33. It's not your fault

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AGATA POV

Mentre seguo la receptionist fino all'ufficio di Cole cerco di ripassare mentalmente un qualunque tipo di discorso che giustifichi la mia improvvisata.

Cosa vorrei dirgli?
Nemmeno io lo so.

Non è colpa tua se tuo padre era un mostro?
Non sei mai stato come lui?
Ti perdono per quello che è successo?
Grace ha aspettato per anni il tuo ritorno?

Cole è un uomo fatto e finito ormai. E non so nemmeno se gli interessa essere rassicurato o perdonato.

Magari ha dimenticato tutto... Ma come si fa a scordare quel tipo di amore?
È troppo raro per finire semplicemente nel dimenticatoio.
E qualcosa mi fa pensare che stare lontano da Grace gli è costato uno sforzo immenso.

Busso delicatamente alla porta in vetro opacizzato che riporta una targa con il suo nome nel centro,

"Avanti", una voce matura e ferma risponde dall'altro lato, completamente diversa da quella del ragazzino che corteggiava la mia bambina,

abbasso lentamente la maniglia e varco l'ingresso con il cuore che scalpita nel petto,

"Ciao Cole", sussurro piano e le sue iridi si riempiono di emozioni e rimpianti, sembra passargli davanti una velocissima sequenza di ricordi passati,

"Buongiorno signora", si alza dalla sua poltrona in pelle e porge una mano nella mia direzione,

tiene le spalle dritte e il mento in su,

sempre composto, esattamente come me lo ricordavo.

"Agata va bene, sei adulto ormai", ci riprovo ma so che è tutto inutile,

"Si accomodi", prende di nuovo posto sulla sua seduta e intreccia le dita agghindate di anelli d'oro piuttosto sfarzosi sulla scrivania,

è piuttosto irrequieto, me ne accorgo dal fatto che si sta sforzando di tenere le mani ferme ma, allo stesso tempo, sento il suono del suo piede destro battere contro il pavimento.

"Tutto bene?", mi ritrovo a domandargli, come se fosse di nuovo quel diciassettenne che chiacchierava con mia figlia adolescente sotto la finestra della mia cucina,

"Non è facile", risponde con una punta di tristezza nella voce e io rimango senza parole perché in modo del tutto spontaneo mi ha dato un piccolo spiraglio per leggergli dentro.

Solo con Grace si lasciava andare.
Solo con Grace riusciva ad aprire il suo cuore.
Solo con Grace sembrava rinascere.

"Lo capisco ma non hai niente per cui giustificarti, Cole",

lui capisce immediatamente a cosa mi sto riferendo e le sue spalle si abbassano di colpo mentre le sue dita si distendono,

"Avrei dovuto farlo ventotto anni fa, signora. Ora non serve a nulla", sospira abbassando gli occhi,

"Saresti dovuto tornare ventotto anni fa. Non ti devi scusare di niente, non è stata colpa tua",

le nostre iridi si scontrano e la tacita gratitudine che leggo nelle sue mi fa tremare il cuore,

per quanto possa essere cresciuto, non ha mai smesso di aver bisogno di rassicurazioni.

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