Era la prima giornata di settembre e il sole, ormai in procinto di prendersi il palcoscenico celeste, disegnava sfumature dorate sulle nuvole sparse nel cielo.
Ellie, con una certa ansia, stringeva tra le mani la sua nuova borsa, si sentiva come il protagonista di un libro, un eroe delle storie epiche che suo padre le leggeva ogni notte prima di addormentarsi.
Tuttavia, il suo viaggio verso la scuola si stava rivelando tutto tranne che epico, più prosaico, ma comunque avvolto da un'atmosfera densa di aspettative e incertezze.
Accompagnata dalla madre Clara, Ellie si dirigeva verso l'imponente edificio scolastico, una struttura maestosa di quattro piani con ampie finestre che permettevano alla luce naturale di filtrare all'interno delle aule.
La scuola si ergeva come una fortezza, circondata da un vasto giardino ben curato, un'oasi di tranquillità che accoglieva i visitatori con la sua serenità.
Varcata la soglia insieme ad altri genitori e bambini, furono condotti in una sala di dimensioni straordinariamente vaste. Donne elegantemente vestite entrarono, brandendo cartelli decorati con grazia, crearono cinque file posizionandosi due a due, ognuna identificando le diverse sezioni della scuola.
La preside spiegò che quella sala sarebbe stata dedicata alla mensa, una cornice per i futuri pasti e per momenti di socializzazione.I bambini di quinta elementare, con un entusiasmo contagioso, intonavano canzoni festose per dare il benvenuto ai nuovi arrivati.
La preside, una figura alta e in carne, fece il suo ingresso, seguita da una signora più magra e di statura più bassa. L'atteggiamento giocoso e amorevole della dirigente scolastica contrastava con la figura elegante e quasi spaventata della donna che la seguiva.
Con voce calma, la preside iniziò a illustrare il processo di suddivisione delle classi.
Annunciò con precisione il numero e la lettera di ciascuna sezione, indicando dove i bambini avrebbero trovato le loro rispettive insegnanti.
Dopo aver elencato i nomi degli altri, giunse il turno di Ellie.
La bambina, con il cuore in gola, cercò lo sguardo di sua madre. Clara, con un sorriso tranquillizzante, la esortò ad andare e a star tranquilla. Ellie si unì alla fila di bambini, temendo di perdersi nella folla, ma la madre, avvicinandosi, le sussurrò: "Stai tranquilla. Sei bellissima."
Quelle parole, come un incantesimo protettivo, attenuarono la paura di Ellie mentre si incamminava verso la sua nuova aula, lasciando che la giornata si svolgesse secondo i ritmi naturali che la scuola aveva da offrire.
I bambini seguivano le loro maestre attraverso spazi ampi, con corridoi adornati dalle fotografie che ritraevano gli studenti degli anni precedenti insieme alle loro insegnanti.
Gli spazi erano grandi e nei corridoi si udivano echi di risate e voci provenienti dalle aule.
Altri ragazzi più grandi salutarono le maestre mentre si dirigevano verso le loro aule, creando un quadro di accoglienza e crescita che si svolgeva sotto lo sguardo attento delle generazioni passate.
Era come se ogni passo di Ellie fosse un motivo in più per accrescere la sua ansia.
I banchi della classe, disposti a ferro di cavallo, creavano una configurazione che consentiva a ogni studente di guardare i propri compagni e di conoscersi meglio.
La maestra, una figura imponente davanti agli occhi dei bambini, emanava un'aura di saggezza. Si era posizionata nel banco più grande e adiacente a una grossa lavagna pronta a ospitare i segreti del mondo della scuola.
Ellie, con lo sguardo fisso oltre la finestra, venne improvvisamente strappata dal suo osservare dalla voce dolce della maestra.
"Ciao, bambini." disse lei con una voce morbida che sembrava accarezzare l'aria della classe.
"Io sono Mia Ater, la vostra insegnante di matematica. Mi appassionano i libri e adoro il colore arancione."
I volti dei bambini si animarono di curiosità di fronte a questa donna che si stagliava così distintamente davanti a loro.
Mia, ormai sulla quarantina, mostrava un volto leggermente segnato da rughe, i capelli neri corvini e gli occhi marroni che emanavano un senso di calma e autorevolezza.
I suoi denti accavallati svelavano un sorriso inquietante mentre parlava.
"Ora tocca a voi presentarvi." annunciò Mia con un sorriso invitante.
"E ditemi, cosa vi piace e qual è il vostro colore preferito?" chiese.
Un coro di voci infantili iniziò a farsi sentire.
"Bambini non tutti insieme!" disse mantenendo ferma la voce con un accenno di amore.
"Uno alla volta."
Ciascun bambino iniziò a rivelare i propri gusti e preferenze. Quando arrivò il turno di Ellie, un breve istante di incertezza la attraversò.
Sentiva il peso degli sguardi concentrati su di lei, mentre cercava di estrarre parole che sembravano titubanti nel volere uscire.
"Mi chiamo Ellie." iniziò con voce timida.
"Mi piacciono i fiori e il mio colore preferito è il verde."
"Molto bene, Ellie!" esclamò Mia, con il suo sorriso incoraggiante che sprigionava calore e inquietudine.
Ellie si sentì un po' più a suo agio, come se avesse superato una piccola impresa.
Il focus della conversazione si spostò gradualmente verso il suo compagno di banco e, mentre osservava il bambino accanto a lei esibirsi nella sua presentazione, Ellie pensò con sollievo: "Ok, ce l'ho fatta." dentro di lei le sembrava che avesse appena attraversato una maratona di parole.
Successivamente, la routine delle presentazioni si ripeté con la maestra di storia, una figura altrettanto affascinante, ma con un tocco di mistero che avvolgeva la sua personalità.
L'ora della ricreazione portò i bambini nel verde giardino che si celava dietro la scuola, nascosto dalla struttura imponente che dominava il paesaggio.
Esso era un varco attraverso il quale le giovani menti potevano sfuggire temporaneamente alle catene del sapere e liberare la loro creatività.
Gli alti alberi, le cui foglie facevano capolino oltre la recinzione verde ridipinta, sembravano i custodi silenziosi di quel posto.
Il loro verde intenso si faceva sfumato e cangiante sotto il sole, creando un tappeto d'ombra rassicurante su dei sentieri di ghiaia che serpeggiavano attraverso l'area.
Due altalene oscillavano leggere nell'aria, il loro scricchiolio scandiva il tempo che sembrava essere malinconico.
I colori vivaci dei giochi da arrampicata e degli scivoli si mescolavano con la brillante pittura dei murales della scuola, creando un'atmosfera vibrante e colorata.
Il profumo dell'erba fresca e del legno appena trattato si mescolavano nell'aria.
Le piante raccontavano, senza che Ellie se ne accorgesse, di pensieri, avventure, storie passate e promesse di nuove scoperte.
Il suono dei palloni che rimbalzavano si mescolava alle grida entusiaste dei bambini.
Le panchine di legno, dove erano sedute le maestre, avevano un colore sbiadito dal tempo con degli intagli giocosi, erano testimoni silenziosi delle storie condivise e dei segreti sussurrati sotto la copertura di rami e foglie.
I verdi cestini dell'immondizia, adornati da adesivi colorati, accoglievano i frammenti di momenti trascorsi.
Il cortile era un teatro di avventure quotidiane, dove i bambini diventano eroi che scalano montagne di sabbia, esploratori in cerca di tesori nascosti o navigatori audaci che conquistano scivoli e altalene.
Ogni risata, ogni grido di gioia, diventava una nuova pagina scritta su questo libro aperto di felicità.
Nonostante l'allegra confusione di bambini felici nel parco della scuola, Ellie si distinse per il suo interesse speciale.
Si avvicinò con determinazione alla ringhiera che separava il giardino dalla strada, come se un richiamo segreto la stesse attirando verso un qualcosa che voleva rimanere nascosto ma, allo stesso tempo, desiderava rivelarsi.
Un sussurro dolce e amorevole raggiunse le sue orecchie mentre si trovava accanto a un maestoso albero.
Curvandosi con curiosità, Ellie si lasciò avvolgere dal sussurro misterioso che sembrava provenire direttamente dalla terra sotto l'albero.
I suoi occhi scoprirono un angolo del giardino scolastico dove crescevano spontaneamente dei fiori viola. Un invito quasi impercettibile la raggiunse: "Assaggiaci..."
Senza esitazione, Ellie si chinò, strappò delicatamente un petalo lilla e lo portò alla bocca.
Il sapore dolce esplose sul suo palato e un sorriso di gioia illuminò il suo viso.
Le sembrava di percepire il solletico di qualcuno e rideva senza riuscire a smettere.
"Smettila." disse ancora ridendo e il solletico cessò immediatamente.
"Sei buona!" esclamò Ellie rivolgendosi alle piante con un senso di complicità.
Un colpo di vento attraversò il giardino, facendo inchinare tutte le piante, come se si stessero unendo in un gesto di saluto.
La magica interazione con il giardino fu interrotta dall'arrivo di alcuni bambini dell'ultimo anno che rincorrevano un compagno più piccolo.
La voce sofferente del piccolo risuonò nell'aria mentre implorava di essere lasciato in pace.
Uno dei ragazzi lo afferrò dal colletto, facendolo cadere a terra, e gli sussurrò: "Qui le maestre non ci vedono e non ci sentono."
Ellie li osservò con un misto di paura e curiosità, si sistemò i capelli e si allontanò leggermente.
Riprese a parlare con i fiori, complimentandosi con loro come faceva sua madre.
"Come va?" chiese, e il vento sembrò rispondere, accarezzando la sua pelle.
"Con chi parli?" domandò uno dei ragazzi, mentre l'altro teneva fermo il bambino più piccolo a terra.
"Sto parlando con i fiori." rispose Ellie ingenuamente.
Il bambino scoppiò a ridere e Ellie arrossì sorridendo.
"Che c'è?" chiese l'altro ragazzino da lontano.
"Questa dice di parlare con le piante." ridacchiarono.
"Oh! Stavolta ti lasciamo stare, ma se vai a dire alle maestre che siamo qui, te lo giuro che ti rompo la faccia." disse parlando con il bambino che teneva a terra.
Il piccolo si allontanò con le lacrime agli occhi, sentendosi sconfitto, mentre i due bulletti si avvicinarono a Ellie con un tono provocatorio.
"Con i fiori non si parla, al massimo voi femmine li annusate." dissero, scatenando un'altra risata tra di loro.
"Io ci parlo, me l'ha detto mia madre..." sussurrò Ellie con occhi ingenui.
Ma i due bulli non fecero altro che scoppiare a ridere, come se l'idea che i fiori potessero comunicare fosse la cosa più assurda che avessero mai sentito.
La spinsero violentemente a terra, ignorando completamente la sua spiegazione.
"Piantine voi parlate?" sibilò uno dei due ragazzini con un tono di sfida. Poi le loro risate maliziose si diffusero nell'aria come un'eco.
"Vediamo se parlano, altrimenti gli facciamo del male." mormorò l'altro, con una voce tagliente come un coltello nell'oscurità.
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L'Urlo Oltre la Siepe
TerrorUn normale trasloco in una cittadina apparentemente tranquilla, una piccola famiglia in una maestosa casa nuova che potrebbe provocare un senso di smarrimento. Cose misteriose ed inquietanti si faranno spazio nella vita dei nostri personaggi. Un par...