Disastro in reparto

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Consegnai le ultime due cartelle cliniche del giro post-operatorio all'infermiera e mi diressi subito in sala specializzandi per farmi un caffè.
Quando arrivai ringraziai il cielo che la stanza fosse vuota perché la testa sembrava scoppiarmi.

Decisi di aprire il mio armadietto e diedi un'occhiata allo specchietto attaccato all'anta. L'immagine che mi restituì era a dir poco apocalittica. Fui costretta a rifare quella che una volta era una treccia ma, per il trucco sbavato che aveva ceduto dopo l'intensa giornata di lavoro, non c'era stato niente da fare.

Aspettando il caffè alla macchinetta guardai l'Apple Watch al mio polso: erano le 7:40 pm e io avrei finito di lavorare per le 9:40 pm.
Dalla mia bocca uscì un lamento scocciato, sentivo già il peso delle ultime due ore di turno. Sarei stata in ambulatorio, sommersa da consulenze interminabili e visite lunghissime. Pustole di qua, prelievi del sangue di là.

Gwen non aveva ancora risposto al mio messaggio. Strano, pensai. Forse era ancora in sala operatoria.
Le scrissi che l'avrei aspettata alla reception del reparto di chirurgia.
Lei, come di consuetudine, sarebbe stata con me per il turno in ambulatorio.

Sorseggiavo il mio caffè con gli occhi pesanti mentre attorno a me c'era un gran via vai di medici, pazienti ed infermieri. Amavo gli ospedali proprio per questo motivo: non eri mai solo e c'era, paradossalmente, così tanta energia, anche dietro le cose più banali.

Con lo sguardo osservai la stanza davanti a me, era la duecento otto, e al suo interno c'era una famiglia.
Il padre doveva sicuramente aver subito un'operazione e moglie e figli lo stavano salutando perché l'orario delle visite era finito.

C'era così tanto affetto in quei gesti che rimasi
imbambolata a fissarli, fino a quando una morsa si chiuse attorno al mio stomaco e decisi di voltarmi dall'altra parte.

«Ada?» Mi sentì chiamare «Ma che stai facendo?» era Gwen.
«Alla buon'ora!» Mi voltai con ancora il mio caffè in mano «Ti stavo aspettando, piuttosto tu che stavi facendo?»
«Secondo te?» Posò una cartella clinica sul bancone «Operavo, ovviamente.» Disse con nonchalance per poi sistemarsi la coda di capelli corvini.

«Fortunata -bevvi un sorso del mio caffè- la dottoressa Ramirez a stento mi lascia richiudere i pazienti.»
«Lo sai che quella è fatta così...» Incrociò le braccia al petto «Per lei è sacro il suo lavoro, è una mezza fanatica esaurita per la neurochirurgia.»
«Si ma anche io vorrei poter condividere questo suo fanatismo e invece mi sento solo esaurita e inutile. Magari avessi un tutor come Prince...» Sbuffai.

Se solo avessi scelto di specializzarmi in chirurgia generale come Gwen a quest'ora avrei avuto Royce Prince come mentore, il primario del reparto nonché storico migliore amico di mia madre.
Ovviamente non avrei voluto essere sua allieva per farmi raccomandare, non ne avevo di certo bisogno, ma ammiravo il suo impegno nel coinvolgere e fare imparare gli specializzandi. Tutto il contrario della Ramirez, che quasi ci disprezzava e trattava come suoi lacchè. Ed eravamo soltanto in due.

«Prince si è sempre fidato troppo a parer mio. Ti ricordi quando al primo anno, una volta al mese, lasciava lavare il più bravo tra di noi per farlo operare con lui? È fortunato che non sia mai successo nulla di grave. Adesso almeno sappiamo tutti operare e anche bene» Si arrestò per qualche secondo «O comunque, parlo per me. Io so operare bene, gli altri un po' meno.» Rettificò con espressione compiaciuta.
Gwen era fatta così: era molto sicura di se, fin troppo spocchiosa a volte, ma era la conseguenza direttamente proporzionale del suo enorme talento, che oltretutto compensava la sua statura minuta.

Per il primo anno, durante il quale noi specializzandi avevamo dovuto fare almeno un internato in tutti i reparti di chirurgia dell'ospedale, lei era sempre stata in testa a tutti noi per preparazione e dedizione. Ma quando, finalmente, dall'anno dopo avevamo avuto la possibilità di scegliere in quale reparto iniziare la residency e completare la specializzazione, Gwen aveva scelto chirurgia generale (e io, ovviamente, neurochirurgia).
Ormai eravamo al quarto anno di specializzazione, e lei eccelleva ancora nel suo corso.

Behind Mr. Craine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora