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HO RISCRITTO I CAPITOLI E AGGIUNTO IL PROLOGO, SE NON VI TROVATE È NORMALE

Un'ora prima.

Penso che lo brucerò" guardo il vestito bianco appeso alla gruccia come si guarderebbe una gomma da masticare appiccicata a un vagone della metropolitana.
Manon mi posa il gomito sulla spalla e lo osserva accanto a me nel suo vestito rosa confetto. "Dai non è così brutto, e almeno tu non sembri uscita da un disegno di una bambina sbronza." Si indica, e in effetti quello strano fiocco enorme, fucsia, sul fianco se lo potevano risparmiare. "Cosa non faresti per la tua migliore amica?" Fa un giro su se stessa e tutta la gonna crea un cerchio rosa Barbie che fa a pugni con i suoi ricci rossi.
"Mi manca solo la coroncina, la bacchetta, e poi posso fare da babysitter ai marmocchi del ricevimento." Il sorriso che a fatica si è fatto avanti sul mio viso scompare in un attimo.
"Già...il ricevimento." I miei occhi si perdono tra le stampe della carta da parati, ora solo macchie indistinguibili sembrano muoversi. Lo sguardo vacilla e cade sulle mani, sono io che tremo.
Manon mi accarezza le spalle e mi risveglio da quel loop che va avanti da mesi, da anni. "Nora, dai, non potrà essere così male. Alla fine è un Osborne quello che ti costringono a sposare. Di certo non uno di quegli uomini che farebbe mancare qualcosa a sua moglie..."
"Oh, perché tu ne sai qualcosa? Dico, qualsiasi cosa?"
Mi pento immediatamente del veleno uscito così aspramente dalle mie labbra, niente di quel che sta succedendo è colpa sua.
Sospiro e mi guardo attorno nell'imponente stanza. Riporto lo sguardo sulla carta da parati, ora i miei occhi decifrano subito quelle macchie, uno stemma in calce blu "OS". Le tende sempre di quel particolare blu e la stessa sigla sul sigillo che le lega, lo sguardo fugge al di fuori della finestra verso le macchine, le strade, le case che mi circondano. Non serve un logo, si sa che le hanno progettato loro, le hanno costruite loro e che anche se ci vivessi, apparterrebbero a loro. Hanno tutto. Se l'aria potesse essere marchiata, anche quella porterebbe il loro nome. "Tutto gli appartiene, e non importa che siano oggetti o...persone. Io sono l'oggetto di scambio di una trattativa e adesso anche io avrò tatuato quel marchio addosso. Che si tratti di un anello e non di un'etichetta e puramente una formalità. Non sono nulla più, Manon."
Lei mi guarda socchiudendo le labbra diverse volte, come se avesse timore di parlare.
"Si dice che abbiano strani contatti con la mafia, ne sai nulla?"
"Non so neanche che faccia abbiano, per quanto ne so tutto è possibile."
Sbuffa con evidente frustrazione. "È assurdo che una famiglia del genere non abbia foto reperibili da nessuna parte." Oh è possibile Eccome, quando letteralmente compri le testate giornalistiche come fossero cioccolatini.
"Dicono che siano più ricchi del diavolo! Qualcuno dice che Samuel Osborne quest'anno vincerà le elezioni di New York."
"A cosa gli servirebbe vincere delle elezioni? Governano già tutto lo stato di New York!" Lei si avvicina ad un tavolino con piccolo rinfresco di benvenuto, gustando uno dei dolciumi impilati a piramide insieme allo champagne. E io ho decisamente bisogno di quello champagne. Riempio un bicchiere e lo lascio sul tavolo attaccandomi poi subito alla bottiglia. Non sono poi così egoista. "Hey piano bambina, finirai per ubriacarti o peggio finire tutto lo champagne prima che sia ubriaca io!" Prova a togliermi il vetro dalle mani, ma tracanno tutto quel che posso, l'alcol scende per la gola come dolce miele e addolcisce i miei tremori. Alla fine riesce a sottrarmi la bottiglia quasi a metà.
"Nora, non anche oggi, ti prego devi essere lucida...per qualunque evenienza." Inconsciamente mi ritrovo ad accarezzarmi la gola con i polpastrelli. "Pensi che mi farà del male?" Il silenzio che segue la domanda è assordante il cuore rischia di fermarsi in preda al terrore.
Guardo di nuovo quel vestito appeso alla gruccia, un vestito a sirena degno di una grande regina, eppure a me appare il quadro raffigurante Lady Jane Grey, una bambina vittima dei giochi della nobiltà londinese, regina per nove giorni e poi uccisa su una picca. Mi chiedo se lo stesso destino non toccherà a me.
"È ora di metterlo..." È Manon a rompere il silenzio, annuisco e mi aiuta a metterlo senza che nessuna delle due apra mai bocca.
Per la prima volta mi giro verso lo specchio, non avevo avuto il coraggio di farlo prima.
Il vestito di seta bianca mi segna il corpo perfettamente, piccoli Swarovski enfatizzano una leggera scollatura. I capelli di un biondo ormai più che innaturale cadono in morbide onde sulle spalle. Il viso è coperto da ogni imperfezione, tanto che i miei tratti sembrano completamente snaturati, ma non riesce a coprire le notti insonni. Gli occhi, coperti da lenti verdi, non aiutano di certo a distogliere l'immagine creatasi nella mia mente. Una bambola con tutti gli accessori, progettata per essere il giocattolo perfetto, la pedina.
Manon mi guarda dallo specchio con i ricci che cadono ribelli dalla sua elaborata acconciatura. "Magari...magari potresti togliere le lenti."
"No, va bene così." Mi sforzo di sorridere. Quarantacinque gradi, mi hanno insegnato così. "Oh! Manca una cosa..." Si guarda attorno nella stanza guardinga, prima di tirar fuori dalla borsa un rossetto rosso. "Manon non posso." Le sue labbra si curvano in un sorriso, gira con dita delicate il mio viso verso di lei. "Tu sai di non essere così, mostra a tutti chi sei Nora Andarson." Mi passa il rossetto sulle labbra ma nonostante questo non riesco a sorridere davvero e neanche lei. "Ma se vuoi andartene puoi Nora."
Una voragine mi si apre nel petto gli occhi si riducono a due fessure vuote.
"Sono pronta, possiamo andare." Lei ancora dubbiosa mi prende la mano e andiamo fuori dall'hotel, dove il personale della sicurezza subito mi separano da lei e mi accompagna davanti alle porte della chiesa dove mi aspetta mio padre, e nemmeno mi guarda quando gli prendo il braccio.

È questo il mio funerale?

Spazio autrice:

Alle 19:30 esce il capitolo due!

OsborneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora