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Simone non avrebbe scambiato quella giornata con nient'altro e anzi, se gli fosse stato possibile, avrebbe voluto avere il dono di poter tornare indietro nel tempo.
Avrebbe rivissuto quelle ore all'infinito senza stancarsi mai.
Non aveva idea di cosa ne pensasse Mimmo, ma lui avrebbe messo le radici in quell'appartamento, non voleva piú lasciarlo andare.
Non voleva piú che ci fosse qualcosa a dividerli com'era successo per tutto quel tempo, adesso tutto sembrava essersi aggiustato in modo perfetto.
"Simó hai imparato a cucinà qualcosa?" gli chiese Mimmo spuntando nel salotto con solo la testa, Simone scosse la testa.
"No e spero che Carmine e Andrea non mi chiedano mai di farlo, cioè lo spero per loro piú che altro" disse sorridendo un po' sconsolato.
"Ja' ma manco nu piatt e pasta?" disse Mimmo gesticolando, un po' stupito. Simone si passó una mano sul viso, non voleva umiliarsi cosí, ma alla fine sorridendo gli disse "L'ultima volta ho quasi fatto esplodere i fornelli Mí".
Mimmo si mise a ridere "te vuleve sfruttare pe fa' 'o pranzo, vabbuó dai ci penso io" Simone alzó le mani in segno di resa e si alzó dal divano per avvicinarglisi "Se vuoi io provo eh, ma se poi devi cambiare appartamento io non mi considero responsabile".
Mimmo rise ancora, Simone pensó che avrebbe fatto qualsiasi cosa per continuare a far si che Mimmo ridesse sempre cosí. Il suo viso era cosí luminoso quando rideva.

"Senti ma, a casa come va?" gli disse Mimmo a un tratto mentre mangiavano uno di fronte all'altro.
Simone prese un lungo respiro "Bene, credo? - alzó lo sguardo dal piatto incontrando quello confuso del biondo - Prima di partire ho litigato con mio padre e da lí non l'ho ancora risentito".
Mimmo annuí dispiaciuto "Nun la smetterete mai di appiccicarvi eh voi due" disse ironico alla fine.
Simone sapeva che lo aveva detto per smorzare la tensione e lo apprezzava, ma se ripensava alle parole di suo padre non faceva che rimontargli la rabbia.
Soprattutto perchè Simone alla fine, contro tutte le aspettative, aveva avuto ragione: Bologna gli aveva fatto ritrovare Mimmo.
"Oh Simó, ma è qualcosa di grave?" gli chiese preoccupato prendendogli una mano "No, cioè si, senti - Simone prese un respiro e guardó Mimmo negli occho- dopo che ti ho detto che non so cucinare manco un piatto di pasta, vorrei evitare altre figure di merda" concluse con un sorriso accennato.
Mimmo scosse la testa e con sguardo serio disse "Simó nun devi cambiare pe forza argomento, te giuro che nun te prendo in giro" gli accarezzó il dorso della mano col pollice.
Simone deglutí "È che...io sono venuto qua per te" sputó fuori infine senza pensarci troppo.
Mimmo aggrottó le sopracciglia, Simone prima cercó di trovare delle parole per spiegarsi, poi gli venne in mente che gli sarebbe bastato veramente poco.
Due accordi e qualche verso.
Si alzó dal tavolo sotto lo sguardo confuso di Mimmo e prese la chitarra vicino al divano.
Mentre Mimmo continuava a guardarlo con le sopracciglia aggrottate, Simone si rimise seduto davanti a lui sistemando la chitarra.

Simone lo guardó intensamente per qualche secondo, poi mise le mani sulle corde facendo mente locale e si schiarí la voce.
"...e gli altri si perdono come niente e poi si ritrovano" Simone alzó un attimo lo sguardo, trovando quello di Mimmo dolce e un po' triste.
"in un altra città, sembra un'eternità, sembra una vita fa" Simone sente i suoi occhi diventare umidi "E tu come stai? Che cosa fai? Io coi piedi nel mare soltanto a pensare che sembriamo tutti falliti".

Simone lasció che il suono dell'accordo scemasse da solo, senza bloccare le corde.
Senza che potesse fare o dire altro, si ritrovó le braccia di Mimmo al collo.
Simone cercó di appoggiare la chitarra al tavolo senza farla cadere e ricambió l'abbraccio.
Mimmo lo stringeva forte e Simone poco a poco rilassava i muscoli tesi grazie al suo calore, aveva anche iniziato a piangere.
"Simó shh, sto qui" gli sussurró Mimmo dolcemente e Simone non potè fare a meno di sorridere tra le lacrime.

Avevano continuato il discorso sdraiati sul letto e adesso Simone si era messo seduto a gambe incrociate davanti a Mimmo, che era rimasto sdraiato e girato verso di lui.
"Peró Simó, te posso dire una cosa?" chiese Mimmo con cautela dopo averlo ascoltato attentamente e Simone annuí.
Anche il biondo si mise a gambe incrociate "Secondo me ora lo puoi anche richiamà eh, son passate ore, sarà preoccupato sicuro" gli disse prendendogli le mani.
"Tiene ragione a stare incazzato Simó, ma ha detto quelle cose perchè te vole bene" Mimmo gli mise una mano sulla guancia e delicatamente gli fece alzare il viso.
Simone aveva di nuovo gli occhi lucidi e di piangere per la seconda volta davanti a Mimmo non ne aveva molta voglia.
"Hai ragione Mí, dopo provo a chiamarlo" Mimmo gli sorrise e poi si sporse a lasciargli un bacio sulla fronte, lasciando Simone un po' spiazzato.

"Me lo potevi dire subito che sa suonà pure tu" gli disse Mimmo mentre si infilavano le giacche, dovevano uscire per andare a comprare qualcosa per cenare.
"Ma và l'artista qua sei tu, io so solo due accordi qua e là" disse cosí mentre entrambi si infilavano e scarpe e poi uscivamo assieme dall'appartamento.
Nel breve tragitto dall'appartamente all'Eurospin - si perchè "okay che la casa me la da lo stato, ma mica so ricco" gli aveva detto Mimmo sorridendo ironico - si erano detti poco e nulla. Spesso si guardavano sorridendo e Simone avrebbe giurato di aver visto le guance di Mimmo che si coloravano di un flebile rosso.
Forse anche lui, come Simone, non aveva ancora elaborato bene quello che era successo.
In qualche modo forse avrebbero dovuto parlarne, o forse no, non avrebbero dovuto.
Simone sentiva che tra di loro anche le parole erano di troppo, bastavano i gesti, gli sguardi, i sorrisi, i non detti che volevano dire tutto in realtà.

infinito +1 → mimmoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora