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Manuel aveva passato tutta la domenica ad aspettare. Se gli chiedessero aspettare cosa, non avrebbe saputo dare una risposta precisa perché di base non sapeva cosa aspettarsi dopo quel sabato sera, all'osteria, dove aveva passato buona parte del suo tempo a tallonare il figlio del suo ex professore di filosofia.

Lunedì mattina, invece, aveva un appuntamento alle nove e trenta con il suo relatore a cui doveva consegnare un'abbozzo d'idea per la tesi. Motivo per cui quel giorno quando s'era alzato si era ripromesso d'essere concentrato e non farsi distrarre da niente e nessuno - sopratutto da uomini, sopratutto se alti un metro e novanta e chiari problemi comportamentali, giusto per restringere di poco il cerchio.

Era sceso con largo anticipo, ancora sprovvisto di mezzo, ed era arrivato solo dieci minuti prima del ricevimento. La tesi di laurea l'avrebbe accompagnato per i prossimi mesi fino a Marzo, giorno della liberazione.

Il professore Chiaruzzi era stato l'unico docente ad aver tenuto in presenza ogni singola lezione del corso di Letteratura Italiana. Non aveva mai e poi mai mandato un sostituto né un assistente, nonostante i trent'anni di carriera pesassero sulle sue spalle come macigni. Avrebbe potuto di gran lunga smetterla di dedicarsi anima e corpo all'insegnamento e di certo, avrebbe avuto una schiera di assistenti affamati del suo posto disposti a sorbirsi otto ore e più d'esami.

Invece, no. Il professore Chiaruzzi era sempre stato incollato alla cattedra e passava intere giornate ad esaminare i canditati. Su di lui giravano parecchie storie ambigue: la prima era che era il solo a gestire tutto perché rifiutava le proposte di assistentato di ogni dottorato e la seconda era che nella sua vita non aveva mai messo un trenta e lode a nessuno studente.

Beh, quello fin quando non aveva incontrato Manuel Ferro. Era l'unico trenta con lode di cui poteva vantare e ad essere onesti non sapeva bene come fosse riuscito ad ottenerlo, dal momento che sì, aveva studiato parecchio ma mai e poi mai avrebbe ritenuto la sua preparazione paragonabile a quella di altri.

Per questo, aveva chiesto a lui la tesi e sopratutto, si era scoperto innamorato pazzo della letteratura italiana. Nonostante a scuola arrivasse a stento alla sufficienza, aveva compreso che il problema doveva essere un altro, tipo il professore.

Manuel, sotto le spiegazione di Mario Chiaruzzi, si era perso nei meandri della letteratura.

Alle nove e trenta spaccate, Manuel stava per bussare alla porta del suo ufficio ma il professore lo anticipò aprendola. Lo riconobbe, suppose. Sopratutto perchè era difficile dimenticarsi del ragazzo con i tatuaggi e la maglietta dei Lakers all'esame - una macchia stonata tra le camicie e le pantofole eleganti che la maggioranza indossava.

"Ferro, si accomodi. La stavo aspettando." E gli fece cenno di entrare. Manuel entrò nel piccolo ufficio e senza tante cerimonie, si sedette sulla sedia posando a terra il suo zaino.

"Lei lo sa che io non prendo quasi mai tesisti triennali?" No che non lo sapeva, Manuel. Altrimenti cor cazzo che sarebbe stato tanto scemo da chiedergli la tesi. Tuttavia, alla sua email aveva risposto molto educatamente invitandolo a presentarsi con un argomento solido e forse, poi ne avrebbero potuto parlare.

"Immagino de far parte der quasi." Sdrammatizzò Manuel che in realtà stava morendo d'ansia, perché non aveva nessun altro a cui chiedergli da fare da relatore e aveva il terrore di non trovare nessuno disposto a farlo laureare per Marzo. E lui non voleva pagare un ulteriore tassa e mora.

"Di lei mi ricordo due peculiarità, sa." Ossia? Manuel non osò chiederglielo perchè immaginava gliele avrebbe dette a breve, infatti parlò di nuovo senza dargli il tempo d'articolare una valida risposta. "Mi ricordo della sua incapacità a parlare senza questo fastidioso accento romano. Ma sopratutto, ricordo bene la sua personale analisi su Machiavelli, un illuminare del futuro me l'aveva descritto."

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