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Specchio. Un semplice oggetto di cui Clarissa aveva il terrore. Quando ci passava davanti abbassava lo sguardo per non vedere il suo stesso riflesso. Non sa come nacque questa sua paura, sa solo che da quando è entrata nella sua testa non si leva più. Ormai pensa che sia uno evitare di star male. Dopo tutte le offese ricevute, se si guardava allo specchio poteva confermarle e ricadere in depressione un'altra volta. Riflettersi e vedersi il doppio di quanto si è. Riflettersi e vedersi i difetti più evidenti di quanto lo siano già. Secondo lei non dovrebbe essere qualcosa di terrificante specchiarsi ma un piacere. Ma purtroppo chi abbiamo attorno condiziona la nostra mente. Clarissa difatti vede come unica soluzione quella di smettere di mangiare per ritornare a vedersi con un corpo snello, bello, come quello delle altre. Era da mesi che non mangiava tre pasti al giorno, e i risultati si vedevano, la stanchezza, l'insonnia ma soprattutto si iniziavano a vedere i chilogrammi sulla bilancia scendere. Più perdeva chili e più stava male, e anche se per lei dimagrire era una cosa buona, il suo corpo pian piano cedeva. Come al solito va in camera e si butta addosso un paio di pantaloni larghi, una felpa di tre taglie più grandi e esce di casa. Uscire di casa era il sollievo più grande che aveva. Quella non era più una casa, la casa dovrebbe essere un luogo di conforto, di tranquillità, invece lei lì si sentiva peggio di prima. Respirò l'aria fresca che c'era e andò in una piana piena di papaveri. Prese il suo amato violino e iniziò a suonare. Suonò ore e ore fino allo sfinimento. Poi si sdraiò, diventò un tutt'uno con i suoi papaveri, e iniziò a guardare le nuvole con qualche farfalla che le passava davanti ai suoi splendidi occhi verdi.
Il motivo per cui a Clarissa non siano mai piaciuti i suoi occhi è ancora da scoprire, ma chiunque li guardasse ne rimaneva incantato. Trasmettevano una malinconia che perforava l'anima. Richiuse gli occhi per sentire il rumore degli uccellini. Era proprio un bel posto.
Al contrario di come si può pensare, per lei quello non'era un semplice prato, quella era la sua casa. Quello era il suo punto di calma dove i suoi pensieri scomparivano. Poteva fare quello che voleva, poteva stare struccata, poteva parlare da sola, gridare, persino suonare. Si rialzò e si incamminò per tornare a "casa".
Tornare invece, è come quando stai facendo un sogno bellissimo e viene interrotto dal quel fastidioso rumore della sveglia. Il sogno di prima, la tranquillità di prima, viene interrotta come sempre dalle urla dei genitori. Si chiude in camera e alza il volume delle cuffiette.

PAURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora