𝐷𝑖𝑐𝑖𝑎𝑛𝑛𝑜𝑣𝑒

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Naiomi
🫧

Mi ritrovai stretta tra le sue braccia forti e calde, o meglio, non mi ci ritrovai per puro caso. Ero stata io stessa a buttarmici per trovare un po' di sollievo in quel vortice di terrore.

La paura di quella notte si era radicata così profondamente nella mia anima che ero arrivata ad un punto di non ritorno, dove bastava una minima cosa per riportarmi a quelle ore nefaste, che mi costringevano a rivivere il mio incubo peggiore come un loop infernale senza fine.

Tra i singhiozzi lo avevo supplicato di non lasciarmi e lui, con la sua solita voce pacata e calda, mi aveva rassicurata.

Tutto questo era sbagliato. Ogni cosa. Ogni singola, fottutissima, cosa.

«Vuoi farti una doccia?» Si staccò per guardarmi negli occhi e sentii lo stomaco aggrovigliarsi dolorosamente.

Avevo il corpo umido, pervaso da tremori incontrollabili e quando abbassai lo sguardo, constatai che ogni singolo indumento da me indossato quel giorno, era ancora al proprio posto.

Deglutii, portandomi la mano dietro la schiena all'altezza dei buchi di venere e quando mi resi conto che niente era scoperto, respirai.

«Scusami se non ti ho messo qualcosa di asciutto, ma ho pensato che svegliarti con abiti diversi ti avrebbe messo a  disagio.»

Allungò la mano verso il mio viso e senza toccarlo, mi sfiorò la guancia con il dorso.

Il lieve scrosciare della pioggia picchiettò delicatamente sulle vetrate mentre il pallido chiarore della luna iniziava a risvegliarsi scrollandosi di dosso le nuvole che, insistentemente, volevano coprirla.

Mi schiarii la voce. «Ti ringrazio. Lo apprezzo.»Sospirai appena, sentendolo vibrare nella gola.

Se avesse visto le cicatrici come si sarebbe comportato?

Come tutti quelli che mi chiamavano mostro o come quelli che mi guardavano con pietà?

«Non ho nulla da indossare di asciutto.» Risposi rabbrividendo a causa dell'umidità che si era infiltrata fin dentro le ossa. «Devo tornare nella mia stanza.»

Bjorn scosse la testa e poggiò le labbra carnose sulla mia fronte, tenendole premute per alcuni istanti.

Quel tocco bruciò così prepotentemente da farmi quasi provare sollievo.

Sentivo il corpo andare a fuoco e avevo la vista appannata.

«Hai la febbre.» Rispose poggiandomi la mano dietro la nuca. «Puoi usare il mio bagno.»

Lo guardai da sotto le ciglia, ritrovandomi la mascella marcata davanti agli occhi.

Sentii il suo sguardo premere su di me.

Deglutii, sentendo la sensazione di soffocamento opprimermi i polmoni e la trachea.

«E' privato.» Mi rassicurò passando la punta delle dita tra i capelli.

Li districò delicatamente continuando a fissarmi.

L'occhio dal colore marrone e azzurro mi guardava con dolcezza e preoccupazione.

Il languore che vi percepii nelle iridi mi costrinse ed abbassare la testa.

Non riuscivo a sorreggere il suo sguardo, non ero in grado di rispondergli a causa delle forze che mi avevano abbandonata dal momento in cui la febbre mi aveva assalita.

𝐍𝐎𝐈 𝐁𝐑𝐔𝐂𝐄𝐑𝐄𝐌𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora