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Ruby aveva osservato il ragazzo fino a quando non aveva imboccato una stradina secondaria sparendo dalla sua visuale.
Avrebbe voluto gridargli che non era una ragazzina, con chi credeva di avere a che fare? Non aveva mai incontrato un ragazzo che avesse rifiutato il suo sguardo e la sua proposta. Ma lui era diverso dagli altri, e l'incontro che avevano avuto ne era la conferma.
Ruby si sentiva una stupida per aver detto quelle cose. Già da tempo sospettava che il suo era un modo di fare troppo aggressivo e sicuramente inquietante, ma fino a quel momento non aveva mai ricevuto risposte tanto sgarbate.
Il cielo si faceva via via sempre più denso di nubi e il rombo dei tuoni più vicino, proprio come il suono del motore di una moto d'epoca.
Ruby affrettò il passo tenendo la borsa stretta al petto.
Non ci mise molto ad arrivare a casa, e ovviamente sua madre non c'era.
Le aveva detto che non sarebbe tornata per cena, eppure il suo pomeriggio non era stato fruttuoso come aveva sperato, per cui ora si ritrovava di nuovo senza fare nulla.
Entrò nella sua camera, tappezzata di foto scattate da lei, e da qualche disegno sporadico di qualcosa che le ronzava in testa. Quando non riusciva ad immortalare ciò che le stuzzicava la creatività, allora lasciava che le sue dita lo disegnassero su una tela bianca. Se la cavava bene nel farlo, e mentre entrava e si spogliava dei vestiti, pensò che quello era il momento perfetto per disegnare quel ragazzo tanto misterioso.
Non riusciva a togliere dalla testa quei lineamenti così scolpiti, gli occhi cosi scuri che avevano qualcosa di certamente proibito e che le faceva fremere le ossa.
Disegnava quasi in maniera febbrile senza preoccuparsi del disordine. La sua camera un po' la rispecchiava in questo, caotica e creativa, colorata nelle emozioni ma non nella vita. Indossava sempre abiti scuri, per la maggior parte delle volte in tinta con i capelli neri che vantava di aver ereditato da sua madre. Come il resto.
Fuori dalla sua camera però il mondo si spegneva nell'austerità e nel minimalismo di Meredith. Era una donna pragmatica e capace, intelligente e estremamente spaventosa, per lo più sempre. Ruby a volte aveva davvero paura di sua madre, e delle occhiatacce che le rivolgeva se qualcosa era fuori posto. Aveva smesso di farla entrare nella sua camera da tempo proprio per quel motivo.
Era sempre stata così, ma ultimamente la cosa era andata peggiorando. A volte la sentiva mentre recitava preghiere in salotto, e sempre più spesso le rivolgeva parole in una lingua antica che Ruby credeva fosse latino. Lux ducit, semper protege.
Si chiedeva dove l'avesse imparata, eppure ogni volta che sentiva quelle parole lasciare le sue labbra un senso di familiarità la avvolgeva come mani calde che ti sollevano e ti cullano.
Alzò la testa dal foglio quando mancavano pochi minuti alle otto. Aveva fatto mille prove, ma non era riuscita davvero a cogliere l'essenza del suo viso e del suo sguardo così misterioso, per cui appallottolò l'ennesimo figlio di carta e lasciò tutto com'era.
Pescò il telefono dallo zainetto e chiamò Becca.
"Hai da fare per cena? Mia madre non c'è" le disse dopo aver udito la sua voce dall'altro capo.
"Ma sei pazza!? Ti sei dimenticata la cena a quattro che avevo organizzato per stasera!?" le sue grida arrivarono dopo qualche secondo di silenzio, servito per la realizzazione della richiesta.
Ruby aveva totalmente rimosso quell'evento, che ora si riaffacciava spiacevole nella sua mente.
"Forse lo avevo dimenticato perché mi stai obbligando a vedere quell'idiota del tuo ragazzo e del suo amico" sbuffò lei gettandosi di peso sul letto.
"Matt non è un idiota" protestò Becca, ma in fondo sapevano entrambe che non sarebbero durati altre due settimane.
"Resta il fatto che il suo amico-"
"David" la interruppe "e non ha nulla che non va. Guarda che se non ci pensi tu ce lo faccio io un pensierino" la stuzzicò.
Per lei avrebbe potuto tenerselo molto volentieri pur di non averlo attorno nemmeno per un secondo. L'ultima volta che era uscita assieme a loro le era stato appiccicato tutto il tempo. Ad un certo punto aveva iniziato a fare strane allusioni alla fotografia, con riferimenti abbastanza espliciti a delle foto di nudo che, solo a pensarci, a Ruby era venuto il voltastomaco.
"No grazie, tutto tuo" scansò i pensieri non senza un po' di ribrezzo.
"Sbrigati, tra 5 minuti sono da te"
"La porta la lascio aperta, vado in doccia" aveva già iniziato a spogliarsi, alzandosi controvoglia.
Lanciò il telefono sul letto facendolo rimbalzare tra le lenzuola sfatte.
La sua stanza comunicava con un piccolo bagno, anche quello parecchio incasinato. Aprì l'acqua calda e lasciò che il suo corpo assorbisse quel calore. Amava la sensazione della pelle che brucia, così tanto che a tratti l'acqua sembrava fredda.
Cinque minuti dopo arrivò davvero Becca, che annunciò il suo arrivo con un grido di rabbia.
"Se entro 10 minuti non sei una strafiga ti lascio a casa!" entrò nel suo bagno di gran carriera con in mano almeno mezzo armadio. Ruby scansò il pensiero dei suoi vestiti sparsi ovunque, e sperò che almeno non fossero anche a terra.
"Ti prego" disse lei con aria disperata.
Becca spiaccicò il naso sul vetro della doccia e cominciò ad elencare tutte le possibili combinazioni che avrebbe potuto indossare e che, parole sue, l'avrebbero "resa una gnocca da paura". Ruby dubitava fortemente che ciò potesse accadere, soprattutto con le cose che teneva nell'armadio, ma a quanto pare in fondo, molto, molto in fondo, la sua amica era riuscita a trovare un vestitino che non indossava da almeno due anni. Il che poteva significare solo una cosa, primo che era davvero molto corto, e secondo che non le sarebbe mai entrato.
Uscì dalla doccia portandosi dietro una scia di vapore caldo e profumo di fiori.
"Non metterò quel coso, massimo potrei metterlo come maglietta" protestò lei mentre si asciugava i capelli. Poche settimane prima li aveva tagliati, e ora rasentavano le spalle, solleticandole la pelle nuda. Era una sensazione nuova non essere appesantita dalla chioma che Becca tanto le aveva invidiato. Non le aveva parlato per diversi giorni prima di farsi di nuovo viva come se nulla fosse successo. Lei era così, ma Ruby la accettava lo stesso, un po' perché le voleva davvero bene, un po' perché era la sua unica amica.
La osservava mentre si specchiava, e con le labbra aperte e gli occhi spalancati cercava di mettere un mascara parecchio appariscente. Era brava nel truccarsi, ma le magie che riusciva a fare sul suo viso, su quello di Ruby non avevano mai funzionato. Becca aveva provato milioni di volte e truccarla, spalmandole sul viso quasi tutta la pochette di trucchi che aveva, ma il risultato era così innaturale che nessuno avrebbe voluto guardarla.
Ruby si guardò allo specchio, ancora nuda. Gli occhi chiari risultavano sulla sua pelle candida. Il viso era contornato dai capelli neri perfettamente piastrati, che ricadevano come spaghetti e le sfioravano le spalle.
Indossò l'intimo e poi prese il vestito che Becca le aveva preso.
"Muoviti non hai molta scelta, Matt e David ci stanno aspettando qua sotto"
"GLI HAI DETTO DOV È CASA MIA!?"
Becca rise, ma Ruby si lasciò andare contro il mobiletto sotto il lavandino, scivolando fino a terra, dove incontrò il tappeto morbido.
"Ora si che sono depressa" già immaginava David venire sotto casa sua e suonare il suo campanello per poterla vedere. Rabbrividì al pensiero di farlo salire.
Becca stava scorrendo le labbra una sull'altra, uniformando il rossetto che le colorava le labbra di un rosa pastello.
Controvoglia si vestì, osservando il risultato allo specchio. Le curve dei fianchi le alzavano il vestito fino a quasi metà della coscia, e il seno faceva risultare decisamente eccessiva la scollatura a v.
"Io questo non lo metto" decisa a levarlo, Ruby corse in camera sua e afferrò dei pantaloni eleganti. Le fasciavano la vita e fianchi in modo confortevole, e si allargavano sulle cosce per poi ricadere dritti ai piedi.
"Fa come vuoi, basta che ti muovi" sbuffò l'amica.
Quando scesero mancavano pochi minuti alle otto e mezza. I due ragazzi le stavano aspettando davanti al portone e Matt, per ingannare l'attesa, si era acceso una sigaretta.
Becca gli saltò in braccio non appena lo vide, e Ruby lo trovò quanto meno eccessivo. David era dietro, intento a messaggiare freneticamente al telefono e Ruby sperò che avrebbe fatto così per tutta la sera.
"Vogliamo andare?" cinguettò Becca con le dita intrecciate a quelle del ragazzo.
Il gruppetto si incamminò verso il Symposium, un piccolo pub dove andavano spesso a mangiare. Era a pochi passi da casa di Ruby, e la cosa era perfetta per quando non aveva voglia di cucinare. Il proprietario ormai quando la vedeva presentarsi davanti alla porta, sola e con lo stomaco che brontolava, la faceva accomodare e le portava quello che prendeva di solito.
"Ruby!" il ragazzo dietro il bancone la salutò con affetto e li condusse al tavolo. Quel posto aveva un'aria così familiare che per un attimo lei si rilassò e dimenticò di essere seduta vicino a David.
Il locale non era molto grande, la luce che proveniva da lanterne posizionate sulle colonne che sorreggevano il posto emanavano una luce vaga e soffusa, e traboccava di tavolini pieni di persone che consumavano i loro piatti.
"Vi va di andare all'Amnèsia dopo? È una discoteca che ha aperto da poco" propose Matt.
All'affermazione positiva, e anche decisamente entusiasta, di David, Ruby accampò una scusa per la quale sarebbe dovuta tornare subito a casa.
"Oh dai almeno accompagnaci" Becca cercò di rivolgerle occhi dolci, e lei accettò, suo malgrado.
Finirono la cena in modo quasi piacevole, poiché David era abbastanza distratto dal suo telefonino.
Ruby si guardava attorno mentre mangiavano e per qualche secondo le parve di vedere il ragazzo di quella mattina.
"Tutto bene?" le chiese la sua amica mentre mandava giù un boccone della sua pizza iper farcita.
"Si.. si" si affrettò a dire.
Finirono la cena e Matt insistè per offrire.
"Sono le volte come questa che mi fanno ricordare il motivo per cui sto ancora assieme a lui" aveva lo sguardo furbo e pieno di malizia. Matt aveva un discreto patrimonio e non aveva mai cercato di nasconderlo. Ma a lei non piaceva comunque.
Presero la metro per andare all'Amnèsia.
Ruby durante il tragitto si chiese per quale motivo si era fatta coinvolgere in quella cosa, e mentre si guardava attorno, nel vagone vuoto e maleodorante, pensò che non le sarebbe davvero piaciuto tornare da sola. Quando scesero, era quasi convinta di rimanere con loro, ma più si avvicinavano più la musica assordante, di gusto davvero discutibile per altro, e le persone in fila, le fecero passare decisamente la voglia.
"Bene, direi che per stasera è tutto" azzardò Ruby arrestandosi sul posto e lasciando che gli altri la doppiassero.
"Ormai sei qui, vedrai che ti diverti" Becca urlava, cercando di sovrastare la musica che anche fuori dal locale era davvero alta. L'edificio era nuovo, di un bianco candido che ancora non era stato sporcato dallo smog e dalle piogge acide di Manhattan. Al piano inferiore si estendeva la discoteca, che mandava luci in ogni direzione quando colpiva le finestre. Minuscoli puntini colorati di viola, blu e rosso investivano le persone e le casi circostanti, in una cascata arcobaleno che portava solo caos e odore di alcool.
"Non credo sia il mio posto.. e poi non ho il vestito adatto" Ruby deglutì vistosamente quando il suo sguardo si posò sui tacchi vertiginosi delle ragazze, che anche con quel freddo avevano gambe scoperte, ombelichi messi in bella vista, decorati con piercing così luminosi da sembrare punti luce naturali, e con così tanto trucco sul viso che sembravano tutte delle bambole.
Il buttafuori, un omone dalle spalle larghe con una leggera stempiatura, che conferiva al suo sguardo minaccioso un tocco di saggezza, stava facendo una rigida selezione e controllo dei ragazzi che entravano.
Ruby non avrebbe superato quel controllo, vestita a quel modo.
"Sapevo che avrei dovuto portare quel vestito.." sbuffò l'amica.
Ruby sorrise e le lasciò un bacio sulla guancia, facendole promettere che non avrebbe combinato guai, e poi si incamminò verso la metro.
Più si allontanava più il rumore della musica si attutiva, fino a quando l'unica cosa che tradiva la sua presenza non furono gruppetti di ragazze che, già brille, barcollavano nella direzione opposta.
Ruby accelerò il passo mentre passava tra dei vicoli poco illuminati, convinta che già da un po' qualcuno la stesse seguendo.
Arrivò alla metro con il fiato corto. Sentiva lo sguardo pungente di qualcuno pizzicarle sul collo e quella sensazione orribile non riusciva proprio a scrollarla di dosso.
Salì sul vagone con il cuore in gola, sbirciando che dalle porte non salisse nessuno oltre a lei.
Per sua fortuna non c'era nessuno che potesse infastidirla, ma per sicurezza si schiacciò in un angolino accanto all'uscita, pronta a scattare fuori alla prima fermata se qualcuno si fosse avvicinato troppo.
Aveva ancora quella sensazione addosso, e mentre scrutava le ombre sotto le sedute, non poteva fare a meno di vedere, con la coda dell'occhio, figure luminescenti senza forma. Sembrava un vago bagliore, che però spariva se lei ci spostava lo sguardo.
Cercò di usare lo stesso trucco, per capire se avesse solo preso un abbaglio oppure li c'era davvero qualcosa. Ma non vide nulla, anche se sentiva che accanto a lei c'era una presenza con un'aurea così schiacciante che ne sentiva il peso sul petto.
Il fiato iniziò a mancarle quando un vago odore di bruciato la investì, facendola lacrimare.
Strinse la presa sul tubo di metallo sui cui le persone potevano appoggiarsi per non cadere, ma le sue mani si facevano sempre più deboli e sentiva di non riuscire più a stare in piedi.
Si portò una mano alla gola, che bruciava come se le fiamme l'avessero avvolta. Non riusciva a gridare, produceva solo degli orribili suoni gutturali mentre la saliva le colava agli angoli delle labbra.
Prima di stramazzare a terra, lo vide. Era una sorta di bioluminescenza, come un buco nero solo fatto di pura luce, dal quale uscivano grida disperate che le riempirono le orecchie.
Non riusciva a contrastare quel suono così straziante, e piano piano iniziò a perdere i sensi. In pochi attimi venne inghiottita dell'oscurità, popolata da mostri infernali e da un odore bruciato di incenso.

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