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L'ho lasciato andare. L'ho guardato allontanarsi dalla scogliera, risalire quella strada per poi sparire nel suo suv nero. Gliel'ho lasciato fare e non l'ho fermato. Ho lasciato che l'amore della mia vita lasciasse la mia vita senza muovere un dito. 
E ora sono qui, nel mio letto a frignare come una bambina che è caduta e si è sbucciata un ginocchio. Magari mi fossi solo sbucciata un ginocchio, magari. Invece ho il cuore in mille pezzi e ciò che è peggio, o forse meglio, è che ho un ritardo di sette giorni. 
Sapevo a cosa andavo in contro, l'ho voluto, l'ho fatto succedere io ma ora che probabilmente è successo ho così tanta paura che non so cosa fare. Non ho neanche il coraggio di fare il test. 
Ho la nausea da ormai dieci giorni, odio ogni tipo di odore forte e sento puzze ovunque. Per non parlare della stanchezza cronica che sento, mi sembra di aver corso la maratona di New York per ogni rampa di scale che faccio. 
Sono incinta e lo so. E ne sono felice, ripeto, l'ho scelto. Ma Khvicha no, non l'ha scelto. E se non lo volesse? E se l'avessi deluso così tanto da non volermi più nella sua vita? Se avessi fatto una sciocchezza? Ora come faccio con le suore? Cosa ne sarà della mia vita?

«Che pizza vuoi? Suor Silvana vuole saperlo che deve ordinarle. La solita Nerano?»
Appena sento il nome di quella pizza storco il naso.
«No, per carità, la puzza del provolone del monaco potrebbe farmi vomitare da un momento all'altro. Per me una margherita, grazie.»
«Ma tu ami il provolone del monaco...» mi guarda a bocca aperta e io alzo le spalle.
«Ultimamente non amo i formaggi, non so...» distolgo lo sguardo dai suoi occhi e mi metto seduta alla scrivania.
«Mah, ok. Allora margherita sia. Io scendo in sala comune, le ragazze volevano giocare a carte. Tu vieni?»
«Nono, devo finire di studiare. Ci vediamo a cena.»
«Va bene, a dopo» volta le spalle e fa due passi verso la porta, poi torna a voltarsi guardandomi. «Sicura di stare bene? Con me puoi sfogarti, lo sai. So che l'addio a Khvicha ti fa stare male, se vuoi parl...»
«Sto bene, grazie» la interrompo e poi sorrido, fingendo che vada tutto bene.
«Ok, come vuoi. A dopo.»
«A dopo.»

Esce dalla stanza e io torno a buttarmi sul letto e a piagnucolare con la faccia nel cuscino. Poi mi viene in testa di fare una cosa, una cosa che non avevo mai fatto prima. Mi alzo e mi metto di fronte allo specchio. Resto lì immobile per un'infinità di secondi, poi faccio un respiro profondo e mi alzo la maglia. I miei occhi corrono subito all'immagine riflessa del mio pancino e lo fissano. Sono magra e onestamente non vedo differenze rispetto alla me del mese scorso. Sfioro la pancia con i polpastrelli e mi vengono i brividi: non si vede ancora ma dentro di me c'è una vita, una vita nata dall'amore tra me e Khvicha. 

Dovrei dirglielo? Sì, devo. Anche perché poi, per affrontare tutto quello che ne verrà devo avere lui al mio fianco. Lui che è da sempre la mia fortezza, il mio unico riparo nelle notti tempestose.

Sospiro e torno a letto, non riuscendo a far altro che pensare a cosa fare. Forse è meglio aspettare ancora un po'. Tra un mese glielo dirò, giuro. Ora è a Ibiza e non voglio disturbarlo. 
Ad Ibiza con Cyril, chissà che starà combinando. Mi starà pensando? Gli manco? Penso di sì. Mi ha pregato, fino all'ultimo istante tra le lacrime, di cambiare idea e di scegliere lui e i mille progetti che ha fatto per noi. Lui mi ama e lo so e sarebbe felicissimo di diventare padre.

I miei pensieri durano ore e giunge l'ora della cena. Mi sciacquo il viso e scendo in refettorio. Mangio la mia margherita, chiacchiero un po' con Emilia e le altre anche se non mi interessa minimamente di ciò che stanno dicendo e dopo un paio di ore me ne torno in camera. 
Le mie giornate passano così fino a che due settimane dopo, non faccio il giuramento. Divento una suora a tutti glie effetti, una novizia. E nel frattempo non ho avuto il coraggio di parlare con Khvicha né con nessun altro e non ho nemmeno contattato un medico. Ora poi, mi sono trasferita in un convento su un monte in provincia di Benevento e tutto ciò che mi circonda sono boschi e prati. Ogni giorno che passa ho l'ansia che qualcuno potrebbe scoprirmi o che possa succedere qualcosa al bambino. La mia pancia ora è un po' più gonfia e inizio a vedere cambiamenti anche al mio seno. Sto sempre attenta a non farmi vedere nuda da Emilia perché sveglia com'è capirebbe subito. Come devo fare? Forse ho fatto un passo scellerato ma ora non posso tornare indietro.
La sera stento a prendere sonno a causa dei mille pensieri e la mattina spesso mi sveglio presto per la nausea. Cerco di fare meno rumore possibile ed Emilia non si è mai accorta di nulla. O almeno credevo. Poi una mattina, alle sei, uscendo dal bagno dopo aver vomitato anche l'anima, me la ritrovo seduta sul bordo del suo lettino che mi fissa.

«Quando lo dici a Khvicha?» mi chiede e non so che risponderle.

Destinati | Khvicha KvaratskheliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora