Capitolo 3 - Legno

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«Sicura di voler andare sola?»

«Sì mamma, grazie»

Sto per mettere piede alla Keystone. Il mio petto si alza e si abbassa sempre più velocemente. Provo a chiudere gli occhi. Ora scompare tutto. Li riapro, ma nulla è cambiato. Sono ancora qui.

Mi faccio coraggio e mi avvicino all'entrata.

"Forza" ripeto a me stessa, "Andrà bene".

Un passo dopo l'altro entrai nella mia nuova scuola. Era tutto così strano: il colore delle pareti, i rumori, le persone.

"Ho un brutto presentimento". Iniziai ad agitarmi, le mie mani si strinsero in pugni e le persone intorno a me erano diventate macchie saturate che si spostavano a rallentatore, il suono divenne ovattato. Mi guardai intorno e mi resi conto che quello non sarebbe mai stata la mia scuola. 

Mi fermai di colpo al centro del corridoio, dov'ero finita?

Dove sto andando? mi resi conto troppo tardi di averlo detto ad alta voce, «Se non lo sai tu» disse un ragazzo sorridendo. Rimasi incantata per qualche secondo, dei ciuffi castani gli sfioravano gli occhi marroni. Erano caldi, con qualche striatura più chiara, mi ricordavano il legno e subito mi chiesi come sarebbe stato farsi consumare da quegli occhi, se solo avessero preso fuoco.

Un colpo di tosse mi riportò alla realtà «Tutto bene?» chiese confuso il ragazzo.

«Sì, scusami. Mi ero...»

«Persa?»

«Sì, persa» cercai di allentare l'imbarazzo, ma i suoi occhi continuavano a torreggiare sui miei.

«Vedo che hai la mappa» indico la mappa della scuola nella mia mano.

«Ti aiuto io» disse avvicinandosi. Lo guardai a bocca aperta, era davvero alto. Si abbassò leggermente per guardare meglio la mappa e venni inondata dal suo profumo: caffè, noce moscata e cannella. Non stavo più guardando la mappa, né tanto meno stavo ascoltando le sue parole.

Ad un tratto smise di parlare e girò il viso verso il mio.

«Lo sai...» disse a voce bassa avvicinandosi sempre di più. Ma qualcosa o, meglio, qualcuno, ci riportarono alla realtà.

Sentii un rumore fortissimo e mi girai di scatto. Vidi un ragazzo a terra e capii subito cosa avesse provocato l'urto.

«Hey, Moby Dick è tornato a scuola» disse un ragazzo avanzando verso il malcapitato.

«Lasciami stare Finn, hai rotto il cazzo»

«Non credo proprio che lo farò» fece un lungo respirò e continuò.

«Sai, sono particolarmente di cattivo umore oggi» iniziò ad avvicinarsi a lui.

«E c'è solo un modo per sfogarmi»

«Pallavolo no eh?» disse il ragazzo a terra, ma di tutta risposta ricevette un pugno in pieno naso.

«Non fare lo spiritoso con me o, per quanto mi faccia schifo toccarti, palla di lardo, distruggerò ogni centimetro della tua faccia» un altro pugno.

«Non ho paura di te, Finn» è un ragazzo bassino, con i capelli biondi liscissimi. Ha sul viso dei segni che fanno pensare che questo non sia uno dei rari episodi di bullismo che riceve.

«Non devi avere paura di me, no no. Ma di te stesso» guardai la scena imbambolata, pietrificata.

«Perchè?» sussurrai.

«Guardati» riprese Finn «Sei solamente uno scarto umano» lo prese per i capelli e iniziò a sbattergli il viso contro un armadietto.

«Se solo non fossi così grasso, forse saremmo stati anche amici» un'altra botta sorda. Sentivo il respiro aumentare, il cuore stava per esplodere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 09 ⏰

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