Si capiva che la primavera doveva affondare le proprie radici, gli uccelli scavavano col becco il terriccio e si mangiavano i semi piantati nel giardino di casa Calcinacci.
Raffaele metteva spesso una mano tra il suo viso e il sole, di tutta risposta il sole perimetrava la mano per scivolare tra i ricci di caffè. Quel giorno si sarebbe presentata la sostituta del professor Tomassoni.
Raffaele si fece piccolo nella classe per passare indisturbato, mentre in lontananza si sentivano dei passi avvicinarsi. La porta venne garbatamente aperta e accompagnata alla chiusura, una borsa venne poggiata affianco alla cattedra ed elegantemente la sedia della professoressa venne spostata e occupata. Fece cenno con la mano di alzarsi
<<Buongiorno, io sono la professoressa Linda Micheletti>>
Riprese poi con un giro di presentazioni della classe. Raffaele sapeva fosse un rito tradizionale, nonostante ciò pensava sempre all'idea di sottrarsi, farsi sostituire dal silenzio.
Finite le presentazioni, la professoressa invitò la classe a rivelare i propri progetti per il futuro. Quanto lo spaventava il futuro: più vedeva le risposte schiette, senza dubbi dei compagni, meno voleva parlare. Non aveva forse studiato abbastanza? Anche il futuro aveva i suoi interrogativi. E mentre tutti rispondevano, Raffaele dov'era? Perché era così dubbioso? Come se ci fosse una risposta giusta alla domanda e lui non riuscisse a trovarla. Toccò a Raffaele e a tradirlo fu proprio uno dei suoi più cari amici, il silenzio. Quel silenzio fu assordante, tanto da costringere la professoressa a passare avanti, lasciando il ragazzo a stagnare nel vuoto.
Durante la pausa i gruppi si riformarono e parlavano tutti della professoressa Micheletti
"Lei viene da 'e città pe' bene"
"È borghese, 'n po' se atteggia"
Il paesino contava pochi abitanti e viveva in una propria realtà, non amava quelle importate da fuori. La verità era divulgata dalle vecchie del Tufello che sgusciavano le noci autunnali, i preti durante la messa domenicale e gli adulti a cui imparavi a dare del signore, ancor prima di incrociare il loro sguardo.
Le lezioni proseguirono lentamente, tra i bisbigli dei compagni; gli sembrava ancora di sentire "Miserabile" solo che stavolta non provava rancore, ma sensi di colpa.
La strada che scelse per tornare a casa tagliava la città di netto, mentre continuava ad interrogarsi sul futuro, sperando che quelle vetrine che adocchiava, delle volte col cuore stracolmo di invidia, potessero dargli degli spunti.
Muratori che spalmavano la pasta cementizia nei cantieri, gli facevano scattare l'ammirazione. Gli impiegati in giacca e cravatta, che scomparivano girando i tornelli dei palazzi, gli ispiravano curiosità. Quei vestiti che sembravano essere su misura per lui, facevano balenare idee su come ottenerli.
Erano solo idee, però. Angoscia e desiderio si stavano mescolando e non era abituato al sapore dolceamaro, solo all'insipido. Si mosse verso casa con quei pantaloni affusolati sulle scarpe, quella giacca rattoppata e quegli occhi vitrei. Vide dal vialetto il padre che curava le piante, con quei guanti usurati e umidi, quella prestanza affaticata con cui cingeva a fare le cose. A guardarlo il padre, viveva come lui, forse anche peggio. Quei sessant'anni sulle gambe li copriva con i soliti pantaloni da lavoro scuciti e una maglia sbiadita dall'età, che lasciava intravedere quelle braccia deperite.
E lentamente, col suo tempo, sotterrava le radici di una piantina e scavava un'altra buca con la paletta. Ci aveva fatto un giardino vasto così.
Raffaele entrò in casa, si sedette e poggió la nuca sulla testa della sedia. Il silenzio di quella casa, stranamente, quella volta gli fu di troppo. Sentiva solo il raschiare della paletta e a spezzare ogni tanto il vento che si infrangeva contro le foglie. Il padre entrò in casa, sudato, col fiato corto, sporco di terriccio, di macchie che sarebbero rimaste impresse su quei pantaloni consumati. Si asciugò la fronte e poi riprese il fiato.
<<'Le, c'hai fame?>>
<<No pa', tranquillo>>
Il padre fece cenno con la testa, poi cominciò a salire quelle scale polverose.
<<Pa' >>
<<Dimme 'Le>>
Raffaele non sapeva neanche come porgergli la domanda, senza risultare critico o denigratorio
<<Ma tu hai sempre voluto fa' 'r fioraio?>>
Il padre scese le scale per poter vedere la faccia del figlio, poi sorrise malinconicamente.
<<No 'Le>>
Suo padre era di poche parole. Non sapeva neanche interpretare i suoi sì e i suoi no: forse Raffaele considerava insipido ciò che non riusciva a capire, ciò che per lui era complicato.
Provava anche un senso di vergogna ad avergli posto la domanda, come se avesse sbagliato.
<<Capito pa' >>
Il padre guizzava da una parte all'altra con lo sguardo, come se le risposte fossero in giro per la stanza, lontane dagli occhi dispiaciuti del figlio.
<<T'ho preparato i ceci, se c'hai fame magna>>
Non aspettò risposta che risalì al piano superiore.
Passarono ore, Raffaele riusciva ad intenderlo con la finestra che emarginava il sole sempre di più verso l'angolo fino a farlo sparire. Accese con l'asticella la luce della stanza e aprì quei libri strappati in cui cercava conforto. Magari le sue risposte erano sotterrate in quelle righe dispersive. Ripensò un po' alla sua infanzia: era più sorridente, più felice, un bambino tanto felice da poter esser confuso con il sole, un bambino che non vedeva l'ora di diventare grande. Poi che è successo? Forse gli occorreva un po' più di tempo, in fin dei conti le radici delle piante ci mettono tempo ad affondare nella terra e a stabilirsi. Tutto d'un tratto gli diede fastidio la domanda posta dalla professoressa Linda Micheletti. Raffaele non era sicuro di ciò che era. Lui studiava e odiava la quotidianità, ma non si poneva domande su cosa ci fosse oltre. Finì di studiare con un acuto mal di testa. Entrò in camera da letto e sfinito osservò il suo riflesso dinanzi lo specchio. Aveva la stessa espressione del padre, stessi riccioli, un po' più coloriti. Più maturava e più gli assomigliava, si stava facendo un uomo. Però quel senso di inadeguatezza, di non farsi andare bene ciò che gli veniva propinato come unica alternativa, quella voglia di urlare e di prendere una posizione, quelli, l'aveva presi dalla madre. Si svegliò con un'orchidea messa sul comodino. Il padre non era un gran conversatore, più un uomo dalle cose pratiche.
Quella sera il piatto si raffreddò coi ceci dentro.
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I Fiori
General FictionUn ragazzo esprime il proprio vivere, nei giorni, nelle stagioni, negli amori, facendo del racconto il diario della sua vita.