𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜𝑙𝑜 𝟹

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La vita alle volte è davvero ironica: ti risvegli dopo una serata passata a far festa e scopri di essere morto, passi mezza giornata all'inferno e infine un lupo palestrato che sembrava amichevole cerca di ucciderti di nuovo in un vicolo sporco e puzzolente.

Non c'era uno specchio nelle vicinanze, ma sono sicuro se mi fossi visto in quelle condizioni avrei avuto una di quelle facce da scemo che di solito vengono alle vittime sei serial killer nelle pellicole cinematografiche: la tremarella, gli occhi lucidi e gonfi dal pianto, le mani sudate e il muso coperto di muco. In effetti però non avrei potuto avere una reazione chissà quanto diversa, vivo o morto che fossi avevo comunque un sicario davanti che stava cercando di farmi fuori, di certo non mi sarei messo a ballare la lambada o a cantare jingle bells.

Difatti mi misi entrambe le zampe sugli occhi quando vidi il suo dito farsi sempre più vicino al grilletto. Udii uno sparo ad un certo punto e una serie di strani gemiti spezzati che non capivo se fossero i miei o quelli di qualcun'altro che aveva assistito alla scena del mio omicidio.

La cosa positiva però era che non sentivo dolore, a parte quello fisso all'altezza del petto non c'era un altro punto del mio corpo che sentivo sanguinante o in procinto di spezzarsi. Forse era la beatitudine della seconda morte? Forse quando venivi ucciso all'inferno ritornarvi a vivere sulla Terra dimenticandoti tutto quanto o venivi trasportato in una dimensione più beata come il paradiso o qualcosa di simile. Forse finalmente stavo tornando nel posto in cui avrei tanto voluto andare e dove, onestamente, ci sarei finito se avessi saputo di dover morire così giovane e così preso

«Ehi straniero» sentii pronunciare in lontananza «Puoi toglierti le zampe dagli occhi. Se n'è andato»

Abbassai le braccia tremando come una foglia, dentro di me pregavo affinchè la vista dinnanzi a me fosse quella della beatitudine, un cielo limpido con nuvole soffici color bianco panna e un angelo dagli occhi blu che mi portasse verso l'eterna felicità. Invece quando tolsi le palle di pelo dal muso il panorama era lo stesso, infernale, sporco e puzzolente.

Al posto del lupo palestrato però si ergeva una figura totalmente diversa. Non riuscivo a vederla bene dal momento che lo sparo che avevo sentito poco prima aveva rotto il lampione sopra la mia testa, ma quell'ombra sembrava avere una silouette molto più leggiadra rispetto al mostro di prima, più femminile quasi: aveva una lunga e folta coda leggermente arricciata sulla punta, un muso non troppo allungato e la pelliccia sciolta.

Si voltò nella mia direzione e si avvicinò a passo svelto, portandosi dietro le spalle una gigantesca e spaventosa arma metallica a forma di mezzaluna, la cui vista mi fece indietreggiare fino alla parete dell'edificio

«Ti prego non uccidermi» sussurrai portando le mani in avanti «Non ho fatto niente di male, lo giuro»

«Si, dicono tutti così. Ma se sei finito quaggiù probabilmente non sei il santo che credi» mi rispose mettendosi una mano sul fianco

«Davvero ci dev'essere uno sbaglio» blaterai tremante «I-io non dovrei essere qui»

«Altra frase scontata, la prossima quale sarà? Chiedermi come si fa ad uscire da questo posto?»

«Tu sai come uscirne?» domandai speranzoso

«Mi prendi per il culo?» sbottò la figura «Sveglia coso, sei all'inferno. Non esiste via d'uscita, non c'è modo di andarsene da questo posto. Prima te ne fai una ragione e prima riesci a sopravvivere»

Detto questo si fece strada nel vicolo buio rompendo e spostando le scatole legnose con lama della sua gigantesca spada, era così maestosa che la oltrepassava in altezza di almeno una trentina di centimetri se non di più.

Seguii silenzioso il sentiero che aveva aperto fino a sbucare in una stradina molto simile a quella da cui eravamo entrati, solo che era deserta e al di là della carreggiata non c'era un altro palazzo ma una specie di recinzione metallica dalla quale riuscivo a scorgere un enorme campo collinoso.

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