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Sono le sette in punto e io sono qui in refettorio, come ogni mattina da due mesi a questa parte. Sono all'impiedi, le mie mani sono congiunte, la mia testa è calata e i miei occhi sono chiusi. L'unico rumore che si sente nella grande stanza è la voce della madre superiora che recita la prima preghiera della giornata. Dopo qualche minuto termina e tutte noi ci accomodiamo per fare colazione. La mia compagna di stanza nonché di tavola, Emilia, mi tocca il gomito con il suo e poi sorride.
«Non era meglio il cornetto con il cappuccino del bar qui fuori?» bisbiglia parlando dello sgarro che abbiamo fatto insieme ieri mattina mentre guarda la zuppa di latte e pane secco che abbiamo sotto al naso.
«Decisamente.»
«Dopo ci riandiamo?»
«No, si fa tardi.»
«Eddai Sole...»
«Emilia, Mariasole... avete qualcosa da dirci?» la madre superiora ci sente bisbigliare e ci richiama.
«Nossignora» rispondo io mentre Emilia si zittisce.
«Perfetto allora mangiate senza dare fastidio alle altre.»
Annuiamo e continuiamo a mangiare in silenzio. Dopo la colazione abbiamo mezz'ora di pausa e poi inizia la giornata di studio.

Siamo delle studentesse al convitto religioso di Santa Chiara a Marechiaro e viviamo qui con le suore, studiando teologia per poi alla fine del percorso, che dura un anno, prendere i voti.

«Ma tu ci pensi mai ad avere un ragazzo?» Emilia è sdraiata sul suo letto e mentre io me ne sto con un libro in mano a leggere, lei fantastica su cose impossibili.
«Tu sei pazza, smettila.»
«No Sole, stammi a sentire. Secondo me prima che questa cosa sia definitiva...» indica il posto in cui siamo e io già sospiro, poi continua «dovremmo provare a stare con qualche ragazzo. E se poi ci piace talmente tanto da non volerci rinunciare?»
«Emilia, va bene la colazione al bar, va bene anche la pizza mangiata giù sulla scogliera, ma questo è troppo anche per te. Torna in te per piacere.»
«Uffa, che noia però...»
«Emi, ricordati che io e te siamo uguali, non abbiamo nulla fuori di qui. Questo è il nostro destino.»
Mi guarda con gli occhi lucidi e annuisce.
«Lo so, ma sognare non costa nulla, no?»
«Che restino dei sogni allora. Sei pronta alla lezione? Tra poco dobbiamo scendere.»
«Sono pronta.»

Io ed Emilia, nonostante lei sia più piccola di me di due anni, siamo sempre state insieme. Lei ha diciannove anni e io ventuno ma siamo cresciute nello stesso orfanotrofio gestito da suore. Mia madre e sua madre erano amiche ed entrambe lavoravano per strada, prostituendosi. Quando mia madre è rimasta incinta di me, non sapeva nemmeno chi fosse mio padre. Partorì e dopo pochi giorni mi portò dalle suore. Due anni dopo la madre di Emilia fece lo stesso. Da allora siamo rimaste senza famiglia e le suore ci hanno cresciute, accudite e istruite. Non abbiamo mai avuto una vita normale, di maschi, per esempio, ne conosciamo davvero pochi. Gli unici che frequentavamo erano preti o chierichetti. Ricordo che giocavamo con loro a calcio e a me piaceva tantissimo. Stiamo parlando ovviamente di anni fa, ora è praticamente impossibile per noi trascorrere del tempo con dei maschi, ce lo vietano categoricamente. A me onestamente non pesa perché non li ho mai frequentati tanto e non ho mai desiderato averli nella mia vita quindi non noto il distacco, Emilia invece ne soffre di più.

Andiamo in aula per le otto e le lezioni iniziano e continuano senza sosta fino alle due del pomeriggio, poi diritte in refettorio per il pranzo. Alle tre si ritorna in camera per mezz'ora e alle tre e mezza si va in cappella per le preghiere. Alle cinque terminiamo e torniamo nelle nostre camere per studiare.

«Io vado a studiare sul retro, vieni con me?»
«No, mi annoio là dietro, lo sai. Ci vediamo dopo qui.»
«Va bene a dopo.»

In effetti il retro del convitto non ha nulla di invitante e non c'è mai nessuno ma a me piace proprio per questo. È proprio dietro la cappella del convitto, è silenzioso ed è il posto giusto per concentrarmi e studiare. Mi siedo sull'unica panchina che c'è nel mezzo del giardinetto e apro il mio libro. Leggo un capitolo, poi due, poi tre. Quando sono a metà del quarto qualcuno interrompe la mia concentrazione chiedendomi qualcosa. Alzo lo sguardo e mi ritrovo un ragazzo alto, col ciuffo scompigliato dal vento, una barbetta rossiccia e le mani in tasca che mi guarda con insistenza.

«Scusa cosa hai detto?» ci metto qualche secondo per mettere a fuoco la situazione e ricordo che mi ha chiesto qualcosa.
«Hai ragione, il mio italiano è pessimo perdonami ma non sono di qui» l'ho messo in imbarazzo, ora crede che voglio fare l'antipatica, accidenti.
«Non è colpa tua, ero distratta. Dimmi...»
«Per Calata Ponticello vado bene di qua?» indica la strada che porta giù alla scogliera e io annuisco.
«Sì, devi scendere di là e camminare per qualche minuto. Però ti assicuro che il paesaggio è bellissimo, non te ne pentirai.»
Lui annuisce e poi parla.
«Me lo hanno detto in molti, ti ringrazio e scusami se ti ho interrotta.»
«Nessun problema» rispondo e lui sorridendo si allontana.

Continuo a fissarlo mentre va via perché non posso credere ai miei occhi: quello è senza dubbio Khvicha Kvaratskhelia.

Al convitto abbiamo pochi svaghi, pochi passatempi e men che meno guardiamo sport soprattutto con protagonisti degli uomini. Ma la mia fortuna è che a Suor Consiglia piace il calcio e ha un abbonamento per vedere le partite del Napoli per cui fa il tifo da sempre. A volte quando guarda le partite mi chiama perché sa che anche a me piacciono ed è così che conosco i calciatori attuali del Napoli. E no, non ho dubbi, quello era proprio il numero settantasette del Napoli.
Resto lì ancora per un'ora abbondante ma lui non risale, così, visto che è quasi ora di cena me ne torno dentro un po' delusa. Volevo anche solo salutarlo, sorridergli e vedere come avrebbe risposto ma purtroppo non succede.
Torno in camera, poso il libro e non dico nulla ad Emilia che farebbe troppo casino se sapesse che ho parlato con un ragazzo. Non mi lascerebbe più andare da sola sul retro e me la ritroverei sempre attaccata addosso.
«Andiamo a cena?» le chiedo quando è il momento ed insieme scendiamo. Ci mettiamo al nostro posto, preghiamo tutte insieme prima di cenare e poi iniziamo. Dopo cena ci riuniamo per la serata cinema e per le dieci siamo in camera nostra.
Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi, mettendo in replay la scena di oggi pomeriggio.
La sua voce, poi i suoi occhi, la sua timidezza, il suo sorriso.
Abbiamo scambiato poche battute ma mi è sembrato di una dolcezza unica, mi incuriosisce molto.

Spero di vederlo ancora. Lo spero e nel frattempo non riesco ad addormentarmi perché il cuore mi batte troppo forte in petto.


***
Ed eccomi qui, sono ritornata con una storia mooooooolto particolare. Spero vi piaccia, fatemi sapere! Un bacio a tutt* 😘💙

Destinati | Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora