2 - VIAGGIO

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Al risveglio, Kereptha sente il corpo indolenzito, la catena ancora le vincola il collare da schiava alla murata della stiva della grande triremi di Selenesh. Cerca di stirare gambe, braccia e schiena e trovare una posizione che le offra qualche conforto. Il legno cigola e schiocca, il rollio e il beccheggio si sono fatti più intensi, la fanciulla sospetta che il vascello abbia lasciato le acque tranquille del Leeth per affrontare il mare aperto. Non ha idea di quanto tempo sia trascorso da quando è stata legata, la stiva in cui sono stati rinchiusi dagli schiavisti non ha alcun boccaporto da cui possa trapelare la luce del giorno, alcune lanterne di terracotta e ferro dondolano dalle travi del soffitto, l'olio brucia spandendo la sua luce tremola, è impossibile distinguere il giorno dalla notte nè tenere a mente il trascorrere del tempo.

L'odore nella stiva è repellente, ai prigionieri non è concesso allontanarsi, sono costretti a urinare nel punto in cui si trovano. Al lezzo di deiezioni, si somma quello del vomito, molti prigionieri non riescono a tollerare i movimenti della nave e rimettono. Tutti tranne Kereptha, il suo cantuccio viene spesso pulito dagli schiavi che portano agli altri sfortunati passeggeri i pasti, una zuppa incolore dal pessimo sapore, ma in grado di scaldare le interiora e rinfrancare leggermente gli spiriti.

Le mosche ronzano, tormentando i prigionieri, qualcuno tossisce forte, molti pregano o implorano. Il tormento per gli schiavi non è portato solo dai fastidiosi insetti, gli schiavisti visitano la stiva con regolarità. Gli uomini sono bastonati o frustati. Le donne subiscono un fato peggiore, venendo violate dai loro carcerieri. Tutte tranne Kereptha.

Poco dopo la partenza, quando gli schiavisti scesero nella stiva ad accendere le lanterne per la prima volta, un uomo della ciurma, un marinaio alto e muscoloso, con i capelli scuri lunghi fino alle spalle e pochi denti in bocca, le si avvicinò con gli occhi colmi di lussuria. Kereptha si ritrasse e cercò di resistere alle mani del bruto. Finché altri due uomini in armatura non lo trascinarono lontano dalla ragazza, fino al centro del grande vano, e lo percossero con brutalità, rivolgendosi in Urythar stentato agli altri schiavi «chi...tocca...quella...muore».

Allunga una gamba per cercare Makar, incatenato a meno di un passo da lei nella cala affollata. è riverso su sé stesso, Kereptha teme che le conseguenze dell'orrenda mutilazione inflittagli lo abbiano ucciso.

«Makar, svegliati».

«Principessa» uno sciame di mosche si alza in volo mentre lo scriba si gira lentamente, il suo incarnato è pallido e malaticcio.

«Come ti senti?», alla luce delle lanterne, gli occhi preoccupati di Kereptha assumono un'ombra funesta.

«Vivo» finge un sorriso, subito smascherato come falso dallo sguardo in ansia della ragazza.

«Non temere, Principessa. Sopravviverò, per quanto questo possa giovarmi».

Stringe con forza i pugni mentre osserva l'ultima persona della sua vecchia vita mettersi seduto con difficoltà. A differenza di Kereptha, a cui è garantito dello spazio libero, gli altri schiavi incatenati sono accalcati l'uno sull'altro. Sollevandosi, Makar sveglia una giovinetta che gli dormiva con la testa sulle gambe.

Sopravviveremo e la faremo pagare a tutti quelli che ci hanno fatto questo. Non avrò pietà, il deserto fiorirà con tutto il sangue che verserò per irrigarlo.

Pensieri duri, ogni battito di ciglia trascorso da quando assistette al tradimento contro al padre nella sala del trono non ha fatto altro che indurire l'animo e la volontà di Kereptha. Tutti i suoi compagni di prigionia sono spezzati, gli occhi spaventati visti durante la marcia dal palazzo alla nave ora sono persi nel vuoto; persino Makar sembra aver ceduto alle continue percosse e alla prigionia, alla brutalità con cui gli schiavisti hanno violato la sua intimità, ormai rassegnato al suo destino come schiavo di piacere in un bordello nella Città Libera di Selenesh, ma non lei. Non ha ancora la libertà, non ha idea di come conquistarla, ma sa che riuscirà a farlo. E con la libertà, presto o tardi arriverà anche una vendetta, talmente brutale da incendiare il mondo stesso. Chiude le palpebre e immagina le sue mani riempire di monete d'oro i forzieri di un esercito mercenario mentre un affascinante guerriero le getta ai piedi le teste dei suoi nemici.

La Leonessa - Un racconto de I Signori dell'AbissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora