Le begonie toccavano la loro massima fioritura. Lo vedeva nelle aiuole, mentre camminava. L'anno degli esami. C'era una dedica in quel libro di poesie.
Sonno tiranno. Sveglie al levar del sole.
Appunti sul banco, verifiche sulle incompetenze. Esercitati per cadere.
Tra Virgilio e Socrate, in
quelle equazioni filosofiche, in quei totalitarismi matematici, qualche amico in più ce lo siamo fatto. Dedicato a noi, 60 alla maturità, 68ini nella vita, persone da 100 e lode.Poi l'inchiostro si seccó e la pagina si riprese lo spazio occupato dalla penna. Richiuse il libro con la dedica dentro e lo ripose sulla cattedra.
Sporgendosi dalla finestra, vide la professoressa Micheletti, discreta, a fumare una sigaretta industriale, nell'angolo lontano del cortile. Vedendola rientrare, Raffaele sperò che la donna andasse nella classe per riprendersi il libro di sua proprietà e sentirsi più leggero con la coscienza. Per assolversi dai suoi pensieri giudicanti rimase ad aspettare la professoressa che a passi costanti si avvicinò alla stanza. La vide prima dal riflesso della finestra, dove lo sguardo ricadde sul suo stesso riflesso: indossava un pantalone sgualcito e una maglietta sbiadita. I pensieri che frastornavano la mente di Raffaele usavano parole taglienti. Erano come le pannocchie che il padre portava a Giugno: si incastravano tra la lingua e i denti ed erano difficili da ingoiare. Non erano neanche buoni come le pannocchie.<<Buon pomeriggio, Calcinacci>>
Raffaele, chinò la testa e contraccambiò il saluto. La professoressa Micheletti vide sulla cattedra il suo libro di poesie e accennò ad un sorriso.
<<Oh, l'ha riportato vedo>>
Raffaele, sorpreso, lasciò cadere quella maschera d' indifferenza.
<<Sapeva che ce l'avevo io?>>
<<Sì, ero tornata il medesimo giorno che lei lo prese e io lo dimenticai, incrociandola per il cortile dell'istituto, ma era distratto Calcinacci>>
Raffaele aveva l'orgoglio sotto terra, ricoperto dalla vergogna e i suoi occhi lo seguivano. Confuso, chiese:
<<Non aveva paura che venisse rubato?>>
La professoressa Micheletti rise amorevolmente alla domanda, ritenendola dolcemente sciocca.
<<Il pane, se si ha fame, si ruba, Calcinacci. I libri, quelli no. Quelli hanno una motivazione per essere presi, che è uguale per tutti, e se si prendono, non esiste furto per la cultura.>>
Quelle parole erano meno corpose delle pannocchie, quasi evanescenti. Vide come l'autorevole professoressa, usava quelle parole dolci e comprensive con tutti. Neanche per un istante il suo sguardo si scostò da quello di Raffaele.
Si sedette sulla sedia dinanzi la cattedra.<<Quindi, Calcinacci, l'ha letto?>>
Raffaele si vergognava di rispondere. Lo prese mesi prima, lo divorò nei giorni in cui il sole piacevolmente attraversava le persiane e batteva sul tavolo. Non trovò però un significato illuminante dietro quelle parole, se non cose che sapesse già. Non lo lesse con altri occhi se non i suoi.
<<Sì professoressa Micheletti>>
<<Ebbene di cosa parla?>>
Raffaele non si aspettava di certo una domanda del genere. Anche perché, la volta precedente che Carlotta glielo aveva chiesto, aveva sbagliato. Le sicurezze di Raffaele, a cui ostinatamente decideva di aggrapparsi, già una volta avevano deciso di tradirlo.
<<Di fiori>>
Disse titubante, lasciando dietro di lui un silenzio illeggibile, indistinguibile tra l'alleato e il nemico. La professoressa sorrise, poi tese il libro al ragazzo che ancora aspettava l'esito per la risposta data.
<<Ne sono felice>>
<<In che modo professoressa Micheletti? Quindi parla di fiori?>>
<<La poesia parla a cuore aperto, parla a ciò che senti, non esiste risposta sbagliata. E se tu, seguendo il tuo cuore, hai pensato che la poesia parlasse dei fiori, non può che essere vero>>
Raffaele notò come la professoressa neppure per sbaglio lasciò sviare l'attenzione nelle cose che li distinguevano: l'età, i vestiti, i temperamenti. Molti sapori si stavano facendo riconoscere, allontanandosi dall'insipido.
<<Può tenere il libro Calcinacci. Io l'ho tenuto per più di vent'anni, è giusto che qualcun altro lo legga.>>
Le pressioni sul libro si dimezzarono, lasciando solo le dita di Raffaele a tenerlo, come un tesoro inestimabile. Un po' era tale.
Sparì dalla vista del ragazzo.
Raffaele infilò il libro dentro lo zaino e si diresse verso casa.
Il padre era seduto sugli scalini della porta di casa, con due vasi avanti, asciugandosi la fronte col cappello, facendo intravedere i riccioli color cenere. Salutó il figlio ondeggiando il cappello, poi prese un respiro profondo, alzò il vaso e lo portò verso il furgone. Raffaele lasciò lo zaino cadere a terra, come una corazza slacciata, raccolse il secondo vaso e lo caricó sul furgone.
Il padre riprese fiato, chinò la testa e indicò con la mano l'entrata di casa.
Il ragazzo riprese lo zaino da terra e lo trascinò in casa. Si sedettero entrambi col tavolo davanti, in cucina, mentre il cielo nuvolo spezzava il clima estivo, il quale opinava sui vestiti e sulle pietanze.<<Pa' >>
<<Dimme 'Le>>
<<Ma che è la poesia?>>
Il padre aveva i nervi che erano marcati come il guado di un fiume, stanco e perplesso della domanda. Carmine Calcinacci tentò comunque di rispondere.
<<Quella che piaceva a tu' madre: fatta de' parole e bellezza, così diceva lei, pace all'anima sua. Poi io me intendo de' fiori 'Le, me dispiace>>
<<Mamma te aveva mai insegnato a fa' 'a poesia?>>
Raffaele sapeva che il padre non aveva gli strumenti per aiutarlo, ma tra tutte le persone che potevano circondarlo, era per assoluta certezza il più disposto ad aiutarlo.
<<No 'Le, Marianna era già tanto se me imparava a legge, poi n'ero 'st'intelligenza>>
Le poche volte che Carmine Calcinacci faceva trapelare la sua personalità, era col figlio.
<<Però 'Le>>
Un silenzio accompagnò il continuo della frase, mentre Carmine fissava il vuoto, in cerca delle parole giuste.
<<Nulla te vieta de' scoprillo>>
Era semplice la risposta, eppure detta dal padre, gli diede una tranquillità indescrivibile. Salì e passò davanti la stanza di Carmine e Marianna. Spinse la porta scricchiolante, che dava alla stanza. Notò una serie di libri che spaziavano dalle favole ai romanzi. Non erano poesia, ma sicuramente una base su cui iniziare. Raffaele sapeva leggere e scrivere molto meglio del padre. Molto spesso le lettere di auguri per le festività nei confronti degli affetti di Marianna, li scriveva Raffaele, sotto dettatura di Carmine Calcinacci, addolcendo le parole quando necessario. Il padre diceva di parlare coi fatti, ma dentro soffriva. Ogni tanto Raffaele, di tarda notte, quando in preda all'insonnia gironzolava a piedi nudi per casa, guardava il papà di nascosto, che con una candela illuminava le pagine impolverate dei libri e provava a pronunciarne le parole.
Non sapeva perché effettivamente non aveva mai aperto quei libri. Non gli interessavano, forse. Sfogliandoli però, sorrise alla vista di un segnalibro: un'orchidea seccata nella pagina 18. E ciò non in uno, ma in ogni libro della collezione di Marianna. Perché, in fin dei conti, Carmine Calcinacci confondeva le virgole con gli accenti.
Ma era uno studioso dei fiori.
Carmine Calcinacci sposò Marianna il 18 marzo, durante la fioritura delle orchidee. A suo modo, anche Carmine Calcinacci faceva poesia.
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I Fiori
General FictionUn ragazzo esprime il proprio vivere, nei giorni, nelle stagioni, negli amori, facendo del racconto il diario della sua vita.