8.

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Non vidi altro che oscurità per interminabili secondi. Mi trovavo in uno spazio aperto, l'unica luce presente in quel luogo proveniva da un buco situato sopra la mia testa. Ero seduta su un pavimento freddo, tornai in piedi dopo aver accuratamente ispezionato la zona. Non c'erano né porte, né finestre. Da nessuna parte. Nessuna uscita. Avanzai di qualche passo, addentrandomi ancora di più nell'immensa oscurità. Il rumore dei miei passi e del mio respiro pesante, dovuto all'attacco d'ansia che sentivo attanagliarmi il petto, erano le uniche cose che risuonavano in quell'oscura distesa. Più andavo avanti per la mia strada, meno ero sicura di star proseguendo per la direzione giusta. Mi guardai intorno più volte, spaventata dall'idea che Jaana o qualsiasi altra cosa potesse spuntare da un momento all'altro e trasformarmi in una rana o robe simili. Mi fermai realizzando ciò che avevo appena pensato. La magia non esiste, giusto? Questo è in realtà un sogno...Mi sarò addormentata subito dopo cena, questo è sicuro. Eppure, una parte di me mi spinge a credere. Forse è per questo che nonna Anastasia mi voleva regalare la collana e...la lettera. Mi appuntai mentalmente di leggerla non appena tornata nel mondo dei vivi.

Sospirai mordendomi un labbro. Mi strofinai le mani sulle spalle, cercando un po' di calore dopo che un brivido gelido mi percorse la schiena. "Elena" tesi l'orecchio guardandomi intorno disorientata. "Jaana?" vidi una scia di luce rosa passarmi davanti al naso e fluttuare alla mia destra. La seguii con lo sguardo. Proseguiva, brancolando nel buio imperterrita e la vidi fermarsi solo quando era diventata ormai solo un puntino lontano. Immediatamente le mie gambe si mossero, seguendo la scia che aveva lasciato lungo il tragitto. Più mi avvicinavo più mi sembrava di scorgere una porta aperta.

Jaana era sulla porta che mi aspettava, sorrideva e indicava con gli occhi la porta, incitandomi ad affacciarmi. Appoggiai una mano allo stipite e mi sporsi, entrando parzialmente dentro a quella che sembrava essere casa di nonna Anastasia. Le mie sopracciglia però si corrugarono. Il ripiano sopra al camino non era pieno di cornici che ritraevano le nostre foto di famiglia, era spoglio e impolverato. Feci un passo e mi ritrovai al centro della stanza. Il tappeto che nonna aveva comprato sei anni prima non c'era più, i miei piedi ricoperti solo dai calzini si raffreddarono subito al contatto con il parquet gelido.

Le pareti dipinte di un verde scuro mi fecero sentire soffocata, non dandomi la sensazione di casa, come quando andavo da nonna. Spostai lo sguardo verso sinistra e il mio cuore si strinse non vedendo la mia poltrona preferita al solito posto. Anche il divano non era lo stesso, era di un'orribile marrone scuro che appesantiva ancora di più l'atmosfera nella stanza. Mi girai verso Jaana, che aveva appena attraversato la porta e si trovava in quel momento di fianco a me. Volava all'altezza del mio viso e si guardava attorno con sguardo malinconico. Sentii delle risate provenire dalla cucina e, spinta dal cenno che la "fata" mi fece col mento verso la porta, la attraversai nascondendomi con la faccia dietro allo stipite della porta scorrevole della cucina.

Sentii l'anima scivolarmi via dal corpo e il respiro mancarmi quando, seduto al tavolo in cucina, vidi mio nonno. Nonno Marcus. Per un secondo pensai di starmi immaginando tutto, ma dandomi un pizzicotto talmente forte da farmi sussultare capii che no, non era un sogno.

Persi un minuto o due a osservarlo conversare con nonna, impegnata a lavare i piatti con un'espressione serena in volto. Aveva quelle familiari rughe attorno agli occhi e alla bocca, gli occhi verdi sempre luminosi e la fede al dito, quella che ero ormai abituata a vedere appesa al collo di nonna Anastasia. Si rigirava tra le dita la catenina che gli aveva regalato suo padre, come aveva ripetuto nei suoi innumerevoli racconti. Sorrisi immaginando come sarebbe stata la mia vita se non fosse morto. Racconterebbe ancora della sua adolescenza e di come lui e nonna si erano incontrati.

All'improvviso realizzai quanto familiare fosse quel preciso momento. Come un deja-vu, lo vidi ripetersi davanti ai miei occhi, ma da un altro punto di vista. Spostai di riflesso lo sguardo nella sedia posizionata a capotavola, di fianco al nonno. Spalancai gli occhi e senti i miei respiri appesantirsi. C'era una bambina, su quella sedia. I capelli ricci sciolti sulle spalle e qualche lentiggine sul viso, che riuscivo a intravedere nonostante la distanza. Quella bambina ero io. Scossi la testa continuando a fissarla. Io non mi ricordo di questo momento. Come faccio a non ricordarmelo? Io mi ricordo tutti gli istanti vissuti con nonno.

C'è magia nell'ariaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora