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Camera sua era un turbine di oggetti sparsi ovunque. Le maggior parte delle foto erano state staccate dal muro e giacevano per terra inanimate come le foglie d'autunno che cadono dagli alberi.
Il suo armadio era stato aperto e da lì fuoriuscivano tutti i vestiti come se li avesse rivomitati fuori.
Sua madre era al centro della stanza, un rivolo di sangue usciva dal suo naso, e andava a impregnare la sua camicia bianca ora sgualcita.
"Mamma!" urlò Ruby fiondandosi a terra e prendendo con delicatezza la testa della madre e portandola al grembo.
Con enorme sollievo, Meredith respirava ancora, e per la tensione Ruby lasciò sfuggire una lacrima che andò a imperlare la sua guancia.
Sentiva il battito del suo cuore fin dentro le orecchie e in gola, e le sembrava quasi di poter sputare il cuore se avesse parlato. O forse stava solo per vomitare.
"Ruby.." con un rantolo sua madre si svegliò, e portò subito una mano sul suo viso per accertarsi che stesse bene.
"Non è più sicuro qui" sua madre aveva di nuovo gli occhi completamente bianchi e vitrei, e di nuovo si chiese se non fosse frutto del suo terrore o sua madre aveva davvero usato il suo potere.
"Chi è stato a farti questo..?" le chiese asciugandole il sangue con un fazzoletto che aveva in tasca.
Era frastornata, e non riusciva a realizzare che quella stesa a terra sarebbe dovuta essere lei. Ma a differenza di Meredith, lei sarebbe solo un corpo freddo e inanimato.
Il suo pensiero volò a Sam che la aspettava sulla strada e sperò che in qualche modo venisse ad aiutarla.
"Ce la fai ad alzarti?"
Sua madre annuì e si tirò su, frastornata e dolorante.
"È stato un Angelo Caduto" le disse con urgenza nella voce "Dobbiamo andarcene, far perdere le tue tracce"
"E dove mamma, non abbiamo nessun posto in cui stare" Ruby si era messa di fronte a lei, e sosteneva il suo sguardo ancora vitreo.
"Perché sono così importante per loro?" la sua voce era ferma, più di quanto si aspettasse. Aveva bisogno di sapere, sapere per poi affrontare il suo destino. Non sarebbe scappata, perché altrimenti avrebbe significato scappare per tutta la vita, e lei quello non lo voleva fare. Non voleva mettere in pericolo nessuno attorno a lei, ma se proprio doveva farlo, preferiva che la questione finisse lì.
"Non lo so"
Sembrava sincera, eppure a Ruby venne comunque una gran voglia di saltarle addosso.
Sua madre era dritta di fronte a lei, la porta dietro ancora spalancata affacciava sul salone vuoto. Vide un'ombra saettare nell'oscurità, e la ragazza fece appena in tempo ad avvertire sua madre.
Meredith si voltò e vide la creatura che le saltava addosso, ma fu più veloce e si accasciò appena in tempo perché questa atterrasse al suolo con un rumore di melma appiccicosa e un sibilo.
"Ruby scappa!" le gridò sua madre, ma la paura la stava paralizzando.
Non riusciva a muoversi, sentiva le gambe pesanti che la incollavano al pavimento come se questo fosse diventato sabbie mobili.
La cosa era ancora a terra, gorgogliante.
Un liquido melmoso e scuro colava dalla sua figura imponente, e a Ruby sembrava quasi si stesse sciogliendo.
"Ruby, ora ascoltami" era sua madre che con le braccia aperte, come per attirare l'attenzione su di lei, le si avvicinava piano piano "Voglio che esci da qui e te ne vai, corri più lontano che puoi e non torni più indietro"
"Non posso lasciarti qui mamma!" protestò la ragazza. Sentiva e vedeva tutto come se fosse al rallentatore.
"Ruby, forse queste creature stanno cercando tuo padre"
Attorno a Meredith un'aurea luminosa aveva iniziato a pulsare, e le sue dita assomigliavano sempre di più a quelle di uno scheletro.
Cosa c'entrava suo padre? Era stata lei a dirle che era morto. Sentiva la testa esploderle di pensieri, un frastuono che si andava a mescolare con il rumore accelerato del suo battito.
"Forse pensano che il modo più veloce per arrivare a lui sei tu" le spiegò sua madre, che guardava con preoccupazione la creatura che sembrava come immobilizzata.
Ruby la guardava intensamente, non riuscendo a togliere lo sguardo da essa, per quanto ripugnante e maleodorante. Aveva paura che distogliendo lo sguardo se la sarebbe ritrovata addosso e non avrebbe più avuto la possibilità di salvarsi. L'idea di gettarsi dalla finestra iniziò a frullare nella sua mente, sperando che Sam si sarebbe accorto del movimento e avesse fatto qualcosa.
"Ma papà è morto!" c'era disperazione nella sua voce, quella che di solito ti assale quando non riesci più a capire cosa sta succedendo.
Sua madre non ebbe il tempo di rispondere. La creatura fece sbucare dei tentacoli viscidi che terminavano con degli aculei appuntiti, che saettarono tutti verso sua madre. La donna spalancò la bocca in un urlo silenzioso, e la luce che aveva iniziato a circondarla debolmente, ora si fece un bagliore incessante che le ferì gli occhi.
Ma il Demone l'aveva colpita, aveva affondato i suoi disgustosi artigli nel corpo cinereo di sua madre iniettandole veleno mortale. Nel contempo però la luce stava consumando la pelle squamosa della creatura, lasciando scoperte ossa affilate e grondanti liquido scuro.
Fu impossibile non vedere il bagliore che rischiarava la stanza al secondo piano, e Sam avrebbe riconosciuto l'odore della morte anche da chilometri di distanza. Lui se ne nutriva.
Si precipitò su per le scale, e sfondò la porta d'ingresso con una spallata.
Le urla di Ruby arrivarono immediatamente alle sue orecchie. Quella casa non era mai stata tanto luminosa.
Meredith era ridotta quasi ad uno scheletro, poiché per proteggere sua figlia stava usando tutta la sua forza vitale.
Ruby urlava di dolore, rifiutandosi di chiudere gli occhi. Era impotente.
"Mamma basta!" urlava tra le lacrime, ma ormai lei non la sentiva più. Da quella distanza Ruby si accorse che le labbra della donna, ormai sfigurata anche nel volto, recitavano una preghiera fitta.
Sam estrasse il pugnale luminoso che aveva portato con sé, considerandolo sempre una buona opzione quando non aveva altre armi a disposizione.
Mirò ai tentacoli del mostro infilati nello stomaco e nel cuore di Meredith, e con un unico lancio li recise, spezzando l'unione dei due. Il Demone urlò e si contorse, sgretolandosi sotto l'ultimo bagliore dell'Angelo Custode.
"Mamma!" Ruby gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, la voce rotta e gli occhi doloranti, e si gettò verso sua madre.
"Non farlo" era Sam, ma non aveva idea da dove provenisse la sua voce. Vedeva solo sua madre riversa a terra, ma più si avvicinava più si accorgeva che di lei non era rimasto nulla.
Sam la raggiunse con ampie falcate, placcandola prima che lei potesse gettarsi a terra per abbracciare le ossa di sua madre.
Il ragazzo urlò di dolore quando le mani di lei si aggrapparono alle sue e graffiavano per potersi liberare. La sua stretta era forte, e non l'avrebbe mollata per nulla al mondo, ma le scottature che lei gli stava provocando facevano sempre più male.
Ruby sembrò vedere la scena come dietro un vetro opaco. Sua madre era ridotta ad una figura mezza nuda, i vestiti strappati, le ossa che in alcuni punti mangiavano la carne e venivano fuori come iceberg dall'acqua scura.
Gli occhi erano ancora vitrei, ma a Ruby sembrava che fossero rivolti verso di lei, in un ultimo sguardo d'amore.
Sentiva un grido in lontananza, come se tutto quello non appartenesse a lei, alla sua realtà. Forse stava ancora dormendo. Ma la gola le bruciava, assieme agli occhi, e sentiva la presa forte di Sam che la stringeva all'altezza del petto.
"Mammaaa!" un grido straziante che entrò nelle ossa di Sam e le fece vibrare dall'interno. Non aveva mai sentito qualcuno urlare in quel modo.
"Basta Ruby andiamo via"
Si dimenava nella sua presa, le mani completamente ustionate e la pelle che si sfaldava mostrando carne viva. Ma Sam non mollò e riuscì a portarla fuori.
Più la sua camera si allontanava, più Ruby smetteva di lottare e divincolarsi. Semplicemente si abbandonò fra le braccia di Samael, che la trascinava via come un peso morto. Sentiva il tanfo della carne di lui ormai bruciata e sentiva l'odore metallico del sangue.
Nulla aveva più senso. Aveva perso tutto. Sua madre, la sua casa, le certezze erano crollate e con loro anche la sua mente. Tutto si stava sgretolando davanti a lei come un castello di sabbia abbattuto da bambini capricciosi. Ma lei non aveva nessuno a cui dare la colpa, e nel forte e tremendo dolore, nella pazzia che la morte violenta di sua madre le aveva lasciato, trovò in sé stessa la perfetta vittima sacrificale. Si sarebbe lasciata morire, macerando nell'agonia del dolore e crogiolandosi nella speranza che una volta morta avrebbe potuto rivedere la sua famiglia. Era così che funzionava la morte no? Non era sempre quello che quel Dio in cui sua madre credeva tanto predicava? E allora così sia.
Si abbandonò fra le sue braccia e lasciò che lui la rigirasse per portarla via. Chiuse gli occhi e si fece cullare dal suo passo svelto e regolare. Forse si addormentò, o forse rimase sveglia. Non avrebbe saputo dirlo. Quando chiudeva gli occhi però vedeva sua madre che spalancava la bocca e il suo urlo silenzioso le rimbombava nella testa come un fischio.
Sentì il freddo di Manhattan intrufolarsi nei suoi pantaloni e salirle lungo le gambe, ma nemmeno quello servì per farla svegliare.
Il tempo si mescolava davanti a lei, che non avrebbe saputo dire se fossero passati giorni o ore da quando Sam l'aveva portata via e l'aveva coricata sul suo letto.
Per due giorni si era preso cura di lei, che rifiutava però di mangiare o alzarsi.
Ad un certo punto però la fame e l'urgenza di andare in bagno ebbero la meglio, e quando si alzò tutto le vorticava attorno, la stanza ondeggiava sotto i suoi piedi e sembrava invitarla a tornare di nuovo nel letto. Cominciava quasi ad odiare il fetore che queste emanavano, ma rigirarsi in eterno lì dentro le sembrava comunque meglio di tornare a vivere in un mondo dove sua madre non c'era più, e dove lei non era più al sicuro.
Barcollò fuori dalla stanza, non aveva idea di dove fosse il bagno, ma sperò comunque che Sam non fosse a casa. Non aveva voglia di vederlo.
"Ben alzata principessa" l'ironia nella sua voce la raggiunse da un angolo imprecisato della casa. Non riusciva a vedere chiaramente a più di un metro da lei e dunque procedette a tentoni. Sentiva la testa leggera, ma al tempo stesso attanagliata da una morsa dolorosa.
"Sapevo che prima o poi ti saresti alzata" il ragazzo comparì nel suo campo visivo come se fosse appena sbucato da un sogno. Era avvolto in una sorta di nebbia bianca, ma non riusciva comunque a distinguere chiaramente i suoi lineamenti.
"Ora siediti forza" fece per avvicinarsi ma le sue mani si mossero come d'istinto. Afferrò il suo braccio prima che questo potesse avvicinarsi a lei e con una spinta decisa lo allontanò.
Debole com'era, Ruby era convinta di non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, eppure da qualche parte il suo corpo aveva trovato quei riflessi e quella forza e li aveva messi insieme.
"A quanto pare non sei umana nemmeno tu" borbottò Sam, che si massaggiò il braccio, ferito più nell'orgoglio che nel corpo.
"Dov'è il bagno?" chiese brusca. La sua voce le suonava metallica, lontana. Erano giorni che non parlava e aveva quel tono di chi si è appena ripreso dal mal di gola.
"Nella stanza là in fondo"
Ruby rimase immobile, colta da un improvviso capogiro.
"Ho fatto il caffe. Vatti a sdraiare ti porto qualcosa" Sam la guardò dall'alto, e in un momento di lucidità notò che i suoi capelli erano leggermente più lunghi e trovò buffo quanto velocemente gli stessero ricrescendo.
Fece come le aveva detto, e quando tornò, con una tazza fumante in mano, le apparve come una visione. Era alto, più di quello che ricordava. I suoi occhi scuri erano velati di preoccupazione che Ruby sapeva non sarebbe stato disposto ad ammettere. La travolse un'ondata di gratitudine, che riuscì a stento a contenere.
Le poggiò la tazza sul comodino e si allontanò velocemente. Non si era accorta che le sue mani erano bendate.
Il liquido scuro entrò in circolo nel suo corpo, calmandole il mal di testa e la fame. Il suo stomaco sembrò rilassarsi, regalandole un enorme sollievo.
Sam era uscito, e ricomparve solo quando lei ebbe finito di bere il caffè, con un piatto contenente due toast generosamente farciti.
Ruby seguì come incantata il muscolo del suo braccio che si contrasse non appena lui le porse il piatto.
"Grazie"
Sembrò non sentirla nemmeno.
Ruby si riempì della sensazione del cibo che le scendeva nello stomaco, e per un momento dimenticò tutto. Dimenticò tutto quello che era accaduto, di sua madre e di lei. Mentre finiva voracemente il cibo che il ragazzo le aveva preparato fece un tacito accordo con sé stessa. Decise che non ci avrebbe più pensato. Non avrebbe più pensato a cosa era stata quella che le sembrava la sua vita precedente.
Non aveva idea di cosa avrebbe fatto nel futuro, ma di sicuro non sarebbe tornata indietro. Sarebbe morta nel tentativo di risolvere il mistero di suo padre, tanto ormai non aveva più nulla da perdere. Nessuno sarebbe più stato in apprensione se lei non fosse rientrata la sera, o se aveva qualche taglio che le sfregiava il volto. Ruby decise che era il momento di prendere in mano la sua vita, e capire per quale motivo sua madre le aveva nascosto tutti quei segreti. Non avrebbe più pensato a lei, nemmeno quando Sam le porse un'altra tazza di caffè, che a Meredith tanto piaceva bere. Lei voleva lottare, o morire nel tentativo di fare luce sulla sua vita.
"Mi dispiace per le mani" sembrò ricordarsi solo in quel momento di avergli fatto del male.
"Cerca solo di non toccarmi più"
Ruby chiuse gli occhi, seccata, e le immagini di quella sera le passarono avanti come in una sequenza cinematografica. Sua madre che si consumava e lei che si aggrappava a Sam, cercando di raggiungerla. Ma non la raggiunse mai, nemmeno in tutti gli incubi che faceva la notte. Durante il giorno cercava di non pensarci, ma quando calava il buio, la paura le attanagliava lo stomaco e la paralizzava fra le lenzuola, costringendola a rivivere quei momenti in un terribile loop continuo. Ma ogni volta era sempre peggio, e al posto di sua madre a volte vedeva Becca, che veniva perforata dagli aculei del Demone come se la sua carne fosse fatta di burro. Lei urlava, come urlava anche Kato, il ragazzo del bar. Si svegliava sempre sudata e con le lacrime agli occhi, lo spettro di un grido che lasciava le sue labbra, anche se non sapeva bene se fosse reale o meno.
Nel frattempo, aveva anche iniziato ad andare d'accordo con Sam, stringendo con lui un accordo. Lei lo avrebbe aiutato nella ricerca dell'uomo misterioso a cui stava dando la caccia, e lui l'avrebbe aiutata a trovare suo padre.
Resistette una settimana, forse poco più. Samael era davvero pieno di sè, cosa che la faceva andare su tutte le furie, e nella maggior parte dei casi finiva per dividerli. Lei si chiudeva in bagno per ore, consumando tutta l'acqua calda che poteva, giusto per farlo andare su tutte le furie.
Le ricerche dell'uno e dell'altro non portavano a nulla, ma almeno Ruby aveva imparato a riconoscere gli stracci di giornale e i fogli appesi sul muro della sua camera, che tecnicamente era di Samael, ma in realtà continuava ancora a dormirci lei.
A quanto pareva Sam stava cercando un uomo, di cui non si avevano tracce "dall'alba dei tempi" a detta sua. Cosa volesse intendere con quell'espressione Ruby non lo seppe mai, poiché ogni volta che provava a chiedere qualcosa, lui ergeva una barriera e si nascondeva al suo interno. Aveva imparato a conoscerlo, in quel poco tempo che avevano passato assieme, e nonostante la sua stazza, dentro sembrava fortemente instabile, come un bambino che aveva bisogno di essere rassicurato. A volte però, forse anche nella maggior parte dei casi, quel bambino si comportava come se tutto gli fosse dovuto, come se fosse il gallo più bello del recinto al quale nessuno poteva dire di no.
A volte lo odiava, e forse era per quello che negli ultimi giorni aveva pensato di andarsene, forse avrebbe avuto più successo da sola.
Quella sera proprio non riusciva a dormire. Si era svegliata dopo l'ennesimo incubo, dove un odore di bruciato aleggiava come fumo sottile che si insinuava nelle sue narici, facendola svegliare con un senso di nausea e la testa pesante.
Si alzò per andare a prendere un bicchiere d'acqua.
La casa non era molto grande. C'era parquet ovunque e l'unica stanza esistente era quella in cui lei dormiva, e il bagno. Il salone e la cucina erano su un'unica stanza, separata solo da una spessa tenda blu scuro che scorreva sul soffitto.
Nella cucina, dove tutti i mobili necessari erano accatastati su un'unica parete, c'era un piccolo tavolo con attorno due sedie, che al momento erano occupate dai vestiti che Sam si era tolto per dormire. Ruby aveva passato così tanto tempo con lui che ormai conosceva bene i suoi lineamenti affilati, i suoi occhi scuri e profondi che a volte le risultavano davvero indecifrabili. Conosceva i muscoli della sua schiena e il modo in cui si contraevano quando alzava le braccia, o si lasciava andare in una piccola risata. O come si irrigidivano quando, dopo ore passate seduti sul pavimento a ricapitolare contatti e avvistamenti improbabili, si arrabbiava ma cercava comunque di non darlo a vedere. Ma Ruby aveva notato che ogni volta anche i suoi occhi si scurivano, sembravano diventare piccoli piccoli come due fessure nere e terribili.
Cercò di non fare rumore mentre prendeva un bicchiere e apriva l'ultima bottiglia d'acqua. Sarebbe dovuta uscire il giorno dopo per fare la spesa. In effetti era un bel po' che non metteva piede fuori casa.
Le tornò in mente, come in un lampo, la testa ricciuta di Becca e le sue labbra contratte in una smorfia di disappunto. Non l'aveva più chiamata.
Il suo telefono era rimasto nell'appartamento, al quale non era più stata da quel giorno. Decise che l'indomani avrebbe trascinato Sam fuori casa e lo avrebbe convinto a salire per prendere alcune cose, e recuperare anche il suo cellulare. Poi sarebbe passata direttamente da Becca, e già era pronta a prendersi insulti dalla sua amica per essere sparita per così tanto tempo.
Non avrebbe potuto darle torto.
Quando ebbe finito, fece per tornare in camera, ma proprio mentre si era appena girata, urtò il piede scalzo sull'angolo della sedia.
Soffocò un urlo di dolore e si prese il mignolo fra le dita, massaggiandolo per alleviare il dolore.
"Ruby?" la voce di Sam, roca e assonnata, proveniva da dietro la tenda.
"Scusa, torna a dormire" si maledisse per averlo svegliato, già immaginando che le avrebbe fatto una ramanzina su quanto fosse importante dormire per lui, che altrimenti non avrebbe potuto mantenere la perfezione del suo viso.
"Non stavo dormendo" Sam scostò di poco la tenda e si affacciò per controllare che fosse tutto apposto.
"Stai cercando di smontare la sedia?" nonostante la voce roca, Ruby colse perfettamente il sarcasmo nella sua voce.
"Divertente"
La ragazza fece per sorpassarlo, e quando fu dal suo stesso lato, si accorse che l'unica cosa che indossava erano dei boxer neri, che risaltavano sulla sua pelle chiara, anche al buio. Cercò di non guardarlo, o per lo meno tentò di non dargli questa soddisfazione. Arrossì, e come se lui l'avesse vista, sorrise di tutta risposta.
"Vado a dormire" disse prima che lui potesse far uscire qualsiasi cosa dalla sua bocca.
"Ti ho sentita gridare anche stanotte" quelle parole la inchiodarono sulla porta della sua camera, che aveva raggiunto a passi svelti.
"Scusa.. forse è meglio che io torni a.." casa mia. Ma casa sua non c'era più, e non riuscì ad evitare che la voce le si spezzasse. Ingoiò le schegge, deglutendo a fatica per ricacciare giù quel nodo.
"Mi stavi chiamando" rispose Sam come se non l'avesse sentita, ma in realtà aveva solo finto di farlo. Si era svegliato di soprassalto con la voce di Ruby che lo chiamava con disperazione, tra pianti e sussulti. La prima volta che era successo si era precipitato in stanza, e aveva impiegato un po' per capire che stava solo sognando. Aveva dovuto mordersi la lingua con forza per imporsi di tornare a dormire. Le sue mani ancora bruciavano a volte, nonostante fosse passata una settimana.
Vederla nel suo letto, affogare fra le coperte e annaspare come se stesse nell'oceano gelido gli dava strane sensazioni. Le donne che aveva portato nel suo letto erano tante, e di solito nessuna era rimasta per più di una notte, se ne andavano tutte il mattino dopo, rosse per l'imbarazzo come se la sera prima non si fossero date alla pazza gioia. Sam istigava in loro il seme della perversione, il suo viso e i suoi occhi profondi tentavano come se fosse stato il Diavolo.
Ma quell'effetto sembrava svanire su Ruby, che a volte lo guardava come se fosse un ratto appena uscito dalle fogne e lurido di escrementi.
In realtà in quel momento era davvero preoccupato per lei, e quasi si sentiva in colpa per essersi fatto vedere così.
"Io non.." Ruby non sapeva che dire, colta alla sprovvista. Nei suoi incubi lui non c'era mai, anche se in qualche modo sentiva di essere protetta.
"Se hai bisogno sai dove dormo" disse solo il ragazzo, pentendosi nello stesso istante in cui quelle parole lasciarono le sue labbra.
Sam, al contrario di Ruby, non era decisamente immune al suo fascino, e non nascondeva che a volte avrebbe voluto vederla cadere ai suoi piedi. Non sarebbe mai stato disposto ad ammettere che in realtà quello che si sarebbe prostrato per primo sarebbe stato proprio lui.
"Buonanotte Sam" con tono incerto, Ruby tornò nella sua stanza. Il suo stomaco era in subbuglio, tormentato da quella frase uscita dalle labbra sottili del ragazzo. Lei era, tra le tante motivazioni che avrebbero potuto tenerla lontana da lui, tecnicamente ancora protetta, anche se non aveva idea di quanto durasse la protezione. Era una cosa temporanea? O sarebbe durata per tutta la sua vita?
Nel pensare a quello, la mente di Ruby volò di nuovo a sua madre, e improvvisamente gli occhi le si riempirono di lacrime. Cercò di addormentarsi, e mentre scivolava nel sonno, sentì una sensazione di calore irradiarsi su tutto il corpo, e il tocco leggero, come una piccola pressione, di qualcuno che le accarezzava i capelli. Le spuntò un piccolo sorriso, e quella notte, dopo giorni, non fece nessun incubo.

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