnere il telefono. Anzi, avrei potuto lanciare il cellulare dal balcone del più alto grattacielo di Milano. Insomma avrei potuto evitare questa situazione scomoda come un sassolino dentro una scarpa.
<Facciamo così nonnina, io provo a chiedere le ferie e se riesco verrò da te>
<Amanda, parlerò io col tuo capo, sono sicura che lo riuscirò a convincerlo>
Di questo ne sono sicura, penso, mia nonna convincerebbe anche San Tommaso di quando dice. <Non c'è bisogno nonna, parlerò io e ti richiamerò>
<Grazie Amanda, la nonna senza di te morirebbe>
Non credo a questa sua affermazione, mia nonna sembra avere più vite di un gatto. E mentre penso ciò sento la sua risata.
<Perché ridi?>
<Ho preso una bella botta, non mi sentivo così malridotta da quando io e il tuo adorato nonno da giovani facevamo sesso sfrenat...>
<NONNA!> stacco la chiamata e lancio il cellulare sul letto. Non credo che riuscirò mai più a levarmi dalla mente quelle parole e l'immagine che si sta creando nella mia testa. No, basta! Che schifo! Sbuffo sonoramente e mi alzo dal pavimento rigido come una lastra di ghiaccio. Buongiorno a me!

Ciao, come state? È  da un sacco che non ci sentiamo! Per prima cosa vi auguro, in ritardo, buon Natale.
Siccome amo il periodo natalizio e per me il Natale non termina dopo il 25 dicembre, ho deciso di pubblicare questa storia che è nata l'anno scorso, super natalizia e divertente. Pronti per scoprire tutte le disavventure che Amanda dovrà affrontare per via di sua nonna? Io già rido al pensiero...

NATALE AL SAPORE D'AMOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora