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Si svegliò con l'odore di caffè che invadeva il piccolo monolocale. Non avrebbe saputo dire che ore fossero. Il sole era schermato dalla serranda abbassata e non permetteva ai raggi di filtrare. Ammesso che fuori ci sia il sole, pensò Ruby quasi sconfortata.
Si alzò e raggiunse Sam in cucina, che aveva poggiato sul tavolino due tazze fumanti. Notò con piacere che era vestito. Sopra gli anfibi indossava i cargo neri, pieni di tasche che stuzzicarono la fantasia di Ruby. Cercò di immaginare cosa potessero contenere, e mentre passava in rassegna diverse opzioni, Sam si voltò a salutarla.
"Stai andando da qualche parte?" chiese con un pizzico di curiosità nella voce.
"È una settimana che non vedo la luce del sole" rispose il ragazzo massaggiandosi le tempie e bevendo un sorso del liquido scuro "E poi dovrei anche prendere qualcosa da mangiare"
"Perfetto" Ruby gli rivolse un grande sorriso, travolta da un nuovo entusiasmo che non avrebbe saputo dire da dove provenisse "Vengo con te, ho anche un favore da chiederti"
"Dovrai sdebitarti" fece lui puntandole un indice contro, ma non c'era malizia nella sua voce, solo un pizzico di stanchezza.
"Va tutto bene?" azzardò lei, insicura se avrebbe ricevuto una delle sue solite risposte caustiche o semplicemente sarebbe stato in silenzio evitando la domanda.
"Si" ma Ruby sentì perfettamente che quella non era la risposta sincera.
"Vado a cambiarmi"
Una volta in camera però, si rese conto che le uniche cose che possedeva erano quelle della notte in cui era scappata da casa, che però non aveva intenzione di mettere.
"Sam!" lo chiamò, e dopo poco lui comparve sulla porta "Posso sbirciare nel tuo armadio?"
"Ho altra scelta?" sbuffò lui.
Lei sorrise e scosse il capo, poi aprì un'anta dell'armadio, allontanando la sua figura e scoprendo il suo arsenale di vestiti neri, con qualche canotta bianca da qualche parte.
"Variegato" fece lei con tono sarcastico.
"Giù in fondo dovrebbero esserci alcuni vestiti da donna" Sam era dietro di lei, poteva sentire il suo respiro caldo sulla nuca, il che le fece venire la pelle d'oca. Era perfettamente consapevole del suo corpo imponente dietro di lei, e se si fosse spostata di qualche centimetro gli sarebbe finita addosso.
"Le tue conquiste lasciano spesso i loro vestiti a casa tua?" cercò di usare un tono neutrale, ma Sam sentì lo stesso il tremolio della sua voce. Ruby si abbassò svelta, portando il petto alle ginocchia e tirando fuori uno scatolone pieno di vestiti da donna.
C'erano per lo più cose colorate, felpe, qualche gonna e delle mutande che sembravano più degli elastici per capelli. Pensò alle sue che ancora stavano asciugando in bagno e si morse la lingua.
Tra le tante cose che c'erano, Ruby riuscì a trovare un capo nero, che però una volta tirato fuori si rivelò essere una sorta di tuta con una profonda scollatura.
"Maledizione ma cosa ti porti a casa"
"Dovrai fartelo andare bene" Samael troneggiava su di lei, con un braccio posato sullo snodo dell'anta aperta e Ruby sentì di nuovo malizia nel suo tono.
"Prenderò in prestito anche qualcosa di tuo" disse lei tirandosi su. Era rimasta intrappolata fra il suo corpo e l'armadio, e sentiva gli scaffali premere sulle cosce e sulla schiena.
"Posso passare?" gli chiese accigliata e sostenendo il suo sguardo. Gli occhi scuri lampeggiarono, come se una scintilla di fuoco avesse appena attizzato quei carboni. Ruby da quella distanza non riusciva comunque a distinguere la pupilla, e pensò che non aveva mai visto degli occhi tanto belli.
Lui si scansò e la fece passare, e lei si diresse dall'altro lato per cercare qualche felpa. Ne prese una nera, non che avesse molta scelta, la più piccola che era riuscita ad individuare, e poi prima di chiudere posò gli occhi sulla sua biancheria.
Afferrò un paio di boxer neri e se li appoggiò sul bacino per controllare che potessero andare, e poi richiuse l'armadio.
Sam la guardò come si guardano le ballerine di lap dance, in un misto di ammirazione e stravolgimento, e dovette allontanare l'idea di lei che infilava i suoi boxer.
Si schiarì la voce e lei lo guardò come se fosse appena apparso.
"Le mie sono ad asciugare" si giustificò lei, e poi uscì dalla stanza e si diresse nel bagno angusto. Davanti alla porta c'era una doccia che prendeva tutta la parete, accanto ad essa un'ampia finestra con le tende tirate, e dall'altra parte la tazza e il lavandino. Ruby si cambiò in fretta, e una volta finito osservò allo specchio la tuta che aveva appena indossato. La scollatura le lasciava intravedere la forma tonda dei seni, e le fasciava la vita stretta e i fianchi morbidi.
Non senza un po' di imbarazzo, mise sopra la felpa di Sam, lasciando che la maggior parte del suo corpo venisse avvolto e coperto dal tessuto caldo.
Quando uscì Sam stava reggendo un giubbotto che lei afferrò non appena uscì.
"Sei la prima ragazza che conosco che si cambia così in fretta"
"Tu pensa" sibilò lei immaginando una schiera di ragazze che prima di lei erano entrate in quel bagno e avevano specchiato le loro labbra perfette, i loro capelli sempre in ordine e i loro visi mozzafiato.
Ruby era semplicemente ordinaria. Nessun tratto particolare, niente che potesse farla risaltare in qualche modo, non che la cosa giocasse a suo svantaggio. Di solito preferiva essere invisibile.
Quando uscirono alla luce del sole, gli occhi di Ruby fecero quasi fatica ad abituarsi. Respirò a fondo l'aria umida di Manhattan, dove il cielo era costellato ancora da qualche nuvola, ma che lasciava più spazio ad un timido azzurro che preannunciava la fine imminente dell'inverno. Deboli raggi di sole, che non riuscivano a a scaldare le sue guance già fredde, colpivano i vetri dei palazzi e delle auto, facendoli scintillare come diamanti.
Sam abitava su uno dei grandi palazzi che affacciava sull'Amsterdam Avenue, proprio davanti al centro di Central Park, e una volta fuori i due vennero catapultati nella vita frenetica e quotidiana del mondo degli umani.
"C'è un convenience qui vicino" disse Sam incamminandosi. Ruby fece una piccola corsa per affiancarlo, ma si tenne comunque a qualche passo di distanza da lui.
"Senti" la ragazza non sapeva come iniziare il discorso, principalmente perché forse lei per prima non aveva molta voglia di affrontarlo. Non che avesse intenzione di salire con lui, ma avrebbe voluto comunque riprendere delle cose dalla sua camera.
"Si?"
"Avrei bisogno di passare a casa mia.." poi si affrettò ad aggiungere "Cioè non io, vorrei che andassi tu.." lasciò cadere le ultime parole in un sussurro, incerta se domandarlo era stata o meno una buona idea. Sam sembrava non averla nemmeno sentita, camminava dritto e non accennava a voler rispondere.
"Se non vuoi-"
"Va bene" si fermò bruscamente e Ruby quasi gli finì addosso. Si erano fermati davanti ad un locale che recitava "Amsterdam Convenience" su una tenda a righe verdi e bianche che pendeva dal soffitto. Un'accozzaglia di cibi e bevande davano le spalle alla vetrina, dando a Ruby la sensazione di un posto poco affollato. Quando entrarono infatti, i rumori della strada si spensero, lasciando posto al ronzio dei frigoriferi accesi e del neon che andava a intermittenza.
Cibi di ogni provenienza e bevande, tra alcoliche e non, si alternavano senza un apparente ordine in un ammasso di colori che le fecero venire mal di testa. In fondo al locale si apriva un bancone con dentro prosciutti e salumi di ogni tipo, dall'aspetto invitante, più di quello che si sarebbe aspettata da un posto del genere. Gettò un'occhiata fuori, le persone passavano senza dare il minimo accenno di aver notato la vetrina, e la cosa iniziò a farla insospettire tanto che si chiese se magari nessuno apparte loro erano in grado di vederla.
"Prendi pure un carrello" fece Sam indicando dei carrellini verdi impilati in un angolo, che Ruby aveva scambiato all'inizio per oggetti in vendita "Mettici dentro quello che vuoi, io vado a prendere dei panini"
Non appena il ragazzo si avvicinò al bancone, da una porticina semi aperta dietro di esso sbucò un uomo non molto alto, con la pelle ambrata e una leggera stempiatura. Era un uomo normale si disse Ruby, ma c'era qualcosa nel suo aspetto che la induceva a pensare il contrario. I suoi movimenti erano abili e aggraziati, come se i panini che stava componendo fossero dame con cui stava danzando.
Vagò per il negozio, cercando un ordine e ripassando mentalmente le cose di cui avevano bisogno. Ci rinunciò quando vide lattine di Cola accostate a pacchi di pasta. Sospirò e iniziò a ispezionare ogni scaffale, e ogni cosa che stuzzicava il suo appetito la buttò dentro.
Arrivò al bancone con il carrellino colmo, e Sam la guardò di traverso.
"Siamo solo due" le fece notare, ma lei fece spallucce.
"Ti ripagherò quando passeremo a casa mia"
Sam tornò a posare l'attenzione sull'uomo che stava incartando due panini belli pieni.
"Grazie Mark"
Aveva gli occhi di un castano chiaro, tanto che le sembrava di poter vedere le venature della sua iride. Era un uomo gentile, e forse a farglielo dire erano proprio le piccole rughe d'espressione che aveva attorno agli occhi socchiusi per il sorriso, la stempiatura che lo faceva sembrare il padre di famiglia perfetto e il volto solcato da qualche ruga, là dove si formavano nelle persone che ridono spesso.
Sam pagò e poi uscirono con due sacchetti pieni.
"Mark non parla" le disse mentre salivano le scale del suo appartamento, ognuno con un sacchetto.
"Nessuno sa cosa gli sia successo" aggiunse.
Posarono i sacchetti e sistemarono le cose in frigo, poi uscirono di nuovo.
Durante il tragitto Ruby non riuscì a trattenere la domanda che si portava dietro dal Convenience.
"Gli umani non possono vederlo, vero?"
"Cosa?" Sam aveva appena rivolto un'occhiata profonda a un gruppetto di ragazze che stavano passando di lì.
In una settimana i suoi capelli si erano allungati molto, e ora piccoli ciuffetti gli solleticavano la fronte dandogli un'aria da cattivo ragazzo.
Le ragazze sembravano attratte più che mai da lui, e a guardarlo bene non avevano tutti i torti.
Sembrava un angelo vendicatore, bello ed etereo come mai nessun ragazzo lo era stato, e di ragazzi lei ne aveva fotografati tanti.
"Il negozio di Mark" disse con tono scocciato, non avendo più molta voglia di parlarne.
"No non possono" si limitò a dire lui.
"Come fate? Intendo a nascondervi e a non farvi vedere" chiese piena di curiosità. Per quanto il suo atteggiamento la irritasse, era l'unico a cui potesse chiedere informazioni riguardo quel mondo.
"È un trucco psichico, tutti i Nephilim lo sanno usare. Possiamo nascondere noi stessi o oggetti, o palazzi interi, alterando la realtà come se questa fosse sempre stata così" le spiegò paziente.
"E come fate a combattere contro i Demoni?"
"Abbiamo una forza di molto superiore a quella degli umani, e basta allenare un po' la parte tecnica. Ma di solito per ucciderli ci vuole ben altro. Per gli Angeli Caduti basta semplicemente la forza psichica, simile a quella usata per manipolate la realtà, nei Demoni invece a volte non basta, ed è necessario usare spade e pugnali" Ruby era immersa nella mini lezione che Sam, con tono da esperto e tutto impettito, le stava impartendo. Ma nel mentre si chiese se anche lei era in grado di fare quelle cose, oppure era solo un ibrido in grado solo di chiedere aiuto e di rimanere bloccato quando la situazione cominciava a precipitare.
"E dove li prendete?"
"Qui a Manhattan si trovano solo nelle cattedrali di Saint Jhon e Saint Patrik"
Ruby aprì la bocca a formare un piccolo cerchietto di stupore ed eccitazione, e Sam dovette distogliere di nuovo lo sguardo. Quella reazione così innocente e involontaria provocava in lui pensieri peccaminosi sui quali proprio non voleva soffermarsi.
"E io posso imparare?"
"Credo di si" disse lui incerto, per poi fermarsi davanti al suo edificio. Ruby non si era nemmeno accorta della strada percorsa, era come se le sue gambe sapessero già la strada e tornassero a casa da sole.
"Guarda" Sam indicò il secondo piano, in particolare quella che era la finestra della sua cucina.
"Cosa?"
"Guarda bene" insistette lui. Ruby tornò a guardare le serrande abbassate, e passò mentalmente in rassegna tutte le stanze, sapendo perfettamente dove affacciavano. Poi un raggio di sole fece brevemente capolino fra le nuvole, illuminando il suo palazzo. Fu come se un cerotto le fosse stato strappato via dagli occhi: il suo piano scomparve.
Sam aveva atteso pazientemente la sua reazione, e non si sorprese quando la ragazza sgranò gli occhi.
"Chi è stato" sussurrò.
"Forse tua madre.. in previsione che qualcosa del genere potesse accadere. Non sento attività demoniaca nei paraggi, per cui è molto probabile"
Ci fu un breve silenzio nel quale Sam non trovò nessuna parola che potesse smorzare la sua tensione, ed era sicuro che se avesse optato per la sua solita ironia caustica questa volta lei non si sarebbe limitata ad un'occhiata truce.
"Voglio salire anche io" disse all'improvviso. Aveva paura in realtà, ma ora che si trovava lì sentiva di dover salire. Voleva vedere cosa era rimasto, voleva prendere qualcosa con sè, qualcosa di sua madre, per avere l'illusione che anche se non fisicamente, lei sarebbe stata per sempre con lei.
Gli umani sono così d'altronde, si attaccano alle piccole cose, cercando stabilità quando invece stanno chiaramente in bilico in un baratro da cui non c'è redenzione. Si illudono che aggrappandosi a piccole speranze, un giorno potranno illuminare il loro cammino, oscurato da cose ben peggiori ed indicibili. Ma in fondo sono degli inguaribili ottimisti, anche se loro non lo direbbero. Hanno carattere e coraggio anche nei momenti in cui il sole scompare e lascia posto alla tempesta.
Samael li ammirava, e forse un po' avrebbe voluto essere come loro, liberarsi di quel peso che portava sulle spalle per poter finalmente mettere i piedi a terra. Non voleva essere speciale, voleva essere Sam. Solo Sam.
Guardò Ruby stringere i pugni, le nocche erano diventate bianche e lisce come le ossa di uno scheletro. In effetti la ragazza non aveva una bella cera, ma immaginava che la cosa fosse dovuta al ricordo della perdita, che batteva incessante e martellante nel suo cuore proprio come se facesse parte di esso. Come se quel dolore fossero le spinte che pompano il sangue a tutto il suo corpo, facendolo irradiare agli arti, che risultavano pesanti. A volte era difficile svegliarsi con quel dolore, come se nulla fosse, come se a lei fosse stata concessa una grazia che sua madre invece non aveva meritato.
Fece un respiro profondo e con le gambe molli si avvicinò al portone.
"Non ho la chiave"
"Non serve" non appena Sam lo disse, la serratura scattò e il portone lasciò uno spiraglio.
"Devi assolutamente insegnarmelo" fece Ruby, ammirata.
Salirono fino al secondo piano, la sua porta scompariva nel muro, e quando fece per afferrare la maniglia, la mano si chiuse in un pugno d'aria.
Di nuovo Samael fece scattare la serratura, che sembrava aver ascoltato i suoi pensieri. Si aprì cigolando, come se li stesse invitando ad entrare.
Ruby fece un passo.
Tutto era in ordine. I libri erano rimasti così come Meredith li aveva lasciati, ma la casa odorava di polvere e stantio, come se nessuno ci avesse mai abitato. Il tavolo in cucina, il divano, i mobili della sala, tutto era in perfetto ordine.
Si diresse verso la zona notte, puntando dritta verso la sua camera. La porta era socchiusa, la luce ancora accesa. Ma dentro non c'era nessuno. Solo un grande caos, le sue amate foto sparse in giro, assieme ai suoi vestiti.
Guardò nel punto in cui il corpo di sua madre avrebbe dovuto giacere, dove l'aveva vista per l'ultima volta, riversa a terra in un mucchietto di ossa e carne. Cercò di non guardare oltre, di imporre alla sua mente che tutto era normale, stava solo facendo la valigia per una lunga vacanza.
Si diresse verso il suo letto ancora sfatto e da sotto tirò fuori la sua valigia da viaggio. Iniziò a tirarci dentro le cose che le servivano di più, ignorando a cuore pesante le foto sparse a terra. Con una fitta dolorosa, ricordò che quella sera avrebbe dovuto esporle per la prima volta in una vetrina abbastanza prestigiosa. Un nodo le chiuse la gola e le fece pizzicare gli occhi.
Continuò a prendere le cose che più le servivano meccanicamente, senza davvero vedere cosa stava facendo.
Dal fondo dell'armadio prese anche il suo porcellino rosa, con le guance paffute e i fianchi tondi, pieno di risparmi che nel corso degli anni aveva accumulato. Cercò anche il suo telefono, che trovò abbandonato sulla scrivania. Era spento.
Ovviamente, pensò. Lo cacciò nella tasca del giubbotto e poi uscì senza guardarsi indietro.
"Io ho finito" Sam era in piedi davanti all'ingresso, con la spalla appoggiata ai cubi di vetro opaco.
"Stai bene?" la sua voce era seria, e dai suoi occhi percepiva la preoccupazione. Nella penombra della sua casa, sembrava quasi un fantasma, ma bello come un angelo vendicatore. Ruby passò gli occhi sui suoi lineamenti, aveva la mascella contratta, come se fosse agitato. Dal modo in cui poggiava però non lo avrebbe detto. Tutto gli veniva naturale e spontaneo come se andasse sempre tutto bene. Ma poteva vederlo dai suoi occhi e dalle lunghe occhiaie che qualcosa lo turbava.
"Non c'è. Non è rimasto nulla di lei.." disse abbassando gli occhi sulla punta dei suoi anfibi.
Lui si staccò dal muro con una piccola rincorsa e le andò incontro. Sembrava stesse sul punto di fare qualcosa, ma si interruppe e le rimase semplicemente davanti. Lei alzò lo sguardo e sostenne i suoi occhi.
"Non è morta invano, e finché tu la ricorderai, lei sarà sempre con te" le disse, la voce quasi un sussurro che si disperse nell'aria ferma di quel posto.
"Voglio prendere una cosa" disse lei all'improvviso. Sam la guardò allontanarsi. Sembrava essersi fatta piccola piccola, e nella penombra sparì nel breve corridoio dove c'erano tre porte. La prima sapeva essere la sua camera. Non riuscì a contenere la curiosità, e si mosse verso di essa. Voleva vedere quanto l'Angelo Custode era stato in grado di nascondere, quanto forte era la protezione che aveva impresso su sua figlia. Anche Meredith doveva essere figlia del peccato, pensò mentre accendeva la luce e osservava la carcassa del Demone ancora a terra. Dell'angelo ovviamente non c'era più traccia, e Sam si chiese se le anime tormentate del Paradiso fossero tornate a reclamarlo, oppure era semplicemente sparito. Poco gli importava a lui. Ormai non apparteneva più a quel mondo, e l'unica cosa che gli interessava in quel momento era trovarlo. Trovare quell'uomo prima che lo facesse lui.
Strinse i pugni mentre pensava che ancora non aveva fatto nessun passo avanti, e prima di chiudere la porta posò gli occhi su un astuccio nero posato sulla scrivania.
Era la fotocamera di Ruby. Attraversò la stanza velocemente e la prese, facendola scivolare nella tasca interna del giaccone.
Nel frattempo Ruby era uscita, il volto bianco e gli occhi persi. Al dito indossava una fedina color oro, che sembrava brillare di luce propria. Risaltava sulla sua pelle chiara come un girasole in un campo innevato.
"È sparita anche la foto di mio padre e di mia nonna" gli disse non appena lo vide. In realtà sapeva che lui non poteva farci nulla, non avrebbe saputo dirle perché era accaduto. Ma sperava di trovare un qualche tipo di conforto, e si ritrovò a pensare all'ultimo abbraccio di sua madre. Ora avrebbe voluto davvero sprofondare fra le sue braccia, seppellire il viso nell'incavo spigoloso del suo collo.
Guardò Sam, e per un attimo considerò l'idea, ma la allontanò subito quando si ricordò che toccarlo gli provocava solo dolore. Non si era ancora scusata per avergli quasi carbonizzato le mani.
"Forse tua madre ha voluto cancellare ogni traccia nel caso in cui qualcuno fosse riusciuto ad entrare"
"Già" abbassò lo sguardo, posandolo sulla fedina sottile. Almeno quella le avrebbe dato l'illusione di poter essere vicina a sua madre, ma ancora di più che in qualche modo sarebbe stata connessa anche con suo padre.
Uscirono da casa sua, e quando Ruby si tirò la porta dietro e questa scomparve, decise che avrebbe trovato suo padre. Voleva trovarlo e nel frattempo migliorare le sue capacità. Sarebbe diventata forte, e avrebbe dimostrato a suo padre che lei era alla sua altezza. Avrebbe finalmente avuto l'opportunità di conoscerlo davvero, e non lo avrebbe più lasciato andare via.

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