Stiles torna in ospedale tre giorni dopo: ha cercato in ogni modo di impedirselo continuando a ripetersi che non è giusto, che non ha mai realmente fatto parte della vita di Carlos e, il pensiero che lo ha maggiormente ferito, probabilmente nemmeno ha mai voluto ne facesse parte. Dopo due notti insonni si era imposto di provare a dimenticarlo, di aspettare di vedere come si sarebbe evoluta la situazione ma niente. Stiles si conosce troppo bene, è capace di serbare rancore ma non di uscire dalla vita delle persone in silenzio, senza affrontarle.
L'orario delle visite è quasi terminato quando arriva all'ingresso della terapia intensiva. Sa che è rischioso presentarsi a quell'ora ma forse, inconsciamente, vuole incontrare il compagno di Carlos, il suo rivale. "Se vuoi entrare non c'è più nessuno" gli dice l'infermiera della volta precedente.
Stiles ci pensa un attimo. Non ha molta voglia di vederlo attaccato a tutte quelle macchine. È sempre arrabbiato con lui e vederlo così indifeso gli farebbe venire ancora più voglia di urlargli addosso. Scuote la testa. "No, grazie. Posso sapere come sta?"
"Mi dispiace ma queste sono informazioni che non posso dare. Posso fingere di non vederti entrare nella stanza fuori dall'orario di visita ma non posso divulgare informazioni personali a chi non è autorizzato."
"Capisco. Grazie lo stesso" risponde per poi salutarla.
Esce dall'ospedale passando per il bar e in automatico cerca una figura diventata familiare. Trova Derek seduto da solo: ha la barba sfatta e gli occhi rossi. Stiles non può evitare di fermarsi. Prende da bere per entrambi e si siede al suo fianco. "Brutta giornata?"
Derek si sforza di sorridere ma gli esce una smorfia. "Pensavo stesse migliorando. Okay, è in coma ma i parametri erano stabili. E quando sono stabili vuol dire che le cose vanno bene, giusto?"
Sembra così disperato che Stiles non sa cosa dirgli. Gli prende una mano e gliela stringe. Derek prosegue. "Invece hanno parlato di possibile coma irreversibile. Dicono che se entro un mese non ci sono miglioramenti loro... non posso perderlo, Stiles. Non sono pronto."
Stiles sente quel dolore così simile al suo da restare senza fiato. Si stringe Derek addosso permettendogli di aggrapparsi a lui e viceversa. Non ha idea di quanto tempo restano un quella posizione ma entrambi hanno ripreso a respirare in modo regolare. "Mi dispiace."
Stiles gli accarezza una guancia. "Non hai nessuno qui?"
"Quello che resta della mia famiglia non ha idea delle reali condizioni di José. Non voglio caricarli di ulteriori preoccupazioni specialmente perché vivono lontano e non possono raggiungermi. E la famiglia di José... è complicato."
A Stiles si spezza il cuore. Derek sembra un ragazzo straordinario e non merita di restare da solo in questo momento. "Mi dispiace. Cosa ne dici se ti lascio il mio numero? Così puoi chiamarmi quando hai bisogno di fare due chiacchiere."
"No, grazie. Sei stato fin troppo gentile e non voglio disturbarti ulteriormente."
"Nessun disturbo. E poi aiutarci in queste situazioni è il minimo."
Derek sorride, questa volta per davvero. "I giorni scorsi, quando non ti ho più visto, ho temuto per tuo nonno. Ho chiesto all'infermiera e mi ha detto che non c'è più nessun anziano in terapia intensiva."
Stiles comincia a sudare: maledizione a lui e al suo vizio di raccontare palle! "Sì, è uscito dal coma un paio di giorni fa" mente.
"E perché non me lo hai detto?"
"Non mi sembrava giusto condividere una cosa bella dopo la notizia che hai avuto."
"Era proprio il momento giusto invece. Andiamo?" gli chiede Derek alzandosi.
"Dove?"
"A bere. Tu devi festeggiare e io dimenticare."
Stiles non pensa sia una buona idea ma non se la sente proprio di lasciare Derek da solo, non in quelle condizioni. Sono alla quarta birra e ancora Stiles non ha capito se andare lì è stata una buona idea o meno: Derek si è slacciato i primi tre bottoni della camicia e Stiles pensa che è da molto che non esce con ragazzo così bello. Certo, Carlos è molto bello ma Derek è... diverso. Stiles non sa come spiegarlo e il caldo che sente addosso non lo aiuta proprio per niente. "Devo andare in bagno. Ordini un altro giro?" gli urla Derek all'orecchio.
"Non è meglio se torniamo a casa? Io domani dovrei lavorare."
"Allora vai pure, tranquillo."
"E tu?"
"Non ho voglia di tornare in una casa vuota."
"Puoi venire da me. Ho delle birre in frigo."
"Farai il bravo?"
"Bravissimo. Parola di lupetto" promette.
Stiles è quasi sicuro di aver sentito Derek sussurrare un 'peccato' mentre si è girato per andare in bagno.
Le due birre diventano quattro e sono le tre di notte quando Stiles si accascia definitivamente sul divano. Derek, al suo fianco, non sembra essere messo meglio.
“Mi piace casa tua, è accogliente.”
Stiles si guarda intorno. “Cambio casa spessissimo ma questa piace anche a me.”
Appena termina la frase, Stiles sente un peso sulla spalla. Derek si è appoggiato a lui, ha gli occhi socchiusi e l’espressione sofferente. Non riesce a non pensare nemmeno da ubriaco, a quanto pare. Stiles, di istinto, gli passa una mano tra i capelli, cominciando ad attorcigliare le dita tra quelle ciocche nere.
“Due anni fa ha cambiato lavoro” dice Derek. “Prima faceva il poliziotto, poi... beh, essere omosessuale in quell’ambiente non è il massimo e si è dimesso. Solo che il lavoro di investigatore ha cominciato a portarlo via da casa per periodi lunghissimi. Era qui a New York da un anno, prima dell’incidente. In un anno l’ho visto tre volte, noi abitiamo in California. Non siamo mai stati così distanti e ora lui...”
Stiles lo stringe, se lo tira addosso, sentendo le sue lacrime bagnargli la maglia. Derek si calma dopo qualche minuto. “Scusami” dice, con gli occhi arrossati e un leggero sorriso. Stiles gli accarezza una guancia, ricambiando.
“Non scusarti” dice. “Ti va di andare a dormire? Ho un letto grande, non ti darò fastidio.”
Derek, inaspettatamente annuisce, prendendo la mano di Stiles che lo conduce in camera da letto. Entrambi scalciano via solo le scarpe, prima di mettersi sotto le coperte. Stiles vede Derek rannicchiarsi sul fianco e, nonostante la voglia di stringerlo sia tanta, lo lascia stare, girandosi sul fianco opposto e addormentandosi subito dopo, distrutto.
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Serendipity
FanfictionStiles ha sentito il cuore fermarsi quando l'ha saputo: Carlos non rispondeva a telefono da una settimana ma credeva fosse arrabbiato con lui dopo la furiosa discussione che avevano avuto, non che fosse in coma. Stavano insieme da sei mesi e a parte...