01- Ancora una bugia

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"Sono caduto e nessuno mi ha rialzato perché la gente si cura solo di se stessa, non si è mai preoccupata del prossimo."

Ed eccolo lì, stesso bar, stesso posto, stessa compagnia. Ian era così, ogni mattina come sua consuetudine prendeva sempre un croissant e un espresso insieme al suo migliore amico, Paul.

Era qualcosa che lo faceva stare bene e lo faceva preparare mentalmente alla sua giornata lavorativa, che giorno dopo giorno, si mostrava sempre più impegnativa.

Ian aveva trentatré anni, coniugato e padre di un figlio. Amava la sua famiglia più di ogni altra cosa al mondo, ma qualcosa gliene faceva dimenticare, gli controllava la testa fino a fargli perdere la ragione: la droga.

Quell'attrazione irresistibile lo faceva addentrare in un altro mondo, gli faceva dimenticare di ogni forma di pensiero e gli faceva rincontrare chi adesso non poteva più vedere, qualcuno di caro che purtroppo aveva perso nel corso della sua vita.

Questo era lui, questo era il suo modo di affrontare le perdite e i problemi.
La droga, di questo Ian viveva.

Ma tutto questo solo perché non aveva scelta nella vita, era condannato e viveva solo di questo. Non era felice, non sapeva cosa stava facendo della sua esistenza. Non sapeva ribellarsi al suo io, non aveva nessuno che potesse aiutarlo. Ed era questa la sua condanna a morte, nessuno lo salvava.

Ma quell'uomo dai capelli nero corvino, e dagli occhi trasparenti, in realtà aveva soltanto bisogno di comprensione. Di qualcuno che potesse farlo cambiare.

«Ian, è maleducazione guardare altrove quando proprio davanti a te ci sono io. Dovresti saperlo» rimproverò spiritosamente Paul, aggiungendo dello zucchero nel suo espresso. «Ultimamente ti vedo molto turbato e questo mi disturba. Non mi racconti più niente da un paio di giorni. C'è qualcosa che non va in te. Dimmi, come va con tua moglie, avete litigato ancora?» chiese notizie Paul, cercando di capire cosa potesse avere Ian.

«Futili discussioni, ma va tutto a gonfie vele, ci amiamo e questo è quello che conta, no? O almeno è così che si dice» rispose Ian, che stava picchiettando le dita sul bancone, ma in maniera molto nervosa. Stava dicendo una bugia, non sapeva nemmeno lui come stavano in realtà le cose con sua moglie. Nulla andava per il verso giusto.

Si chiedeva frequentemente per quale ragione sua moglie Rebecca, quando lui ne aveva necessità, gli forniva l'eroina invece di aiutarlo. Perché non provava a salvarlo da quel vizio incorreggibile?

Ma il suo migliore amico Paul nonostante tutte le confidenze, non sapeva niente di tutto questo. E non comprendeva delle volte il perché del suo strano atteggiamento. Era a conoscenza del suo malessere, ma non era al corrente di una cosa tanto grave. Ian non gliene voleva parlare, era davvero troppo difficile da raccontare tutto questo proprio a lui, non lo avrebbe accettato e non lo avrebbe compreso.

«Sono le nove in punto, dovrei fare lezione, è la mia ora. Augurami buona fortuna» salutò in fretta l'amico e corse via, lasciandogli un sorriso. Mentre Paul rimase lì, sarebbe andato alla fine delle lezioni all'uscita dell'università come ogni giorno, per incontrare una delle alunne di Ian con cui era in ottimo rapporto.

Ian era un professore, adorava il suo lavoro e aveva faticato tanto per arrivare a dove era adesso. Faceva tanti errori, eppure lì dentro spiegava giorno per giorno il senso della vita, cercava di non far commettere ai suoi alunni degli errori, che ironicamente poi commetteva lui.

Ma perché spiegare quale dono prezioso essa sia per poi sbagliare e cercare di togliersela?

Era una domanda che si poneva raramente, ma quando lo faceva era l'unica alla quale non trovava mai una risposta. Ma la verità era che non esisteva giustificazione a tutto questo.

Still A LieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora