capitolo 4

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Quattro anni prima

Simone e Manuel sono sdraiati nel giardino della villa, sul cemento a bordo piscina. Non stanno molto comodi: fa freddo e l'ingombro dei giubbotti li disturba, però non hanno alcuna intenzione di rientrare e abbandonare questo posto.

Ricordano, guardando il cielo testa contro testa, di quando erano ragazzi e facevano lo stesso. Delle sere dopo scuola, quando Manuel veniva a dormire da Simone che l'aveva invitato con la peggiore delle scuse, e poi facevano le ore piccole per restare l'uno vicino all'altro a guardare le stelle, con Simone in silenzio ad ascoltare le spiegazioni di Manuel, perlopiù filosofiche e noiose. Tuttavia, il solo fatto che a raccontare fosse Manuel le rendeva interessanti. La chiamavano amicizia, questa ricerca l'uno dell'altro di riparo, nelle parole, nello sfiorarsi impercettibilmente, per sbaglio, stesi fianco contro fianco.

Adesso non hanno più sedici e diciassette anni, ma ventitré e ventiquattro quasi, eppure non è cambiato niente. Simone continua a guardare estasiato Manuel, mentre lui indica le stelle e parla. Capita spesso che si perdano a ricordare quei periodi, forse perché sono sempre stati, inconsciamente, l'uno nella vita dell'altro. L'unica differenza è la consapevolezza che ora decidono di accogliere e che caccia quella nuvola di disagio che offuscava i loro incontri e i loro dialoghi.

"Te la conosci, la teoria dell' In-Yun?" chiede a un certo punto Manuel, abbandonando il cielo con lo sguardo e spostandolo su Simone. La differenza è a malapena percettibile. Manuel pensa che siano belli allo stesso modo.

"No."

"L'ho sentita in un film." spiega Manuel "È una credenza antica, coreana."

"E che dice?" domanda Simone, affamato delle sue parole. Si aggrappa alle dita di Manuel con le proprie, e ora le loro braccia sono dritte verso le stelle e le loro dita intrecciate puntano la luna.

"Dice che quando due persone si incontrano e rimangono l'una vicino all'altra, oppure no, sfiorandosi soltanto un secondo, significa che c'è stata una forte connessione nelle loro vite passate. In pratica è l'universo che ci guiderebbe verso certe persone, poi sta a noi capire se approfondire o no questo incontro. Però non è accidentale." racconta Manuel, sognante.

"Quindi siamo burattini nelle mani del destino?" incalza Simone.

"No. Siamo pezzi di realtà destinati a incontrarsi. Il resto, la conoscenza, dipende da noi. Tipo tasselli di un puzzle, capisci? Tipo che nelle mille realtà che attraversiamo ce stamo sempre noi, sempre vicini, a formare sempre un pezzo della figura, anche se la figura è sempre diversa. Poi, se noi ce vogliamo incontrà ancora, se vogliamo approfondì in tutti gli universi, allora il puzzle se completa."

"E se no?"

"E se no gnente, Simò. Sennò il puzzle resta com'è, ma tutto il resto è diverso." conclude Manuel, con un lieve sospiro di rassegnazione. L'idea di un universo in cui i due pezzi di puzzle che rappresentano loro stanno distanti, ai due vertici opposti della cornice, non è compatibile con la sua. Una realtà del genere rimane impensabile per lui.  

"E secondo te io e te ce l'abbiamo, questa cosa?" domanda Simone, stringendo le dita di Manuel tra le sue un po' più forte di prima, come per ricordargli la sua presenza reale in questo istante, in questa vita, indipendentemente dalle persone incontrate nelle vite passate, da quelle rimaste, da quelle scontrate una volta e poi mai più.

"Secondo me ce l'hanno tutti, ma io e te abbiamo deciso di assecondare l'universo e non posso crede che l'universo ci abbia posti sulla stessa strada chissà quante volte senza nessun motivo."

PARLI ORA (o taccia per sempre)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora