Capitolo 2° - Fittizio.

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Il mattino seguente, Adonis si alzò danzando; letteralmente, danzando a prova di mal di mare.
Morse una mela mentre Margaret consegnò un abito ad una giovane signora dai capelli biondi ed elegantemente raccolti, in compagnia della figlia adolescente che non fece altro che fissare con stranezza e superiorità Adonis. La corvina fischiò, fregandosene, continuando a canticchiare e fare giravolte davanti alla ragazzina solo per infastidirla di più. La donna la guardò un attimo esterrefatta non appena sentì la tredicenne fischiare come un uomo, impegnata in quelle danze strane ed euforiche. Margaret quasi rise ma si trattenne, porse l'abito allargato alla donna lasciando perdere Adonis, così, mentre le due donne parlarono, la seconda adolescente dai capelli castani e intrecciati, si avvicinò alla corvina, squadrandola come sempre. «Sei felice per il grande giorno?» le domandò, Adonis si fermò e si voltò rapidamente mentre masticò con la bocca piena: «Mh?!»
«Il matrimonio del principe, sbadata.» si lamentò la castana, roteando gli occhi con fare teatrale. Adonis si bloccò e quasi si strozzò con quel pezzo di mela. Deglutì velocemente e fissò la ragazzina col cuore incastrato in gola...

«...Cosa

Mormorò Adonis, col respiro sospeso.
La ragazzina dai capelli intrecciati si voltò e la guardò negli occhi, sentendosi intimorita, ma non badò molto a quella stupida sensazione; conosceva solo di vista la straniera, tutti nei quartieri definivano Adonis come "il diavolo" ma a differenza di tutti, si fece coraggio e avanzò di un passo contro la corvina, incuriosita da quella reazione insolita. «Mia sorella sposerà il principe. Devi vedere il suo abito bianco, come la purezza... sarà divina, diventerà principessa di Araghen!» canticchiò la coetanea, avanzando ancora, di un altro passo. Adonis sgranò gli occhi a quelle parole, sentì bruciare la schiena e il petto, un profondo dolore allo stomaco strinse il suo intestino all'improvviso.
Non provò MAI tali emozioni, si sentì logorare fin dentro le ossa, le mani tremarono e gli occhi rimasero fissi contro quelli della coetanea che la prese in giro. «Abbiamo preso quì gli abiti più costosi... anche le coperte di nozze... oh, tu sai a cosa servono, straniera?» la castana ghignò, quel sorrisetto malizioso trasmise ansia e perversione nell'animo di Adonis, non si mosse e aggrottò la fronte, turbata. La ragazzina maligna si avvicinò all'orecchio della corvina e le sussurrò: «Sopra quelle coperte, mia sorella farà sesso col principe Ivarsen, tutta la notte
Adonis tremò, il sangue le balzò in testa e gli occhi si tinsero di... rosso, brillando pericolosamente davanti alla ragazzina che, non appena incrociò nuovamente il suo sguardo, sbiancò.

Uccidi. Uccidi. Uccidi.

Le donne udirono come un ruggito, quasi demoniaco, provenire dalla parete dietro di loro.
La ragazzina dai capelli ormai non più intrecciati ma bensì quasi strappati, venne scaraventata contro il pavimento della camera davanti. I capelli erano come rizzati in aria e la guancia arrossata e un po' viola, urlò di terrore e si alzò da terra tremolante, correndo dalla madre con le lacrime zampillanti come pulci. Margaret sgranò gli occhi, confusa, preoccupata... sentì correre qualcuno e la porta sul retro aprirsi malamente. La donna corse subito, bloccandosi nel vedere la chioma nera della piccola Adonis svanire fuori, mentre la ragazzina dai capelli castani urlo: «È UN DEMONE! L'HO VISTA!» Margaret, amareggiata, si voltò verso la cliente con le mani fra i capelli, ma queste uscirono di corsa, borbottando e pregando Dio, rivolgendo alla ragazzina straniera maledizioni terribili.
Adonis, nel frattempo, non venne nemmeno sfiorata da quelle parole. Pianse di gelosia, correndo a piedi scalzi come una matta, scontrandosi contro gente, animali e vasi, gettando persino un carretto pieno di cipolle al suolo. Non ascoltò nessuno. Non vide niente davanti a sé, se non Ivarsen. Sentiva il bisogno di correre da lui, di vederlo e parlargli. Non credeva a quella storia... non voleva crederci. Si punse le caviglie con l'ortica, si graffiò i piedi e corse sopra le pietre per la fretta, ma non le importò; arrivò con l'affanno davanti al cancello ricoperto dalla vegetazione e passò ancora una volta attraverso le sbarre, seguendo la strada del giorno seguente. Si pulì le guance dalle lacrime, corse ancora e ancora, intrufolandosi fortunatamente all'interno del palazzo, spalancando la porticina di legno riservata.

𝐏𝐀𝐈𝐍𝐒𝐇𝐄𝐋𝐓𝐄𝐑Where stories live. Discover now