capitolo 3

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Simone sente il cuore battergli nel petto a un velocità imbarazzante. La bellezza di Manuel lo folgora, come se i suoi occhi avessero conservato per mesi qualcosa, uno spazio, e avessero atteso mesi perché questo venisse riempito. Come quando visiti un posto, o mangi un cibo buonissimo, e ti rimane il ricordo vivido di un'esperienza catartica, la cosa più vicina alla bellezza. Un'emozione così forte che somiglia all'estasi, costantemente pulsante in un angolo della mente, e tu vivi la tua vita con la consapevolezza di dover fare qualcosa, di dover riempire quello spazio vuoto lasciato dal ricordo, ma non ricordi cosa.

Adesso, seduto di fronte a Manuel che lo guarda con quegli occhi che lo hanno amato così tanto, anni fa, Simone riesce a vedere il puzzle completo. La sua linea del tempo è un cerchio perfetto, un serpente che si mangia la coda. Andrebbe contro il tempo pur di soddisfare la fame di rivedere quel viso ogni giorno.

Manuel, dall'altra parte, prova qualcosa di simile. Nonostante il dolore vissuto abbia sottratto ai suoi occhi qualunque debolezza, e ora non lasciano intravedere alcun tipo di emozione, il cuore scalpita. Sente una specie di pelle d'oca, ma non è reale. È la percezione di qualcosa di intangibile, qualcosa di gelido e bollente al contempo. Il contrasto di ciò che potrebbe essere - e che era - e ciò che non sarà più. 

Gli trema la voce nonostante non stia parlando. Sente vibrare la gola da quando l'ha salutato. Amare così tanto non deve essere per niente sano. 

Seduti l'uno di fronte all'altro, per un attimo Simone si scorda perché gli ha chiesto di vedersi. Gli sembra invece come se avessero deciso all'unanimità di mettere da parte ogni rancore soltanto per guardarsi negli occhi un'altra volta.

Peccato che non sia così.

"Come- come stai?" chiede Simone, dopo essersi schiarito la voce. È come se stesse parlando contro un muro invisibile. Parte di sé è convinta che non riceverà risposta.

"Bene, dai." risponde Manuel, mandando giù a fatica l'imbarazzo. Si sforza di sorridere, cordialmente, come fanno gli adulti che si incontrano. Ha pulsante, in mente, la curiosità. Vuole sapere cosa ci fa qui. "Tu?" aggiunge, per non risultare troppo freddo. Odia il fatto di dover misurare le parole con Simone, di dover camminare in punta di piedi sui discorsi. Pagherebbe perché il disagio si dissolva in questo istante per tornare, se non com'erano tre anni fa, almeno all'impaccio tenero dei loro primi incontri.

"Io? Mh, non lo so." ride Simone. "Bene." corregge, subito dopo. Parlare dei suoi sentimenti con Manuel non gli sembra, in effetti, la più grande delle idee.

Manuel annuisce. Si guardano, poi distolgono lo sguardo per evitare di rimanerci intrappolati. Per fortuna un cameriere interrompe il loro silenzio, e i minuti che seguono sono riempiti solo dal loro confabulare come una vecchia coppia sposata riguardo quale sia, secondo l'altro, il piatto migliore, o del tempo, o del lavoro.

Manuel accenna qualcosa al fatto che sta lavorando in una scuola superiore. Insegna filosofia, e fa strano anche a lui, soltanto a dirlo. Gli fa ancora più strano dirlo a Simone, che gli ha fatto da spalla per tutti i suoi studi, fin da quando era un ragazzino deciso ad abbandonarli. Adesso che Simone non è più al suo fianco quotidianamente, condividere con lui i suoi successi gli sembra un po' uno spreco. Come se non meritasse di saperlo, dato che se ne è andato.

Simone tuttavia si mostra interessato, gli dice che è contento che sia riuscito a fare il lavoro che ha sempre sognato. Un però lo uccide l'idea di non essere stato lì a festeggiare quel successo appena avvenuto.

"Qua non la fanno, la carbonara..." commenta Manuel, ironico, guardando il menù. Cambia discorso perché vuole scacciare i mille pensieri dalla mente, pensare come una persona normale e priva di paranoie, per una volta.

PARLI ORA (o taccia per sempre)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora