Capitolo 8 - Il biglietto.

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Il mattino seguente, Charles si alzò presto con un'idea ben precisa in mente. Senza fare rumore, scivolò nello studio del padre, accese il computer e si mise a cercare informazioni sulla Smith & Co., l'agenzia che, secondo quanto aveva saputo, stava indagando sempre più a fondo su questioni legate al siero "Giovane Vecchiaia". Il pensiero di sabotare i piani di Carlo e Tommaso lo motivava enormemente.

Man mano che scorreva le informazioni sull'agenzia, Charles ebbe un'intuizione brillante: se avesse potuto osservarli da vicino, magari avrebbe potuto ottenere più informazioni. Spiare direttamente alla fonte era un rischio, però, ma lui sapeva di potersi muovere senza essere visto. 

Così, lasciato il computer acceso in tutta fretta, uscì dallo studio e si diresse verso la sede della Smith & Co., una struttura relativamente anonima, circondata da uffici e negozi che gli permettevano di passare inosservata.

Non appena arrivò nelle vicinanze, Charles si appostò in un angolo del vicolo da cui poteva controllare l'ingresso principale. Restò in attesa, paziente, osservando con attenzione chi entrava e chi usciva. La prima persona che notò fu Jackson, riconoscibile per i suoi abiti eleganti e l'espressione tesa. Dopo di lui apparvero Margaret, Faust e Steven.

Charles sapeva di dover tenere d'occhio ognuno di loro: ogni loro passo poteva rivelare informazioni preziose. Ma fu in quel momento che una figura attirò la sua attenzione come un lampo. Vide Elisabeth Jones attraversare la strada e dirigersi con passo deciso verso l'ingresso dell'agenzia. La sua bellezza ed eleganza spiccavano anche nella luce grigia del mattino.

Charles si sentì immediatamente attratto da lei, come ipnotizzato. "Sarà sicuramente una nuova collaboratrice dell'agenzia", pensò, poi, fece due passi indietro, addentrandosi in un vicolo semi buio lì vicino. Cercando di calcolare il momento giusto, colpì con forza un bidone di metallo, che emise un clangore assordante, poi scappò via, svanendo nel buio della strada. Quel suono rimbombò tra le pareti degli edifici circostanti, e ciò attirò l'attenzione di Elisabeth.

Elisabeth si fermò di scatto quando udì il rumore metallico risuonare dall'ombra di quel vicolo e un brivido le corse lungo la schiena, ma la curiosità ebbe il sopravvento. Guardò intorno per assicurarsi che nessuno stesse osservando, poi si avvicinò lentamente verso la fonte del rumore.

Nel buio del vicolo notò qualcosa a terra: un piccolo biglietto spiegazzato, mezzo nascosto sotto una lattina. Lo raccolse, domandandosi chi potesse averlo lasciato lì. Aprì il biglietto con mani leggermente tremanti e lesse poche parole, scarabocchiate in fretta: "Se avete trovato il foglio rivelato, qualcuno è stato scorretto, un fatto accertato. Guardatevi bene, siate attenti! Chi velo ha mostrato è un truffatore ardente. Nell'ufficio Smith entrate con ardore, cercate per bene, siate dei valorosi esploratori, un oggetto comune, dall'aspetto innocente, ma il suo contenuto sarà assai intrigante. Jacob."

Elisabeth, col cuore che batteva forte, rilesse il messaggio criptico di Jacob. Ogni parola pareva contenere un indizio che premeva per essere svelato al più presto. Senza perdere altro tempo, raggiunse rapidamente l'ingresso della Smith & Co., dove la sua strada fu bloccata da Abraham, il padre di Jackson.

«Elisabeth! Cosa ti porta qui di così mattutino?», le chiese con un tono accogliente.

«Signor Smith, devo parlare con Jackson e Margaret. È davvero urgente», rispose Elisabeth, cercando di mantenere il tono serio. Sperava che Abraham non indagasse oltre.

«Fa parte dell'indagine su Valente?», domandò lui, con aria interrogativa.

Elisabeth esitò per un istante, «No, è un'altra cosa... posso vederli?».

Abraham sospirò, poi decise di lasciarla passare, «Va bene, Elisabeth. Sono nell'ufficio di mio padre», disse, facendole un cenno con la mano.

Elisabeth lo ringraziò con un rapido movimento della testa e si affrettò verso l'ufficio. E mentre attraversava il corridoio, sentiva il battito del suo cuore accelerare. Il messaggio di Jacob ronzava nella sua mente.

Quando raggiunse l'ufficio di George, si trovò davanti alla porta chiusa. D'un tratto, si rese conto che avrebbe dovuto pensare bene a come presentarsi. Diede un colpo leggero alla porta e, dopo un attimo, sentì la voce di Margaret rispondere, «Avanti!».

Entrò e trovò Jackson e Margaret seduti intorno a una grande scrivania, immersi in una conversazione, mentre Faust e Steven erano appoggiati al muro, vicino alla finestra, che ascoltavano i ragionamenti dei fratelli Smith.

«Elisabeth! Che sorpresa vederti così presto! Non dovevi andare a lavorare alla EniCosmetiks?», esclamò Margaret, con un sorriso che cercava di nascondere la curiosità.

«Sì, ma oggi ho il turno pomeridiano, quindi ho pensato di venirvi a trovare per sapere se avevate delle novità sull'indagine. Ma mentre attraversavo la strada per venire qui ho sentito un rumore spaventoso provenire da un vicolo. Io ho seguito il suono e ho trovato per terra un biglietto su cui è scritto un messaggio che potrebbe rivelare qualcosa di cruciale».

La stanza si fece silenziosa mentre gli sguardi dei presenti si concentrarono su Elisabeth. Jackson, appoggiato con le mani sulla scrivania, si fece serio, «Un biglietto? Di che tipo di messaggio parli?».

Elisabeth si avvicinò e tirò fuori il biglietto spiegazzato dalla tasca, porgendolo a Jackson. «Leggi tu stesso. È firmato da Jacob, credo forse Jacob Valente... la...», tremò la voce della bionda.

«Vittima della nostra indagine...», mormorò Jackson, finendo la frase.

Faust, che era in ascolto, si grattò il mento, avvicinandosi, «Curioso», disse, con tono cupo.

Jackson lesse il biglietto con attenzione, le sue sopracciglia aggrottarono in un'espressione che Elisabeth non riusciva a decifrare del tutto. Quando poi alzò lo sguardo, ci fu un lampo di sorpresa e una punta di tensione nei suoi occhi, «Se questo biglietto è davvero di Jacob Valente, allora potrebbe trattarsi di una prova importante per la nostra indagine... o di un tentativo ben orchestrato per sviare la nostra attenzione, il che lo trovo più plausibile. E che tempismo per trovarlo proprio adesso, vero, Elisabeth? Proprio vicino alla mia- ehm, agenzia di mio padre?».

Faust ridacchiò, poi iniziò a camminare per la stanza. Data la canotta bianca che indossava, il suo tatuaggio si muoveva con lui, un effetto che quasi ipnotizzò gli occhi di Margaret che seguivano come quel ragno faceva avanti e dietro, «Le coincidenze non sono buone se si parla di indagini. C'è qualcuno che ci sta cercando di boicottare, e i miei sospetto ricadrebbero di nuovo su quei due italiani, i Davanti, a mio parere tutto tranne che innocenti».

Steven si spostò dalla finestra e si avvicinò a Jackson e Faust, «Quindi, dici che forse potrebbe essere una buona idea cercare di verificare l'autenticità del biglietto?».

Faust annuì, «Esatto, Steve. Era proprio quel che volevo dire», rispose, poi osservò attentamente Elisabeth, «Tu hai detto di averlo trovato per caso, proprio qui vicino all'agenzia, giusto?».

«Esattamente. Un rumore mi ha attirata lì e l'ho trovato per terra», rispose Elisabeth.

Jackson si grattò la testa, poi, con un cenno deciso, propose, «Bene, se davvero in quel biglietto è nascosto un messaggio per noi, e qualcuno ha voluto che lo trovassimo, è meglio cominciare a cercare. Prendo in considerazione l'idea di Steve e Faust: iniziamo cercando gli altri due Valente. Ho letto che gli altri due fratelli sono rimasti qui, Jonathan e Justin...».

«E chi meglio di loro potrebbe dirci se il biglietto è realmente scritto da Jacob?», interruppe Margaret, che al momento, allontanata dalla distrazione del tatuaggio di Faust, si trovò concentrata ad ascoltare le dinamiche della discussione.

«Accidenti!», esclamò Jackson, «Mai una volta che mi facessi finire di parlare!?».

«Sono tua sorella, lavoro anch'io qui, e sono brillante tanto quanto te, Jack», ammiccò Margaret.

Jackson scosse la testa, ma un sorriso comparve sulle sue labbra, «Va bene, Margaret, te lo concedo solo perché, in fin dei conti, ti voglio bene», disse, sorridendo, poi la sua espressione si fece subito più seria, «E anche perché sei una brava detective».

Elisabeth seguì con lo sguardo il loro scambio, notando quanto fosse determinata la famiglia Smith. Poi, sentì la tensione sciogliersi un po', e con un profondo respiro, si fece avanti, «Allora, da dove cominciamo?».

Jackson le rivolse uno sguardo diretto, «Secondo te, cosa? Andiamo a trovare i fratelli Valente».

Enigley. (Il caso della G. V.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora