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Erano le dieci e mezza del mattino, Anita aveva aperto gli occhi pronta per affrontare un'altra giornata, la chiusura della settimana: la Domenica. Le piaceva particolarmente perché quando Manuel era piccolo andavano sempre al piccolo cinema insieme, gli comprava lo zucchero filato e stavano insieme dalla mattina alla sera senza separarsi.

Col tempo, poi, a Manuel iniziò a piacere sempre meno lo zucchero e sopratutto, iniziò a crescere per il piccolo cinema. Rimase, tuttavia, sempre il suo bambino e la domenica era rimasto il loro giorno.

Si era alzata dal letto e come faceva sempre, indossava le pantofole ed indossava un pile pesante per non rabbrividire quando avrebbe abbandonato il caldo del letto per il gelo della cucina.

Aveva una routine domenicale molto semplice: s'alzava prima del figlio e preparava il caffè per entrambi, quello di Manuel lo lasciava al caldo e quando si svegliava lei se ne preparava un'altra caffetteria, quella piccola, per berlo insieme e condividere la colazione. Lei ovviamente beveva quello raffreddato — amore per i figli.

Quel mattino, qualcosa era diverso rispetto al solito. Lo capì già quando aveva varcato la soglia della camera e non era stata investita dal solito gelo che l'accoglieva sempre a braccia aperte. Poi, camminando lo vide.

Vide quel disgraziato di suo figlio sul divano, avvolto dal plaid, con una faccia da prendere a schiaffi. Anita quasi perse l'equilibrio nel vederlo raggomitolato sul divano, scomodo e vecchio, con il volto tumefatto.

Il primo pensiero lucido fu quello di andare a recuperare un'altra coperta nella stanza del figlio, quella il cui ingresso le era praticamente vietato da quando Manuel aveva dodici anni. Aprì la porta e rimase scioccata, di nuovo, nel giro di pochi secondi.

Questo deficiente me fa' perde vent'anni ogni volta. Nel letto di Manuel c'era un ragazzo, che dormiva beatamente, una zazzera di capelli scuri e un espressione rilassata a dipingergli i lineamenti. E lui?

Anita non aveva mai avuto il piacere di conoscere una sola persona tra quelle che Manuel frequentava e lei sapeva avesse una vita attiva, in quel senso. Questo, comunque, non spiegava perché fosse Manuel a dormire sul divano e lo sconosciuto nel suo letto.

Richiuse con cautela la porta e si avvicinò al divano. Le veniva da sorridere ogni volta che i suoi occhi si poggiavano sul figlio, perchè a conti fatti nella vita lei di sbagli ne aveva fatti tanti e Manuel era stato capace di spazzarli via tutti semplicemente esistendo.

In quell'istante, Anita decise però che il bene poteva essere messo da parte a favore di un cuscino in faccia. Si svegliò Manuel, bofonchiando qualche insulto a mezza voce e con poco grazia, buttò il cuscino a terra. Non aprì nemmeno gli occhi, la ignorò e si girò di lato per tornare a ronfare.

"Manuel." Lo chiamò Anita a voce bassa - dal momento che avevano ospiti e nessuno aveva pensato d'avvertirla, giusto per dirne una. "Manuel, sveglia!" Con gentilezza gli toccò la spalla e quando all'ennesimo tentativo fu ignorata, Anita decise d'agire nel modo più efficace che conoscesse.

"Manuè, sveglia!" E lo scosse forte per le spalle, ritrovandosi due occhi scuri così simili ai suoi che la guardavano annoiato. Annoiato, sì, ce mancava pure. Pensava Manuel che era stato svegliato e leggeva distintamente l'orario dell'orologio appeso in soggiorno.

Dieci e trenta, aveva dormito sì e no cinque ore e gli faceva male ogni ossa del corpo.

"Ma chi me lo doveva dì che c'ho un fijo così deficiente, eh?" Tuonò Anita e lo colpì di nuovo, questa volta sul petto. Manuel aveva ripreso conoscenza, sì, ma non aveva ancora compreso quali fossero le sue reali condizioni.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 11 ⏰

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