3.Allen Trevarrow

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ALLEN
Camminavo fra le strade di Venezia con le cuffie ad alto volume nei timpani.
Erano le 5:00 di mattina e io ero già sveglia.
I capelli legati in una coda scompigliata non stavano fermi e ogni volta dovevo rifarla.
Sotto casa mia c'è un parchetto dove vado sempre per pensare.
Mi capita spesso di pensare a cose inesistenti, come quella volta dove mi sono immaginata una ragazza con un vestito nero e gli occhi bianchi e i miei genitori quando gliel'ho detto mi hanno mandato da uno psicologo.
Vedevo cose che gli altri non riuscivano a vedere o forse le vedevo solo perché sapevo di essere sola e questi pensieri riuscivano a riempire il mio animo vuoto.
Il telefono mi squillò nella tasca.
<Che c'è?>,era mia sorella in questi giorni mi chiamava spesso e non sapevo perché.
<Che ci fai fuori! Prendi freddo!>disse lei preoccupata.
<Tranquilla Margie tra un po' rientro>.
La chiamata finì con un "attenta" da parte sua.
Continuai a camminare senza fermarmi finché non arrivai al parchetto.
Finalmente mi sentì a casa.
Vagai un po' fra gli alberi che stavano lì.
Mi divertivo a saltellare di qua e di là come facevo da bambina.
Mi addentrai nella parte più buia e macabra del parco.
Io lo chiamavo parco ma era un bosco vero e proprio dove ci avevano messo delle sedie nella parte più ospitale.
Trovai un albero caduto e uno scoiattolo che si era arrampicato su esso.
Mi sedetti la sopra per poi stendermi e guardare in alto, il cielo.
Le nuvole avevano forme stupende.
Una sembrava un drago con tre teste e un altra una farfalla.
Allungai la mano come per toccarli e mi persi in quella bellezza.

Quella bellezza finì nel momento in cui il telefono squillò di nuovo

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Quella bellezza finì nel momento in cui il telefono squillò di nuovo.
Era il mio ragazzo, voleva sapere dov'ero.
<Amore! Sono a casa> mentii, non mi andava di dirgli che stavo in un bosco da sola, si sarebbe preoccupato.
<Dimmelo la prossima volta> mi sembrò un rimproverò bello e buono.
<Va bene>
<Ti aspetto a scuola> gli mandai un bacio volante e chiusi il telefono.
Mi alzai dal tronco perché era tardi ma lasciai lì sopra un disegnino che raffigurava una ragazza che volava nel cielo.
L'avevo fatto a scuola invece di ascoltare la noiosa lezione di storia, ma non mi affascinava più di tanto quindi lo lasciai lì.
Rimisi le cuffie e me ne andai.
La strada era vicina perché il parco come ho detto era sotto casa quindi ci misi poco a tornare.
Quando arrivai sopra casa presi le chiavi con appeso un ciondolo a forma di clessidra, il mio portafortuna.
<Eccomi> dissi appena aperta la porta.
<Finalmente!> fece un respiro di sollievo mia sorella prima di abbracciarmi come sempre era affettuosa.
<Vado a legarmi i capelli e andiamo a scuola>, io andavo a scuola ma Margot doveva lavorare per pagare l'affitto e la mia scuola.
Andai in camera mia.
La mia camera aveva i muri tappezzati di poster di Fasma, il mio cantante preferito, di mensole per riporre i miei amati libri e di disegnini dove raffiguravo quello che immaginavo.
Mi legai i capelli e mi misi un po' di lucida labbra perché avevo tutta la bocca screpolata.
<Pronta! Andiamo?> uscì dalla mia camera per raggiungere Margot.
Lei annuì mentre apriva la porta.
Io e lei vivevamo da sole perché i nostri genitori ci hanno abbandonato all'età di quattro anni e siamo state in un orfanotrofio fino ai diciott'anni di Margot poi lei mi ha adottato e siamo andate a vivere insieme in un appartamento a Venezia.
<Salì> mi avvisò Margot perché si accorse che ero rimasta imbambolata davanti alla sua moto.
Salì e appoggiai la testa sulla sua schiena magra.
                              🦁🦁🦁🦁
Quando arrivai a scuola, salutai Margie e me ne andai.
Rimasi un po' fuori perché mancano ancora dieci minuti e la mia amica non era ancora venuta.
Mi guardai attorno e adocchiai una ragazzina che avrà avuto più o meno la mia età.
Aveva i capelli lunghi che arrivavano fino al seno e gli occhi celesti penetranti che guardavano un ragazzo alto con i capelli Morrone chiaro con un ciuffo alzato che si stava sistemando e aveva la stessa divisa della scuola di mia sorella.
Mi avvicinai.
<Hey> riconobbi la ragazza, era Carol Winter.
<Ciao?> disse il ragazzo che non assomigliava per niente a Carol quindi lasciai perdere l'opzione fratelli.
<Ciao Carol>  ignorai il ragazzo e salutai lei. Non parlavamo molto però eravamo amiche intime alcune volte.
<Chi sarebbe?> guardai il ragazzo.
<È mio fratello grande, Louis> mi informò lei con un sorriso a trentadue denti.
<Ciao>.
Era carino ma non soddisfava i miei gusti.
<Tu sei?> chiese Louis.
<Allen "la sorella di Margie "la permalosa"> chiamavano così mia sorella senza conoscerla.
<Ah si, la conosco, stavamo insieme poi ci siamo lasciati>
Mia sorella mi aveva detto di una relazione ma non in specifico.
<Capisco> irrealtà non capivo perché non sapevo cosa ci fosse di così bello nell'amare qualcuno.
<Ragazzi io vado! Ciao Los> disse Carol prima di entrare.
<Non mi aveva detto di avere una sorellina così carina però> attaccò con me Louis mentre si avvicinava e io mi schiacciavo sopra la colonna di pietra.
<Forse perché non voleva rovinare tutto> provai a smorzare quel imbarazzo.
<Secondo me avrebbe migliorato tutto> disse lui prima di avvicinare la faccia alla mia ma quel momento venne interrotto dalla campanella.
<Vado> disse lui mentre si allontanava, poco dopo lo sentì imprecare con un <Proprio adesso doveva suonare sta campanella>, risi e lui sentì perché si girò e mi guardò come mai nessuno ha fatto.
Durante la lezione, la mia mente si impappinò ricordando come Louis mi aveva guardata.
✨✨✨✨
Dopo le lezioni mattutine, andai a mensa per mangiare in solitudine come sempre.
Adocchiai un posto libero e mi sedetti con le gambe al petto e un disegno sul tavolino che non mi piaceva.
Lo chiusi delicatamente per poi incastrarlo dentro i cuscinetti della sedia.
Iniziai un altro disegno ma stavolta disegnai Lucas con i suoi capelli marroni e le labbra sottili e rosse.
Gli occhi li calcai con la penna verde scuro perché erano la cosa più bella di lui a parer mio.
Lo disegnai come l'avevo visto oggi all'entrata della scuola.
Non misi la mia firma come sempre perché volevo darglielo senza farmi riconoscere.
Sorrisi a vedere quel disegno e poi mi ricordai che dovevo andare a prendere io il mangiare.
Mi alzai lasciando tutto lì e andai dalla dispensatrice dopo aver preso il vassoio.
Scelsi un brodo con il riso e dei taralli vicino e come dolce un pancake.
Quando ritornai al mio tavolo però non trovai più il disegnino di Louis e il mio taccuino non era dentro la borsa come sempre.
Qualcuno l'aveva preso e non l'avrebbe passata liscia se avessi scoperto chi era il colpevole.
Allontanai il piatto perché senza il taccuino non ero me stessa.
Dove potevo liberarmi dalle mie catene?
Come potevo essere libera?
Dove potevo sfogarmi adesso?
"Troverò chi è stato"
Mi dissi con molta fiducia nei miei confronti.

SPAZIO AUTRICE:
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La sua luna e il suo sole.                                                      Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora