Orlo di seta

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(New York, Oggi)
Guardandomi allo specchio sistemai per l'ultima volta il ciuffo ribelle di capelli che, uscito dall'acconciatura, si era impigliato all'orecchino destro. Tutto sommato quei piccoli punti luce di diamanti mi sembravano perfetti a contrasto con il verde oliva del mio vestito.

Non appena quel pensiero sfiorò la mia mente tirai fuori il telefono dalla clutch poggiata sul lavandino, affrettandomi a scattare una foto veloce allo specchio.
Jason ci teneva a vedere cosa avessi scelto di indossare per il Gala e io, come al solito, mi ero scordata di mandargli una foto.
Dovevo rimediare.

Mi misi in posa in modo da far risaltare la seta lucida dell'abito, sperando che nessuno facesse ingresso dalla porta alla mia destra, e scattai la foto.

La tipica prassi di Jason era tornare a casa dopo il lavoro e stravaccarsi sul divano per guardare Drag Race. Ovviamente in contemporanea il suo telefono restava acceso sulla schermata di Instagram e, dato che la risposta al mio messaggio era arrivata tempestiva, capì istantaneamente che era quel momento della giornata.

Jason: Sei favolosa! Ma quel vestito è troppo lungo anche per te, stangona... finirai per pulire i pavimenti del Ritz con quell'orlo! POTEVI FARMELO ACCORCIARE.

Scossi la testa ridacchiando. Lady Dior, così lo chiamavo scherzosamente, aveva sempre un commento da fare o uno spillo da appuntare.

Uscì dal bagno e percorsi il lungo corridoio illuminato da ricercate applique di cristallo. L'arredamento era piacevolmente elegante e dentro ad ogni rientranza del muro erano posizionati bellissimi vasi.

Com'è che si chiamava quel vecchio con la barba che stava parlando con mio padre? Non sarà stato mica il direttore del Times, vero?

Ero così immersa nei miei pensieri che, scendendo gli scalini in marmo, non mi ero nemmeno accorta dell'orlo di seta sotto il mio piede finché non ci ero inciampata sopra.

Una René Caovilla volò dall'altra parte del corridoio mentre io mi ritrovavo con la faccia a terra.

Dalla mia bocca uscì un urlo.
«Signorina!» una voce maschile risuonò alle mie spalle.

Mi spostai su un fianco provando a fare mente locale. Non doveva esserci nessun osso rotto, al massimo una caviglia slogata o qualche contusione. La cosa terribile era stato lo spavento di non sentire più la terra sotto i piedi per un momento.

Non ebbi nemmeno il tempo di assicurarmi di non aver lasciato l'impronta del rossetto sul marmo bianco che una presenza si fece spazio nel mio campo visivo. C'era un uomo in smoking davanti a me. I miei occhi corsero lungo sua figura, da testa piedi. Sembrava essere un gran fico.
In realtà speravo solo che non fosse un'allucinazione per la botta presa.

«Signorina -ripetè- si è fatta male?» e mi porse una mano. Sul momento non la afferrai, non riuscivo a capire se fossi più in shock per la caduta o per quella apparizione. Era successo tutto così in fretta.

Mi misi seduta e scostai quel maledetto ciuffo di capelli che era di nuovo scappato dalla mia acconciatura.
«Sto bene, sto bene.» gesticolai mentre controllavo se il vestito fosse integro e ne sistemavo le spalline. Non volevo di certo rimanere nuda davanti ad uno sconosciuto. «Ora mi alzo.»
L'uomo fece un passo indietro per guardarmi meglio «Ha fatto un volo.»
«Già» recuperai la borsetta accanto a me «Che figura di merda che ho fatto.»
Lui sbottò un ghigno e poi si schiarì la voce «Stia tranquilla, sono stato l'unico ad assistere alla scena.». Io annuì come se quell'affermazione avesse anche solo potuto minimamente alleviare l'imbarazzo di quel momento.

Mi alzai da terra con il ginocchio destro dolorante ma, a pelle, constatai che non dovesse esserci nessun trauma significativo.
Finalmente misi a fuoco il volto del mio interlocutore e mi si seccò il respiro in gola. Potevo confermarlo: era un grandissimo fico.
Nell'insieme era davvero un bell'uomo, ma la cosa che mi colpì maggiormente furono i suoi occhi. Erano chiari, ma paradossalmente intrisi di un blu acuto e quasi oscuro, come le acque degli oceani più profondi.
L'illuminazione soffusa del corridoio non aiutava, poiché giocava pericolosamente con le ombre e con la luce riflesse nei suoi occhi, conferendogli un'intensità sempre più forte ad ogni sguardo.

Behind Mr. Craine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora