Capitolo 8

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Il silenzio regnava sovrano, avvolgeva ogni piccola cosa e affiancava quell'anomala oscurità che sembrava aver risucchiato i luminosi colori di Treevit. Non si sentiva alcun suono, nemmeno quello delle foglie che venivano spostate dal vento, quasi come se l'intera foresta fosse avvolta da una cupola che annullava tutti i sensi.
Varcati i confini di quella foresta, Lysbeth aveva sentito qualcuno sussurrargli qualcosa che le era sembrato quasi una ninna nanna che, poco dopo, aveva reso il dolore più sopportabile e le sue palpebre sempre più pesanti, cosa che l'aveva spinta a chiudere gli occhi per farsi avvolgere da quella strana pace. Non aveva avuto modo di scegliere, quei sussurri l'avevano trascinata in un sonno profondo che l'aveva nuovamente catapultata in quel luogo fangoso, dove non sentiva altro che urla di dolore, suppliche mentre sulle pareti rocciose vedeva scorrere fiumi e fiumi di sangue nero che pian piano raggiunse i suoi piedi, cosa che le fece notare il fatto che le sue gambe non fossero minimamente ferite.
Quella consapevolezza la fece svegliare di soprassalto e tornare in quella realtà da cui avrebbe tanto voluto scappare.

«S... Saskia...» la chiamò quasi sussurrando per poi ricordarsi di ciò che era successo.
Era sola, completamente sola, avvolta da quell'anomalia che la terrorizzava. Per quanto non riuscisse a vedere nulla, sapeva di non essere sola così come sapeva che nulla e nessuno avrebbe potuto raggiungerla per aiutarla, anzi sperava che i gemelli non avessero varcato il confine della foresta nel tentativo di soccorrerla.
Improvvisamente delle fitte alle gambe la fecero gemere dal dolore e, quando provò a muoverle, divenne così insopportabile da farle venire gli occhi lucidi. Era successo davvero, quelle creature l'avevano trascinata in quella foresta per chissà quale motivo e ora era dispersa chissà dove, sola, nel buio più totale, spaventata e con le gambe ridotte così male da impedirle qualsiasi movimento.
Nonostante tutto però, si mise su un fianco ed iniziò a strisciare sulla superficie fangosa, piantando le unghie nel terreno per riuscire a muoversi.

«L'oscurità non è tua nemica, ma i pensieri inquieti evocano ombre le cui sembianze richiamano le tue paure più grandi.» ripeté Lysbeth ricordando ciò che Flameth le disse tempo prima. L'adoratrice di Midkur affermava che gli animi più marci crescessero maggiormente nei luoghi più luminosi, dove l'illusione regnava sovrana e tutto appariva per quello che non era realmente. Al contrario, il buio celava e nascondeva le pietre più preziose perché l'occhio umano sembrava incapace di apprezzare ciò che era realmente un dono.
Ripeté quelle parole nella sua testa nel vano tentativo di scacciare la paura che le faceva arrivare il cuore in gola ma, nel momento in cui alzò il capo, le si gelò il sangue e lo spavento fu tale da farle fermare il battito per un secondo: davanti a lei, avvolti dalla più completa oscurità, c'erano due cerchi luminosi che la fissavano, immobili. Proprio in quel momento il silenzio venne infranto e tutto si amplificò: iniziò a sentire delle creature strisciare sul terreno, dei rametti che venivano infranti e dei versi inumani distorti che sembrano avvicinarsi sempre di più.

«Sangue... affine...» sentì. Era una voce distorta, strana, terrificante e, dal modo in cui quei cerchi luminosi si muovevano, pensò che provenissero proprio dal Lumen.

«Sopheriel...» sentendo quel nome subito Lysbeth sgranò gli occhi. L'aveva già sentito, lei stessa l'aveva pronunciato.

«Aiutaci...» proprio in quel momento, l'oscurità che la circondava venne dissolta e ciò le permise di guardare meglio ciò che aveva davanti: il Lumen era chinato eppure si poteva notare la sua altezza anomala, il corpo composto da un insieme di rami e radici intricate che si muovevano e avvolgevano dei teschi deformati, troppo piccoli per essere di persone adulte, cosa che le fece subito rivoltare lo stomaco.
Non volendo più guardare quella scena macabra, Lysbeth si guardò intorno e presto si pentì della sua scelta: poco lontano da lei c'era il suo cavallo e quello di Saskia, entrambi ridotti a pezzi. Vari Lumen erano impegnati a macellare gli animali per ricavarne delle ossa perfettamente pulite ed integre.
A stento riuscì a trattenere i conati, tentò persino di alzarsi per scappare via ma le ferite alle gambe la fecero cadere rovinosamente a terra, nel fango, nel terreno che man mano che veniva smosso dalle sue unghie rivelava indumenti e persino una collana con inciso il nome 'Febe'. Era stata proprio Lysbeth ad incidere vari gioielli per poi donarli a Cavalieri ed abitanti di Treevit, e ricordava perfettamente quel nome, i capelli corti e castani di quella ragazza, i suoi occhi color ambra, il viso dolce e quell'accenno di lentiggini che adornavano le sue guance.

The Bloody Pact - Sospesa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora