6. Giochiamo a estetista e cliente (J)

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La caffetteria in cui lavora Lizzie è semideserta. Nelle ultime tre ore non sono entrate molte persone e questo ha permesso alla mia migliore amica di stare seduta al mio stesso tavolo a fare quello che le riesce meglio, darmi il tormento.

«Se Michael non dovesse più ricordarsi di te, che cosa pensi di fare?»

Afflitta dall'ennesima domanda mi lascio sprofondare contro lo schienale della sedia. Forse preferivo quando Lizzie raccontava di quei podcast di true crime che usa per addormentarsi. In realtà, il fatto che lei abbia avuto il coraggio di tirare fuori e concretizzare qualcosa che esisteva solo nella mia testa in un certo senso mi tranquillizza. Non sono l'unica matta che prima di andare a dormire scandaglia tutti i possibili risvolti di questa situazione.

«Non ci ho pensato davvero. Credo che dovrò andare avanti» non faccio altro che ripetermi che si ricorderà di me, che d'improvviso qualcosa scatterà nella sua testa e mi racconterà del nostro primo appuntamento e della scena cliquè in cui, stretti sotto lo stesso ombrello gli ho chiesto di ballare sotto la pioggia londinese. Le ore interminabili passate su internet però mi hanno messo davanti alla cruda realtà dei fatti. Michael potrebbe non recuperare più quei due anni; tutti i ricordi anche con le altre persone della sua vita potrebbero sparire per sempre, e mi sento egoista quando chiedo a chiunque si trovi al di sopra di noi di farmi riavere il mio ragazzo indietro. Potrei riguardare "50 Volte Il Primo Bacio" e prendere spunti ma, ragionandoci sopra, è davvero una cosa ridicola. La vita non è un film o un romanzo rosa.

«Forse sarebbe più facile farlo innamorare di nuovo di te. Se è successo una volta, non vedo come non debba succedere ancora»

Il campanello del locale richiama l'attenzione di Lizzie, una donna sulla quarantina si avvicina al bancone e saluta la mia migliore amica chiedendole un cappuccino con latte di soia da portare via. Nel frattempo uno dei ragazzi che era seduto nel tavolo dietro al nostro inizia a raccogliere fogli e libri sparsi sul tavolo, e finalmente il fastidioso rumore di tasti schiacciati con forza termina. Il principio di mal di testa che mi sta montando dalle tempie ringrazia.

La cliente che Lizzie sta servendo le chiede di incartarle anche due cinnamon rolls. Con aria sconsolata ritorno a guardare gli appunti delle lezioni che avevo intenzione di sistemare questo pomeriggio. Mi sembra inutile sottolineare come non abbia fatto nulla oltre che parlare con Lizzie. Sono ancora in tempo per andare in biblioteca e portare a conclusione il programma di studio della giornata di oggi.

La donna sulla quarantina esce dal locale nello stesso momento in cui inizio a raccogliere i miei appunti; una folata di vento entra all'interno della caffetteria e questi si spargono sul pavimento. Il ragazzo che era seduto dietro al mio tavolo e Lizzie si accingono immediatamente ad aiutarmi. Lui ha una montatura tonda e tartarugata, dei ricci definiti e color caramello gli si appoggiano sulla fronte e sfiorano la montatura degli occhiali. Il naso mi ricorda quello di una statua greca, dritto e deciso. Il fisico è nascosto da un maglione bianco a collo alto ed un paio di jeans slavati.

Prima che io possa ringraziare il ragazzo per il suo aiuto Lizzie mi precede, strappando dalle sue mani i miei appunti.

«Grazie Arthur ora puoi andare. Non abbiamo più bisogno di te» il tono sbrigativo con cui Lizzie cerca di sbarazzarsi di questo ragazzo mi fa inarcare un sopracciglio, domandando implicitamente alla mia migliore amica di darmi ulteriori spiegazioni, ma non ottengo nessuna risposta perchè due cose succedono in contemporanea.

Arthur scoppia a ridere e ci fa l'occhiolino

Il mio cellulare vibra e il nome sullo schermo mi fa sciogliere in un brodo di giuggiole.

Il sorriso ebete che mi si stampa in faccia deve dare a Lizzie una chiara spiegazione di quello che mi è appena successo.

«Tu sei un caso di sottonaggine da manuale. Anzi, no, da ricovero»

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 30 ⏰

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