4. I miei genitori pagano la mia migliore amica (J)

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In una situazione come questa senza Lizzie sarei persa. E non lo dico perché mi passa i fazzoletti mentre piango, cosa che succede fin troppo spesso da una settimana a questa parte, ma perché in tutto e per tutto si sta prendendo cura di me.

Mi obbliga a buttarmi sotto la doccia, l'altra sera ero talmente stanca che mi ha lavato lei i capelli. Mi prepara la camomilla prima di andare a dormire, si infila sotto le coperte sotto di me nonostante il mio sia un letto ad una piazza. Mi riordina i libri dell'università che lascio sparsi per casa perché nonostante tutto ho una laurea da prendere e devo andare avanti con la mia vita.

«Nessuno ti costringe a farlo» le ho ricordato ieri sera quando mi stava passando la bevanda calda. Mi ha guardato come se fossi una specie di alieno.

«Infatti lo sto facendo perché sono profondamente egoista e voglio stare a posto con la mia coscienza» aveva ribattuto lei senza nessuna espressione visibile sul volto. La mia migliore amica si era poi tradita con una dolcezza che di rado era solita mostrarmi, passandomi un braccio intorno alle spalle e stringendomi forte a sé. Per completare il tutto mi aveva anche lasciato un tenero bacio tra i capelli.

«Juns, stai affrontando un periodo difficile. Lasciare che sia io a prendermi cura di te è la cosa più semplice del mondo» con delicatezza Lizzie aveva poi iniziato a farmi i grattini sulla testa, ed ero ormai pronta a chiudere gli occhi quando la ragazza si era sentita in dovere di fare una precisazione essenziale.

«E poi i tuoi mi stanno pagando, chi sono io per rifiutare delle sterline extra. Londra è cara»

In realtà Lizzie non è la sola che è venuta in mio soccorso in questi giorni. Tutta la nostra sfera di amici si è da subito attivata per darmi supporto emotivo di qualsiasi natura.

Thomas mi porta ogni mattina il mio muffin ai mirtilli preferito, usa la scusa di essere il fidanzato di Lizzie e quindi di essere in obbligo morale a passare da casa della sua fidanzata ogni mattina per darle il buongiorno di persona. Inutile dire che non lo ha mai fatto prima.

Anya, una mia compagna di ex-corso che prima usciva spesso con me e Lizzie, mi manda ogni mattina una foto dell'alba che vede dal suo appartamento. Un po' la invidio, Cambridge ha un paesaggio più carino rispetto al condominio grigio che vedo dalla mia finestra.

Ma la realtà è che sento costantemente questo senso di oppressione nel petto. Sblocco il cellulare un numero imbarazzante di volte nella speranza che Michael mi scriva qualcosa. Da quando è tornato a casa, dal nostro pranzo improvvisato che si è trasformato poi in un pomeriggio insieme non ho più avuto sue notizie. Prima mi inviava una quantità di meme quasi preoccupante, come se nella vita non facesse altro che trovare cose che mi facessero ridere. Se non erano meme erano video carini di animaletti che facevano cose buffe.

Ora non mi invia più nulla.

Non ho nemmeno idea se abbia ripreso ad andare a lezione per ricadere nella sua routine quotidiana o se abbia deciso di restare ancora un po' a casa. E sinceramente fa un male cane non avere idea di che cosa passi nella testa di qualcuno che fino a qualche settimana fa conoscevo così bene.

Ma non posso fare altro che procedere un passo alla volta. Adattarmi a questa nuova situazione in cui non sono io ad avere le redini ma è tutto in mano a lui. Devo rispettare i suoi tempi e sperare che prima o poi qualcosa scatti in lui.

Ma se non scattasse nulla? Se quei due anni saranno persi per sempre? Se noi fossimo destinati a scomparire per sempre?

Forse la vera egoista tra le due non è Lizzie ma sono io. Sento il bisogno che lui si ricordi, non perché io non sia in grado di affrontare una rottura ma perché il modo in cui sono stata tagliata via dalla sua vita è devastante.

The Way I Loved YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora