Simone non era consapevole che quella che avrebbe affrontato sarebbe stata la nottata più lunga della sua vita. Era stato piuttosto ingenuo da parte sua pensare che sarebbe bastato un mi dispiace per placare quell'animo ingestibile di Manuel Ferro, che più ci aveva a che fare più si chiedeva come suo padre fosse riuscito a contenerlo per tre anni.
Simone aveva mandato un messaggio a Laura, dicendogli che aveva deciso di andarsene e di non preoccuparsi per il passaggio di ritorno perché c'avrebbe pensato Manuel. In risposta tre faccine del fuocherello: stupida non è come pensi, aveva digitato in tutta fretta e poi aveva riposto il cellulare in tasca.
Manuel era arrivato in motorino, con Martino, e di caschi per fortuna ne aveva due e ora gliene stava porgendo uno. Simone lo osservò col naso gonfio ed i capelli indomiti, la maglietta che indossava macchiata di sangue e alcune goccioline che ancora colavano.
"Non puoi guidare in queste condizioni." Disse Simone, da bravo responsabile qual era stato per buona parte della sua vita.
"Non volevi andartene?" Chiese a bruciapelo Manuel, poggiando il casco che gli offriva dietro la sella. Iniziò a sistemarsi il suo con relativa semplicità, come se non fosse stato appena steso a terra da un pugno.
"Sì, voglio."
"Quindi, che siamo ad aspetta'?"
"Tu non puoi guidare così." Insistette Simone e si allungò per afferrare il casco e posizionarlo. Giocò con la chiusura per regolarlo su misura e poi osservò Manuel accenderlo con un po' di fatica data l'usura e l'età di quel mezzo catorcio.
"Me vuoi guarda' ancora pe' molto o sali? Giuro che so' guidare."
Paradossalmente tra tutti i pensieri che Simone stava formulando, la possibilità di schiantarsi sulla strada era proprio l'ultima che avrebbe considerato al momento.
"Guido io." Quella frase ebbe una reazione alquanto inaspettata: Manuel lo squadrò da capo a piedi e gli rise in faccia, come se avesse raccontato una gran barzelletta. Quando poi vide che l'espressione del ragazzo non si era minimamente scomposta, intuì fosse serio.
"Non so manco se c'hai l'età pe' guidare."
"I tuoi ex compagni di classe sono i miei. Quanti anni dovrei mai avere?"
Simone, di certo, non credeva sarebbe stato facile convincerlo a scendere dal suo mezzo. Aveva intuito che alla base di quel caratteraccio ci fosse una punta d'orgoglio molto forte.
"Non so se c'hai la patente." Replicò, a quel punto, sempre più intenzionato a non lasciare quel dannato motorino. Al che, Simone con enorme pazienza cacciò il suo portafoglio e da lì, la sua patente.
"Ma l'hai mai guidato un motorino?" E Simone seppe d'averla spuntata già solo dal tono arrendevole, e un pizzico preoccupato, con cui gli si rivolse. Poi Manuel scese dal motorino aspettando che prendesse posto al guidatore.
"Quand'ero a Roma, guidavo la Vespa." Gli confessò a bassa voce, come se fosse un gran segreto. Non la prendeva da un po', ad essere onesti. Quella era la prima volta che guidava un motorino dopo anni. Gli ricordava i primi tempi del liceo.
"Aeh, vedi de non farti male, sennò come cazzo lo dico a tu' padre?" Simone annuì distrattamente e poi azionò il motore per uscire da quel parcheggio ed immettersi in strada. Stava controllando il traffico - quelle poche macchine impazzite di ubriachi che si catapultavano fuori dal locale, dopotutto erano comunque le tre del mattino.
Quando la strada era sgombra, prima di partire, Simone guardò il riflesso dallo specchietto. Manuel era assorto a guardare cosa non gli era chiaro, non lo vedeva particolarmente messo bene ma almeno il naso aveva smesso di sanguinare.
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Quelli come me, Quelli come te.
Fanfiction[Simuel] [Un Professore Rai Fiction] AU! In cui Manuel Ferro lavora part-time come cameriere all'osteria romana "Bello de mamà" e casualmente quel posto è il preferito del suo ex professore Dante Balestra che dopo tre anni dal suo diploma ci torna c...