Dimmi, piccola.
È questo ciò che vuoi?Si.
E odio ammetterlo.Perché odi me.
Vero?Non riuscì a fermarsi dalla fuga. Le ginocchia tremarono per colpa di una sensazione mai provata prima d'ora. Nonostante il terrore di essere catturata, ogni potere andò a farsi fottere e l'istinto primordiale in quel momento la spingeva nel correre solo per attirare l'attenzione animalesca di lui. Il buio la guidò e la fredda luce lunare fece rabbrividire ad occhio la sua pelle del medesimo colore di quella grossa sfera malinconica su nel cielo. Le gambe erano scoperte fino a metà delle cosce da quell'abito bianco ormai strappato e scollato sia sul petto che sulle maniche lunghe.
Le caviglie iniziarono a far male e i capelli si gonfiarono di rabbia e adrenalina; cosa diavolo stava facendo?
Aveva sfidato l'uomo sbagliato, l'unico conosciuto veramente in tutta la sua vita, proprio lui, con quale coraggio l'aveva fatto?
Non temeva nessuno, soprattutto gli uomini, ma lui era diverso e, inconsciamente, odiava il fatto di volere a tutti i costi la sua attenzione.E quale ottima ragione per non fuggire... con lui alle calcagna.
Si sentiva sporca, pazza; era fuggita solo per lui.
Voleva a tutti i costi attirare la sua attenzione, era morbosa, gelosa, probabilmente molto stupida per provare certe cose legate al passato, ma di certo, non poteva mica controllare quella pazzia.
Con l'agilità di un felino e con la forza di un orso, le mani enormi di Ivarsen si strinsero attorno alle cosce di Adonis, fermandola e tirandola indietro contro il terreno. La brusca caduta sul suolo freddo la stordì per pochissimi secondi, il tempo necessario per lui di spingersi contro di lei senza alcun ripensamento. L'abito strappato scoprì zone del corpo di lei inaccessibili a tutti, guidando subito le mani curiose dell'uomo nel toccare quelle parti di pelle scoperta smaniosamente e con possessività. Adonis si contorse sotto di lui, cercando di fuggire... fingendo una fuga non voluta.
Ivarsen lo leggeva dentro i suoi occhi, la voglia matta che aveva lei di essere toccata senza pietà.
Lo sentiva dal suono dei suoi ansimi come lo richiamava con voglia; una piccola gattina nera guidata dal calore, una piccola bestia in cerca di attenzioni che solo lui le avrebbe concesso.
Le strinse i seni nudi con entrambe le mani, spingendo il bacino enorme fra le cosce denudate di lei e con la bocca premette contro la mascella pallida e accaldata della corvina.
«Non ti piace obbedire... mh?» Le sussurrò, dando una brusca spinta col bacino contro di lei. Adonis sussultò, inarcò la schiena e spinse il petto contro le sue mani per farsi stringere di più i seni.
Gemette due volte, graffiando il petto scollato e contratto del biondo, aprendo gli occhi già lucidi di piacere, solo per fissarlo.
«Tanto io... ti uccido.» Ansimò lei, incredula di star già pulsando fra le gambe per colpa di quel dannato maschio. Con quegli occhioni verdi, Ivar la fulminò con lo sguardo, facendo sfiorare all'istante il naso e le labbra contro le sue: «Sto per ucciderti io, invece.» ringhiò, baciandola voracemente, spingendosi dentro il suo sesso stretto e piccolo.
Erano nudi, lo sentiva spingersi fra le cosce, lo sentiva muoversi rabbiosamente e vogliosamente dentro il suo ventre. Non lo faceva con disprezzo, persino nel baciarla, mentre gemeva dentro la sua bocca. Le afferrò il bacino e iniziò a sbatterlo contro di sé, sfiorando i lati del marchio nero che bruciò sul ventre di lei. Tutto quel piacere improvviso e quelle scosse di bruciore iniziarono a stimolare la bestia dentro di lei, facendola ringhiare fra i gemiti e guidando le sue mani al graffiarlo sulla schiena, dove avvertì bruciare qualcosa di simile al marchio nero che possedeva lei.
Non prestò ulteriore attenzione a quel dettaglio, si concentrò su di lui e, quando aprì gli occhi, anche quelli di Ivarsen erano rossi e attorniati da ombre nere. Lo sentì ringhiare come un leone, si mise in ginocchio afferrandola dai fianchi per alzarla e metterla seduta sopra di sé, smuovendola su e giù, sbattendola e ringhiando di una voglia così violenta e passionale mai provata con nessun'altra donna.
Adonis gli strinse i capelli con una mano per reggersi, l'altra la poggiò sul suo petto bollente e contratto e, in preda al piacere, iniziò a muoversi anche lei su di lui, inarcando la schiena e ondeggiando con i fianchi. «Oh- merda...Adonis.» Ivar ringhiò, fissandola con gli occhi sgranati a quei movimenti, come se quel corpicino avesse già posseduto chissà quanti uomini. E invece, stava possedendo solo lui, il primo e l'ultimo.
La consapevolezza di essere solo lui in quel momento a farle tutte quelle cose proibite, scatenava qualcosa di straordinariamente spaventoso dentro di lui; come se qualcosa volesse uscire fuori allo scoperto per unirsi anch'esso con la bestia di lei che la guidava nell'accoppiarsi con lui senza limiti. Ammirava, toccava, mordeva e leccava ogni centimetro del corpo di quella piccola fanciulla ormai preda del piacere che le stava causando quell'uomo, era minuscola in confronto a lui; le mani di Ivarsen coprivano completamente i suoi fianchi, le cosce di lei erano completamente aperte per permettergli di marchiarla e con quelle mani delicate lo accarezzò dulle guance, facendolo rabbrividire e portare persino gli occhi indietro per un piccolissimo asso di tempo.
«Ivar- Ivar...Ivar...che stai facendo...»
Adonis tremò, sentì due canini farsi spazio nel solco dei suoi seni, passando lentamente nell'incavo del collo. Le mani strinsero ancora il bacino di lei, spingendo il proprio l'addome contro il ventre di lei, sentendo quel marchio nero bruciare e pulsare.
Stava impazzendo, voleva morderla, perché?
Respirò l'odore del sangue, quello di lei.
Sentì il letto smuoversi sotto di loro e guardando dietro di lei, vide il proprio riflesso dallo specchio. Incrociò i suoi stessi occhi rossi, attorniati da ombre nere, sentì bruciare qualcosa sulla schiena e la voce sottile e squillante di Adonis gli rimbombò in testa, sentendo in quel preciso istante di essersi riversato in lei senza nemmeno pensarci.No... no, cosa ho fatto?
Cosa ho fatto...
Cosa le ho fatto? Cosa sto facendo?
Cosa gli ho fatto? Perché l'ha fatto?
Qualcuno bussò per la terza volta e Ivarsen aprì finalmente gli occhi da quel profondo sonno.
Si mise immediatamente seduto, col fiato corto.
Sta bussando qualcuno...
Si guardò i pantaloni, ritrovandosi a dover nascondere l'enorme erezione causata da quel cazzo di sogno. «Merda.» ringhiò sommessamente, arrossendo senza rendersene conto. «Avanti.» Rispose successivamente ad alta voce. La porta si aprì, rivelando una donna della servitù che si inchinò e guardò in basso; nessuna delle donne poteva guardare il Re appena sveglio, nemmeno da nudo, soprattutto ridotto in quelle condizioni.
«Maestà, chiedo umilmente perdono per l'intrusione. Avete visite. L'ospite la sta attendendo.» Parlò la donna.
A quelle parole, lo sguardo accigliato di Ivarsen si ammorbidì e gli occhi brillarono di meraviglia:
«...È arrivata.»Quel sogno scosse il suo animo.
Strinse le gambe con vergogna, al risvegliò si ritrovò con un fuoco in mezzo alle gambe e l'intimità bagnata.
Come poteva spiegare quel sogno?
Come poteva guardarlo negli occhi?
...Adonis, è un uomo di trentasei anni.
Merda...
Che vergogna. Che vergogna.
Un sogno scombussolato, quasi reale, vivido... fatto su un affascinante uomo, diciott'anni più grande di lei.
...Non è solo grande d'età.
ADONIS.
Si coprì il viso, trattenendosi dal darsi qualche schiaffo o addirittura un pugno per quei pensieri, ma non riusciva a non dimenticare lo sguardo voglioso e ammaliante che aveva Ivarsen in quel sogno. Sembrava tutto reale...
Lo sentiva ancora fra le gambe.
Sentiva il suo respiro, la sua voce.
Le sue mani strette contro i seni, il corpo pulsante di potere. E i suoi occhi... rossi?
Bugia. Inganno, un sogno plasmato dalla bestia dentro di lei, in quel momento era debole; non poteva uscire da lì, fino a quando non avrebbe acquistato piena fiducia di Ivarsen.
In quel momento, però, sentiva la presenza di qualcuno...Una donna.
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𝐏𝐀𝐈𝐍𝐒𝐇𝐄𝐋𝐓𝐄𝐑
Fantasy"Lei, un mostro ribelle persino a sé stessa, inaspettatamente innamorata di un Re stanco, privo di pace e felicità. Entrambi figli del nulla e servi del dolore; prigionieri di una maledizione, che porterà la bestia dentro di lei al proteggere gelosa...