Capitolo 65

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È passata una settimana da quando ho scoperto di essere incinta. Ed è passata una settimana da quando ho litigato con Niccolò. Lui ha cercato di contattarmi in tutti i modi possibili i primi giorni. Poi ha capito che non avevo intenzione di rispondere, così ha smesso di chiamarmi. Ma continua a mandarmi qualche messaggio al giorno.

So che non è per niente un comportamento da persona matura, ma non riesco a capire cosa dovrei fare. Io lo amo, ma non voglio tornare con lui perché odio quello che era diventata la nostra relazione e come è cambiato il nostro rapporto. Ma allo stesso tempo, non trovo la forza per mettere un punto a tutto questo. Non sono pronta a separarmi da Niccolò, specialmente adesso che porto suo figlio in grembo, perché siamo cresciuti insieme e ne abbiamo passate di tutte i colori insieme. Ci siamo sempre stati l'uno per l'altra e, comunque vada, lui resterà per sempre l'amore più grande, bello e sincero di tutta la mia vita.

Adesso sono in macchina e ho appena parcheggiato sotto casa mia. La casa in cui io e Niccolò stavamo iniziando a rendere più solido il nostro rapporto.
Sono venuta per prendere dei vestiti dal mio guardaroba, dato che ho deciso di andare a dormire da Camilla per un po'.

Niccolò in questo momento dovrebbe essere a lavoro e quindi non dovrei correre il rischio di incontrarlo.

Scendo dalla macchina e mi avvio verso l'entrata di casa mia. Prendo la chiave, la inserisco nella serratura e apro la porta.
Mi trovo davanti Niccolò con un coltello in mano e lo sguardo palesemente spaventato. Quando vede che sono io, tira un sospiro di sollievo.

<Chià, ma sei te? M'hai fatto pija un colpo> poggia il coltello sul mobiletto che c'è all'entrata e si mette una mano sul cuore, respirando rumorosamente.

Ma lui che ci fa qui?

<Ma tu che ci fai qui? Non dovresti essere in studio?> Entro in casa per poi chiudere la porta.

<Potrei farti la stessa domanda... Tu che ci fai qua?>

<È casa mia, e poi non si risponde a una domanda con un'altra domanda> incrocio le braccia al petto, sperando di assumere una posizione di fermezza.

<Jacopo mi ha detto che potevo rimanere a casa perché non c'era la necessità che io mi presentassi un studio stamattina> dice lui mentre si passa una mano tra i capelli.

La fortuna, come al solito, è sempre dalla mia parte.

<Ah... Capisco... >
Passano un paio di minuti, durante i quali stiamo in silenzio.

Stavolta è lui a parlare.
<Perché non hai risposto alle mie chiamate e ai miei messaggi?>

<Mi sembrava di essere stata abbastanza chiara, quando ti avevo detto di non cercarmi perché non ho voglia di sentirti> ho pronunciato queste parole con un tono così glaciale, da farmi paura da sola.

Capisco di averlo colpito perché fa un passo indietro.
Boom. Sono certa che queste parole gli siano arrivate dritte al petto, come una coltellata. Mi dispiace un po' .

<Chiara, mi hai lasciato qui da solo. Senza nessuna risposta o spiegazione. Cosa pretendevi che facessi? Mh? Che me ne stessi con le mani in mano ad aspettare che mi arrivasse un segnale dal cielo che mi comunicasse come stesse la mia fidanzata? Se credi questo, hai proprio sbagliato persona. Tu che ti senti sempre quella che deve prendere le decisioni, dato che ritieni me un codardo. Se hai davvero le palle come dici tu, non mi avresti lasciato senza risposta e avresti già deciso cosa fare. Cos'è cambiato? Adesso hai paura di affrontare la realtà?> anche lui incrocia le braccia al petto. Ha un atteggiamento di sfida nei miei confronti.

Quando sento uscire  dalla sua bocca "la mia fidanzata", emetto una risata amara.
<La tua fidanzata? Ma sei serio?> Stringo i pugni per trattenere la rabbia.

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