Capitolo III ~L' anticamera~

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È come se il terreno fosse intriso di un catrame viscoso, una sorta di colla malevola. Qui, nell' anticamera dell' Inferno, non c'è il fuoco che ci si aspetterebbe, ma un'umidità opprimente che turba la respirazione e che fa appiccicare i vestiti addosso. Le grida e i lamenti percepiti poco prima, risultano inspiegabilmente svaniti.

I due si trovano immersi in una stanza circolare dove i particolari sono visibili grazie all' aura di Jari che ora emana una tenue luce argentea. Le mura rustiche sono composte da pietra grezza, segnate da tracce di unghie e denti. Strane lettere realizzate con quello che sembra sangue oramai essiccato, contorte e irregolari nonché capovolte e disposte a casaccio, decorano le pareti, formando un intricato motivo a spirale che si estende per tutto l'ambiente, sfidando la percezione di dove inizi e finisca.

Elide intanto, si domanda se quei simboli abbiano un significato, in un dialogo intimo con se stessa.

Poi, la sua attenzione è rapita da una figura malaticcia che emerge sinistra dall'ombra, avanzando con estrema lentezza verso il centro. Orrenda presenza, si mostra come una giovane donna dalle fattezze devastate, con le orbite vuote ma comunque capaci di scrutare con acume. Lunghissimi capelli rossicci e lisci, sporchi di una patina oleosa che cola dalle ciocche. Non emette nessun vocalizzo in quanto le sue labbra bluastre sono cucite da un fil di ferro seghettato.

Si muove verso di loro con passo misurato mentre gli ampi strappi della sua veste cenciosa, rivelano un corpo esile con chiazze di peluria sempre rossiccia, martoriato dalla sofferenza, con la pelle lacerata, grossi ematomi e graffi disseminati ovunque, segni evidenti del suo legame indissolubile con quel regno di dolore e tormento.

Con grande sorpresa dell'angelo e della giovane, essa rompe il silenzio rivolgendosi loro con voce aspra:

<< Voi che siete vivi, è mal gradita la vostra presenza quaggiù! Vi ordino di tornare indietro altrimenti, sarò costretta ad uccidervi. >>

Elide ribatte: << Non fare un altro passo, strega! Credi davvero che la tua minaccia possa impedirci di procedere? Togliti di mezzo o ti farò diventare cibo per i vermi! >>

Con cautela Jari afferra il suo braccio nel tentativo di calmarla poi, le sussurra: << Eli, lascia che sia io a occuparmene... >> portando per un attimo la pace nel tumulto circostante.

Avanza di alcuni passi e rivolgendosi a colei che li ostacola, pronuncia: << Tu sei Lilith, la prima compagna di Adamo, mai sottomessa a lui. Madre di tutti i demoni, ora guardiana di questo varco. Perché le tue labbra sono cucite? >>

Ma Lilith resta muta, così Jari prosegue: << Donna, che rinunciasti all' Eden sacrificando te stessa, guardati come sei ridotta: nell' eterno esilio senza ricoprire nemmeno un ruolo di prestigio. Nutro una forte e sincera pietà nei tuoi riguardi. >>

La perfida, adirata, controbatte: << Dio mi ha punita perché ho tratto piacere dal bere il seme maschile e il sangue umano. Non ho avuto né ho ora pentimento per quei peccati che deturparono il Paradiso... quel regno da cui tu provieni, Angelo escluso.

Tuo fratello Lucifero sa che state arrivando e vi attende impaziente, semmai riusciste a varcare la soglia. Ma sappiate che, da vivi, non potrete procedere oltre! >>

La melma, color della pece, che ricopre il suolo si anima e in pochi istanti si trasforma in numerose piccole serpi viscide che avvolgono prontamente il corpo di Lilith. Quest'ultima finisce per assorbirle, trasformandosi in una maestosa vipera dalle zanne lunghe e affilate, le cui squame riflettono unicamente il nero della sua interiorità avvelenata dall'odio. Con ferocia, si scaglia contro i due malcapitati, i quali, con le spalle al muro, sembrano già spacciati.

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