Capitolo 1 - Foglie

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TW: dca

Sono sempre stata una bambina silenziosa, non perchè non avessi nulla da dire, anzi..se avessi dovuto esprimere a parole tutto quello che mi passava per la testa penso che a quest'ora avrei  un serio problema alle corde vocali. Avevo paura. Paura di "superare il limite", di essere di troppo, ingombrante.

«Con il tempo passerà, vedrete» era quello che disse la psicologa ai miei genitori. Sono passati dieci anni, ed è ancora tutto uguale in me. L'aspetto esteriore, quello è cambiato.

Da bambina ero minuta, con le guance sempre rosee..come se mi fossi spalmata sul viso la polpa di una ciliegia. I capelli lunghi, lisci e neri. Si, in caso ve lo stesse chiedendo, il soprannome più gettonato era "Biancaneve".

«Io non sono Biancaneve! Lei ha i capelli corti» come darmi torto. Non mi piaceva quel soprannome, non mi piaceva l'idea di essere paragonata ad una principessa, così delicata, così gentile, così pura.

Così leggera.

Non mi piaceva essere paragonata a lei e i miei capelli lunghi erano il mio punto di forza. Ma qualcosa si smosse.
Con il passare del tempo iniziai a sentirmi pesante, tutto sembrava essere di troppo, persino l'ossigeno intorno a me. Dovevo svuotarmi, avevo bisogno del vuoto.

Un conato.

"Fallo"

Un altro.

"Tra poco passerà tutto"

Lacrime.

"Starai meglio"

Vuoto.

"Che cosa ho fatto?"

Vergogna.

"È solo colpa mia"

Silenzio.

Con i sensi di colpa alle stelle andai in camera e feci ciò che più riusciva a cullare la mia anima: leggere.
Leggere non mi dava speranza, ma alleviava il dolore. Le mie foglie non smettevano di cadere, in pieno autunno, ma leggendo la loro caduta diveniva una danza. Le mie foglie danzavano verso l'oblio, consapevoli del loro destino e quasi impassibili difronte alla loro fine.
Leggere mi aiutava ad uscire dal mio corpo, dalla mia vita. Diventavo qualcun'altro tra quelle righe, mi sentivo invincibile. Ma il libro arrivava alla fine e tornavo ad essere solo Lea Smith. Un groviglio di ossa e carne che, però, aveva un talento. Scrivere.

Parlare non era la mia specialità, dire le cose ad alta voce era impensabile per me.
Perciò mi fiondai sulla scrittura, sin dal primo istante divenne una droga, diventai dipendente dalla penna. Scrivevo di tutto: della mia giornata, dell'ipotetica vita degli altri e della vita di ipotetica persone. Sognavo di diventare una scrittrice.

«Un giorno qualcuno si farà accarezzare l'anima da un mio libro» me lo ripetevo ogni vota, ma la convinzione durava poco.

E poi Yale. L'unica ombra di futuro concreta che riuscivo ad immaginare. Quando iniziai a stare male cercai ogni informazione possibile su internet e nei libri, questo mi portò a conoscere bene il mio disturbo sotto ogni punto di vista, ma quella curiosità si trasformò ben presto in passione. Studiare psicologia, questo volevo fare, e Yale era il posto perfetto. Ovviamente i miei genitori non furono tanto d'accordo, non lo sono tutt'ora, ma sono una ragazza molto testarda. È il mio futuro, preferisco sbagliare e distruggermi con le mie mani piuttosto che farmi distruggere dalle scelte degli altri.

E arriviamo al presente..

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«Andrai a Princeton, smettila con questa storia di Yale» disse mia madre risvegliandomi dai miei pensieri. Yale non è posto per me, studiare psicologia dove può portarmi? Princeton è l'università giusta, per diventare architetto come mio padre. Ormai avevo imparato quella cantilena a memoria.

«Mamma. Puoi, per una volta, lasciarmi spiegare?» presi il suo spospiro esausto per un "sì".
«Tra pochi giorni chiuderanno le iscrizioni per il prossimo anno, vi chiedo di darmi almeno una possibilità» in me iniziò a farsi spazio una strana e folle idea.
«Ti abbiamo già detto di no, almeno una ventina di volte» la voce di mia madre si allontanava sempre di più, e si avvicinava un'altra vocina: "compila quell'iscrizione". Una pazzia bella e buona, con quali soldi avrei pagato in caso? Se i miei genitori avessero scoperto una cosa simile per me sarebbe stata la fine.
«Quindi basta. Vai a preparare gli ultimi scatoloni, dai» quasi dimenticavo, domani ci trasferiremo. Mio padre ha ricevuto un'opportunità di lavoro che solo uno stupido rifiuterebbe, e non solo per la montagna di soldi che intendono dargli, ma anche perchè la sede è a Miami. Un sogno, direte voi, come darvi torto.
«Andrà bene, vedrai» disse mia madre accarezzandomi il viso. Non saprei cosa aspettarmi da tutta questa situazione. Dovrei avere paura? Cosa è giusto provare in questi casi?
Risposi alla sua carezza con un sorriso, quasi forzato. Non le importava un granchè dei miei sogni, ma era sempre pronta a rassicurarmi.

Ero ancora nella mia stanza, sul mio letto, in quelle quattro mura che avevano visto così tanto. Mi rendo conto solo ora, stupidamente, che già domani mattina questa non sarà altro che una stanza qualsiasi, altre persone verranno qui a riempirla con nuovi ricordi, cancellando i miei vecchi.
Sento una lacrima calda cadermi lungo gli zigomi, non so perchè sto piangendo, ma perchè non dovrei? Questo è il mio posto sicuro, ma per la prima volta in vita mia voglio cogliere l'occasione di ricominciare.
Chiusi gli occhi.
"Che sia la fine.." pensai.
"Che sia la morte.." un lungo respiro.
Aprii nuovamente gli occhi "per un inizio più bello".
«Per un inizio più bello» sussurrai piangendo.
Un' ultima possibilità.

Come ogni sera prima di andare a dormire scrissi tutto sul mio quadernino: momenti particolari della giornata, pensieri, sensazioni. Sembrava tutto così reale.
Chiusi il quaderno.
Andai nel letto e aprii il libro. Pronta a cambiare corpo, identità e tempo, per avere un pò di sollievo. Mi addormentai dolcemente e lentamente, non me ne resi conto.
Il mattino dopo mi svegliai con il libro in faccia, e quella non era più camera mia.

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Un raggio di sole mi picchietto sugli occhi. Ecco di nuovo quella strana sensazione di vuoto.
Ho davvero lasciato andare tutto quanto? Non è rimasto nulla?
«Lea sei pronta? Dobbiamo andare» sentii mia madre gridare dal piano di sotto.
Era arrivato il momento.
Arrivata al cancello mi voltai, guardando ciò che mi stavo lasciando alle spalle: paure, paranoie, pesantezza, vergogna, quel disturbo. Non volevo più niente.
Tentai tantissime volte di vomitare tutto fuori, ma tornava sempre..puntualmente.
Ma questa volta c'era qualcosa di diverso.

«Si mamma, sono pronta»
Si Lea, sei pronta.




SPAZIO AUTRICE.

Ecco il primo capitolooooo, sono davvero emozionata. Spero vi piaccia💜
Ci tenevo a ringraziare, di nuovo, tutte le persone che anche tramite TikTok mi stanno supportando! Continuate a farmi sapere cosa ne pensate, vi leggo tutti!

Il secondo capitolo arriverà presto, promesso. Intanto vi ricordo di seguirmi sugli altri social, anche perché vi svelo una cosina.
Oltre alla lettura e alla scrittura c'è un'altra passione che possiede il mio cuore da ben 8 anni: la musica. Canto e scrivo canzoni. Se vi va passate ad ascoltare le mie cover su Instagram e Youtube, e non perdetevi "NIENTE" il mio primo inedito!

Instagram: roxae_
TikTok: ilgattoconlevans_

Alla prossima💜

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